Negli ultimi anni, tra crack bancari e mancata trasparenza, le commissioni parlamentari d’inchiesta sono diventate il tribunale di Milano ai tempi della Tangentopoli italiana. Il presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa sta già pensando alle date possibili
Pare che il governo di Luís Montenegro abbia già una data di scadenza: martedì prossimo, con tutta probabilità. Si spezza sul conflitto d’interessi del suo primo ministro il fragile equilibrio di un governo minoritario (80 deputati su 230), che finora si era retto su una prassi comune nella politica portoghese: l’astensione. Né alleanza esplicita, come quella che unisce attualmente socialdemocratici (di centrodestra) e popolari, né appoggio esterno, come quello che le sinistre radicali garantirono al primo governo di António Costa (socialista), bensì un’astensione che non boccia il programma di governo ma lo cuoce a fuoco lento. Così hanno fatto i socialisti dopo le legislative del 10 marzo 2024, quando il segretario Pedro Nuno Santos ha sostanzialmente detto: prego, tocca a voi. In qualche caso il governo è andato sotto, come quando le opposizioni hanno approvato le proposte socialiste di riduzione dell’Iva sull’elettricità. In altri casi, i socialisti hanno spinto per far ritoccare la Finanziaria, ad esempio ridimensionando gli sgravi fiscali che i conservatori volevano riservare a giovani e imprese.
Poi è arrivata la legge che facilita la conversione di terreni agricoli in terreni edificabili. Approvata con l’astensione dei socialisti, che hanno usato questa forza negoziale per emendarla, serviva a dare più spazio alle politiche abitative dei sindaci, ma ha sollevato critiche sui rischi di speculazione. Si è scoperto che il sottosegretario responsabile della prima bozza, Hernâni Dias, proprio mentre scriveva la legge fondava due aziende immobiliari a gestione familiare. Si è dimesso, ma intanto saltava fuori che anche la società di consulenza della famiglia del premier Montenegro, la Spinumviva, aveva introdotto l’attività immobiliare nel suo oggetto sociale pochi giorni dopo l’insediamento del governo. Montenegro ha cercato di correggere il tiro man mano che finiva sotto il fuoco incrociato di opposizioni e media. Ha eliminato l’attività immobiliare dall’oggetto sociale, ma nel frattempo si scoprivano i clienti della Spinumviva, fra cui la Solverde, che fino a ieri versava 4.500 euro mensili nelle casse della famiglia Montenegro. Questa società gestisce diversi casinò il cui rinnovo delle concessioni dipende dal governo, e lo stesso Montenegro, da avvocato temporaneamente ritiratosi dalla politica, ne era stato il rappresentante legale durante le trattative con il governo Costa per la proroga delle concessioni.
Il primo ministro è amico di Manuel Violas, padrone della Solverde, e nello stillicidio di notizie non ha contribuito certo a dare un ritratto di Montenegro statista la rivelazione che il 23 febbraio scorso, mentre gran parte dei leader Ue andava a Kyiv per ricordare il terzo anniversario dell’invasione dell’Ucraina, il portoghese preferiva andare a giocare a golf con l’imprenditore dei casinò. Aveva giustificato la sua assenza con “motivi di agenda”, forse l’urgenza di discutere con il cliente una strategia per cavarsi d’impaccio. Non ha funzionato. Montenegro non ha rinunciato all’azienda di famiglia, di cui aveva ceduto la sua quota dopo il rientro in politica, ma lasciando tutto a moglie e figli, poi solo ai figli: uno studente e un neolaureato, troppo giovani per dissipare il sospetto che siano solo dei prestanome. Pareva invece funzionare, ancora una volta, la tattica delle astensioni sul crinale tra mozioni di sfiducia e di fiducia. La prima mozione di sfiducia l’ha presentata il 21 febbraio Chega, il partito estremista dei Patrioti per l’Europa, perciò è scattato il cordone sanitario e tutti hanno votato contro. Il 5 marzo si è discussa un’altra mozione di sfiducia presentata dai comunisti, che ha avuto il freno dell’astensione dei socialisti. Questi ultimi, però, non potevano restare a guardare e hanno proposto una commissione parlamentare d’inchiesta sugli affari dei Montenegro.
Negli ultimi anni, in Portogallo, tra crack bancari, scandali e scandaletti, le commissioni parlamentari d’inchiesta sono diventate il tribunale di Milano ai tempi della Tangentopoli italiana. Le sedute vanno in diretta televisiva e poi commentate in replay come il Benfica-Barcellona dell’altra sera in Champions. C’è chi risponde spavaldo e fa rabbia, chi sbava come Forlani e fa pena… Forse Montenegro ha molto altro da nascondere, forse sta solo cercando di evitare questa gogna alla famiglia. Sta di fatto che il 5 marzo ha annunciato che chiederà un voto di fiducia. Le opposizioni non hanno più scuse e hanno già detto che voteranno contro. Il Presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, ha già comunicato un paio di date possibili per le elezioni: tra l’11 e il 18 maggio.
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