L’allarme di Mattarella per il moltiplicarsi delle minacce nucleari

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L’omaggio di Mattarella al Memoriale della pace di Hiroshima – Ansa

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Nel cercare la difficile sintesi italiana su riarmo europeo, impegno per Kiev e rapporti con gli Usa di Donald Trump, la premier Giorgia Meloni ha trovato, nelle ultime settimane, un aiuto solido nei numerosi interventi del capo dello Stato Sergio Mattarella. Sia quelli più “pesanti”, come il discorso di Marsiglia, servito al capo del governo per tenere fermi dentro la maggioranza paletti insuperabili come la distinzione tra aggressore e aggredito e i rischi della cedevolezza agli aggressori. Sia quelli più rotondi, come gli ultimi in Giappone, in cui il Colle, ribadendo i principi insuperabili, ha dato comunque una sponda alla prudenza italiana nell’imboccare una narrazione prettamente bellicistica. Insomma, come accade regolarmente nei momenti più caldi e complessi, il filo rosso tra Palazzo Chigi e Quirinale sta funzionando. Ancora ieri, da un luogo-simbolo come Hiroshima, Mattarella ha dato un altro contributo: «Le minacce nucleari si vanno moltiplicando», ha detto il capo dello Stato per denunciare la leggerezza con la quale viene prospettata la possibilità di usare ordigni atomici “limitati”. Il riferimento di Mattarella è alla Federazione russa, che in questi tre anni di guerra ha più volte ventilato la possibilità di usare l’atomica ai confini dell’Unione europea. Il Colle non arretra, nonostante gli attacchi minacciosi di Mosca nei suoi confronti: «La Russia – spiega Mattarella – si è fatta promotrice di una rinnovata e pericolosa narrativa nucleare, a cui si aggiungono il blocco dei lavori del Trattato di non proliferazione, il ritiro dalla ratifica del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari e le minacce rivolte all’Ucraina, instillando l’inaccettabile idea che ordigni nucleari possano divenire strumento ordinario nella gestione dei conflitti», dice il presidente della Repubblica dal “Memoriale della pace” di Hiroshima. La “lista” delle violazioni di Mosca serve a ricordare su chi ricadono le responsabilità del conflitto. E richiamano quanto accaduto giovedì sera a Bruxelles: quando la premier è stata interpellata sulle parole di Putin («ci riprenderemo tutto quello che è nostro»), ha replicato con un paragone: «Questa frase l’ho sentita in una serie tivvù». Il riferimento è a Gomorra, fiction sulla camorra. Mattarella e Meloni, insomma, lavorano per evitare equivoci neutralismi. Perché dubbi non ve ne sono: l’unico ad agitare l’atomica negli ultimi tre anni è stato Putin. E da Hiroshima le parole del capo dello Stato hanno più forza: «Fa impressione essere qui», dice il presidente prima di incontrare gli “Hibakusha”, i sopravvissuti alla bomba, che hanno reso l’atmosfera ancor più spettrale con i loro ricordi. «La vostra testimonianza è un dono inestimabile perché è tramite vostro che possiamo comprendere ciò che non può essere narrato», dice Mattarella commosso, chiedendo «urgentemente un’azione condivisa che coinvolga tutte le potenze nucleari». L’intervento diHiroshima completa la linea quirinalizia sul conflitto ucraino, ribadita e precisata da Mattarella a fronte della doppia offensiva di Mosca e Washington che delineano un’ipotesi di pace che spiazza l’Europa e rischia di umiliare l’Ucraina. No a «pulsioni di dominio che ruotano intorno a concetti di potenza e a logiche di spartizione in cui i popoli altrui diventano oggetti», dice Mattarella.

In sostanziale sintonia con il governo, il Colle sostiene l’azione europea, senza entrare nei dettagli affidati naturalmente alla dialettica fra la Commissione e i singoli governi. Ma certo l’immobilismo sarebbe un errore storico. E dunque dentro questa cornice il primo sì di Roma al piano Von der Leyen risponde all’interesse nazionale ed europeo. Dentro questo asse governo-Colle (che comprende anche Farnesina e Difesa) Meloni può muoversi più agevolmente. Anche avanzando specifici appunti al piano europeo di riarmo, e chiedendo strumenti finanziari che proteggano i Paesi ad alto debito. Puntualizzazioni che possono servire a “recuperare” la Lega e ad accorciare le distanze quantomeno dal Pd. E anche quando venerdì Mattarella ha frenato sulle truppe a Kiev, ha aiutato la premier, che in questa settimana risponderà alla doppia convocazione di Parigi (martedì a livello di capi militari, mercoledì a livello di ministri degli Esteri) ma comunque tenendosi le mani libere e continuando a predicare un’iniziativa sotto l’egida dell’Onu e della Nato, dunque con gli Usa ben coinvolti. Il cordone di sicurezza sulla politica estera sembra poter funzionare. Ieri agli attesi gazebo della Lega Salvini ha marcato meno le differenze rispetto a Meloni su difesa e Kiev, chiedendo “solo” di non dare un ruolo troppo rilevante a Macron. Anche Tajani, assicurando che lui e Meloni non sono «guerrafondai», e portando il tema del riarmo su corde più vicine a quelle del leader della Lega – conversione industriale, sicurezza interna… – ieri ha dato un suo contributo alla distensione interna. La cornice disegnata dal Colle e dalla premier sembra poter reggere.

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