(a cura di Fatima Burhan Mohamed, Advocacy Officer di Still I Rise)
L’istruzione è un orizzonte, una porta aperta su un domani più giusto. Ma per milioni di bambini e bambine nel mondo, quella porta resta chiusa, sbarrata dalla povertà, dalla guerra, dalla disuguaglianza di genere. E mentre in alcune parti del mondo la scuola è data per scontata, altrove è un sogno irraggiungibile.
I dati emersi dal nuovo report “Raccontare il presente, cambiare il futuro” non sono semplici numeri: sono le voci, i volti, le storie degli studenti di Still I Rise. Sono la realtà che vediamo ogni giorno nelle nostre scuole in Yemen, Siria, Repubblica Democratica del Congo, Kenya e Colombia. È da loro che impariamo quanto l’istruzione sia molto più di una lavagna e un banco: è dignità, libertà, possibilità di scegliere il proprio futuro.
Milioni di bambini nel mondo crescono senza mai entrare in un’aula. Per le bambine, il percorso è ancora più difficile: molte vengono escluse dall’istruzione fin dall’infanzia e sono destinate a una vita di dipendenza economica e privazione. Non perché non vogliano imparare, ma perché il sistema le ha già messe da parte.
Ma anche nei Paesi più sviluppati il diritto all’istruzione è una promessa non mantenuta. La qualità dell’insegnamento varia enormemente, e la scuola, invece di essere un ascensore sociale, finisce per amplificare le disuguaglianze.
Le storie di chi resiste
In Yemen, il 66% delle famiglie con cui lavoriamo è sfollato. Qui, la scuola è stata sostituita dal rumore delle esplosioni e dalla necessità di sopravvivere. I bambini raccolgono rottami, vendono acqua, portano pesi più grandi di loro. Le madri delle nostre studentesse, molte delle quali hanno subito matrimoni precoci, raccontano di aver dovuto interrompere la loro istruzione prima ancora di poter sognare un futuro diverso. La loro speranza ora è nelle figlie, nella possibilità che almeno loro possano imparare a leggere e scrivere.
Dalla polvere delle strade dello Yemen alle miniere della RDC, la storia si ripete. Qui, scavare nelle miniere vale più di una penna in mano. Il 70% delle famiglie con cui lavoriamo sopravvive grazie all’estrazione mineraria, e i figli iniziano a lavorare a 13 anni, spesso prima. Per le bambine, il rischio non è solo l’analfabetismo: è lo sfruttamento, la violenza, la perdita di ogni diritto. L’istruzione rappresenta l’unico spiraglio per sfuggire a un destino già scritto.
In Colombia, il 94% delle famiglie che incontriamo è guidato da madri sole. La maternità precoce è una delle prime cause di abbandono scolastico: il 54% delle madri lo è diventata prima dei 18 anni, e con la scuola chiusa alle loro spalle, il ciclo della povertà si rinnova. Eppure, tra queste giovani donne c’è chi continua a lottare, chi sogna un’istruzione per i propri figli, chi chiede un’opportunità per spezzare il cerchio della miseria.
In Kenya, nella baraccopoli di Mathare, i bagni della nostra Scuola hanno prodotti igienici disponibili e gratuiti per le ragazze: può sembrare un piccolo gesto di cura, un dettaglio apparentemente banale, ma che segna il confine tra un futuro di possibilità e l’abbandono scolastico. Sono infatti sei su dieci le ragazze in Kenya che non vanno a scuola perché non hanno accesso a prodotti per l’igiene mestruale. Qui, la povertà si insinua nei dettagli, nelle piccole cose che determinano chi può continuare a studiare e chi, invece, è costretto a rinunciare.
E poi c’è la Siria. Un paese dove il 70% delle abitazioni è stato distrutto dalla guerra e il 90% delle persone vive sotto la soglia di povertà. Il 60% delle bambine nei campi profughi non frequenta la scuola. Perché non c’è. Perché la fame viene prima. Perché chi è costretto a fuggire spesso lascia indietro i libri e i quaderni, insieme alla speranza.
Eppure, in tutte le Scuole di Still I Rise, ogni giorno vediamo bambini che, nonostante tutto, vogliono imparare. In loro, la resistenza si traduce nel desiderio di sapere.
L’istruzione come atto di resistenza
Senza istruzione non c’è libertà. Senza istruzione non c’è futuro. Nei Paesi in cui operiamo, ogni giorno vediamo bambini e bambine che, nonostante tutto, continuano a sognare di studiare. Resistono, si aggrappano a ogni possibilità. E il nostro lavoro è essere lì per loro, per ricordare che l’istruzione non è un lusso, ma un diritto fondamentale.
Le donne e le ragazze pagano il prezzo più alto della povertà educativa, ma sono anche la chiave per spezzarne il ciclo. Una donna istruita ha più possibilità di trovare un lavoro dignitoso, di far studiare i propri figli, di costruire un futuro diverso. Ma l’istruzione deve essere difesa ovunque, anche nei Paesi del Nord globale. La lotta non è solo contro l’analfabetismo, ma contro un sistema che continua a creare disuguaglianze educative, che nega ai più deboli l’opportunità di emanciparsi.
Investire nell’istruzione è fondamentale per garantire opportunità e costruire società più giuste. Ma oltre alle dichiarazioni, servono azioni. Servono scuole sicure, insegnanti preparati, politiche che non lasciano nessuno indietro. Serve un mondo in cui ogni bambina e ragazza abbia il diritto di sognare, che sia in un campo profughi siriano o in una periferia dimenticata di una grande città europea.
Perché raccontare queste storie è il primo passo per cambiare il futuro.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link