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Le proteste
Una rissa sanguinosa , petardi, striscioni e cartelloni, un arsenale di fumogeni e torce da stadio che con i gas lacrimogeni rendono l’aria densa e fitta di fumo, irrespirabile: non sto descrivendo la curva di una squadra di calcio una domenica qualsiasi, bensì i durissimi scontri all’interno del parlamento serbo, a Belgrado. Così l’opposizione ha deciso di non lasciare da soli gli studenti che protestano nelle piazze: la Serbia infatti è ormai in tumulto da tempo, il governo in carica è un governo dimissionario con il premier Vucevic che si è dimesso dopo le manifestazioni studentesche, le stesse che sono scoppiate con il disastro di Novi Sad, la goccia che ha fatto traboccare il vaso quando il primo novembre il tetto della stazione centrale crolla e lascia un bilancio di 15 morti. La stazione di Novi Sad era appena stata finita di ristrutturare da un consorzio di aziende cinesi, incaricato nello sviluppo di una linea ad alta velocità che avrebbe dovuto collegare la tratta Budapest-Belgrado, e che rientrerebbe in un più ampio progetto commerciale, ovvero la Nuova Via della Seta, incidente causato secondo gli studenti: ”dall’incuria e dai mancati controlli legati alla persistente corruzione nelle alte sfere del governo” , e sebbene gli studenti hanno dichiarato che la loro protesta non è appoggiata da alcuno dei partiti, bensì l’unica loro richiesta è l’ascolto, nella giornata di ieri 4 marzo l’opposizione ha esposto striscioni per denunciare la corruzione del presente governo, e tra i cartelloni se ne intravedevano alcuni raffiguranti mani congiunte e insanguinate, in ricordo di Novi Sad, oramai simbolo di protesta. Gli striscioni esposti dall’opposizione recitavano “La Serbia si solleva per rovesciare il regime”, e ancora, “Le vostre mani sono sporche di sangue”. Lo scontro in aula ha portato a un bilancio di tre feriti, tre deputate delle quali una all’ottavo mese di gravidanza sono rimaste gravemente ferite a causa dell’inalazione del fumo o del lancio di oggetti, le ambulanze e i soccorritori hanno tempestivamente raggiunto l’aula per scortarle in ospedale ma una di loro ha riportato un trauma cerebrale; alle deputate hanno fatto visita, in segno di solidarietà il presidente Vucic e il primo ministro dimesso Vucevic. Dopo la massiccia manifestazione di sabato scorso a Niš, con decine di migliaia di partecipanti, un nuovo grande raduno è in programma a Belgrado il 15 marzo. Il governo dimissionario e i suoi dirigenti hanno dichiarato di essere rimasti indignati dal comportamento violento e coercitivo dell’opposizione, sostenendo che lo scenario che hanno messo in atto nella prima sessione primaverile parlamentare scredita il Paese intero, il malcontento popolare ha portato una folla a riunirsi fuori il Parlamento e lanciare le uova ad alcuni politicanti che fuggivano dall’aula in preda al panico.
L’origine del dissidio L’origine di questa diatriba era la riunione parlamentare in sè: l’opposizione infatti sosteneva che con il governo da considerarsi caduto, e con le prossime elezioni in vista per il 19 o 20 marzo dice Vucevic, non si erano verificati i presupposti per discutere l’ordine del giorno, che è stato invece approvato grazie alla maggioranza dei deputati del partito “in carica”. L’opposizione, che quindi sosteneva non si potessero promuovere leggi o firmare nuovi provvedimenti, voleva discutere solamente dell’approvazione della nuova legge che aumentava del 20% il bilancio destinato alle università, assecondando così le opposizioni studentesche, ma poiché l’ordine del giorno conteneva ben 62 punti è finita sotto accusa proprio la presidente dell’Assemblea, Ana Brnabic la quale ha esordito così nella fitta nube di fumo dell’aula in preda al caos: ”La vostra rivoluzione colorata è fallita e questo Paese andrà avanti. Ci potete contrastare in ogni modo, ci potete uccidere, ma non potete fermare la Serbia nel suo percorso di sviluppo e successo. Nessuno potrà fermare questa Serbia!”
Per il momento, però, la coscienza giovanile che ha originato le proteste sembra vincere la corruzione di una classe dirigenziale che è colpevole di aver fatto stagnare il paese nell’inefficienza politica per molto tempo.
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