Gli alawiti uccisi in Siria mettono in dubbio la moderazione di Sharaa

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Il massacro fra Tartus e Latakia riapre l’ombra degli scontri settari e i lealisti di Assad sono pronti ad approfittarne. Il ministro della Difesa israeliano Katz: “Julani si è tolto la maschera”


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Per la prima volta dalla caduta del regime in Siria, gli scontri con i lealisti di Bashar el Assad mettono in dubbio la capacità del governo di tenere sotto controllo la zona costiera del paese, quella delle roccaforti del dittatore deposto lo scorso dicembre. Fra Latakia e Tartus, gli scontri degli ultimi due giorni hanno portato a decine di morti. Si parla di una esecuzione di massa a Latakia da parte delle forze governative e di oltre un centinaio di vittime, molte delle quali alawiti, la minoranza religiosa a cui appartiene Assad. Alcuni video sui social network mostrano esecuzioni sommarie dei residenti per le strade di Shalfatiyeh, una decina di chilometri a est di Latakia. Scene simili si sono replicate altrove nei villaggi verso la costa. 

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A innescare gli scontri è stata l’operazione lanciata due giorni fa dalle forze governative contro gli assadisti, nel corso della quale erano stati uccisi venti ribelli ed era stato catturato Ibrahim Huwayja, ex comandante dell’intelligence dell’aeronautica e uno dei volti più spietati della repressione del regime. La reazione dei lealisti ha costretto il governo di Damasco a inviare migliaia di uomini in rinforzo e venerdì le forze armate avevano ripreso il controllo di alcune zone chiave. Tra queste c’è Qardaha, città natale di Assad, e l’accademia navale di Jableh, dove si erano asserragliate decine di lealisti. 

Ma per il presidente, Ahmad al Sharaa, gli strascichi di questi combattimenti potrebbero avere conseguenze notevoli, indebolendo l’immagine di leader moderato che si era cucito addosso da quando è entrato a Damasco mettendo in fuga Assad. Nonostante i suoi appelli alla riconciliazione rivolti in questi mesi, anche nei confronti degli alawiti, la paura continua a scandire l’evoluzione politica e della sicurezza in Siria. Ad aggravare la situazione, in queste ore, è la  sovrabbondanza di filmati – la cui autenticità non può essere verificata – in cui si mostrano esecuzioni sommarie e umiliazioni a cui sono stati sottoposti i residenti alawiti, considerati dai combattenti del governo alla stregua di servi del regime. 

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La confusione su cosa stia accadendo non fa che alimentare la strategia dei lealisti: provocare le forze armate di Damasco innescando reazioni sproporzionate e brutali, in modo da fare emergere il lato oscuro di Sharaa. Mentre è impegnato a mostrare al mondo un’immagine moderata del governo, gli scontri contro i lealisti rischiano di vanificare gli sforzi del presidente. Il ministro della Difesa israeliana, Israel Katz, ha condiviso su X uno dei video con le scene di violenza contro gli alawiti. “Julani (il vecchio nome di battaglia di Sharaa, ndr) ha gettato la maschera rivelando il suo vero volto: un jihadista terrorista della scuola di al Qaida che commette atrocità contro la popolazione alawita. Ci assicureremo che il sud della Siria resti demilitarizzato”, ha scritto Katz, rivendicando gli sconfinamenti dell’Idf a sud “in difesa dei drusi”. Oltre a mettere in discussione la metamorfosi politica di Sharaa, da jihadista a  moderato, gli scontri di queste ore potrebbero legittimare la decisione di chi in occidente non intende credere ai buoni propositi del governo islamista. Fra questi ci sono gli Stati Uniti, che con la nuova Amministrazione di Donald Trump ribadiscono di non volere rimuovere le sanzioni economiche a cui è sottoposto il paese. 

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Poi c’è il piano interno. Colpire gli alawiti rischia di allontanare anche ogni speranza di dialogo tra il governo e le altre minoranze del paese, che Sharaa ripete di volere integrare. I drusi a sud e i curdi a nord non vogliono deporre le armi perché non si fidano del governo di Damasco. Finito l’entusiasmo per la caduta di Assad, la paura resta la conseguenza più disastrosa del regime: i sunniti che per decenni hanno subìto la repressione e i massacri della minoranza alawita ora si ritrovano a governare e a comandare miliziani indisciplinati, piuttosto che soldati addestrati. Difficile per Sharaa tenere sotto controllo la rabbia e il desiderio di rivalsa accumulato per generazioni. 

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