Su chi ricade la responsabilità del pagamento di imposte e tasse dopo che la società è stata cancellata; quando e a quali condizioni devono risponderne i soci.
Capita spesso che l’Agenzia Entrate Riscossione continui ad inviare cartelle e ingiunzioni ad una società ed ai suoi soci anche dopo l’avvenuta cessazione dell’attività, con la chiusura della partita Iva, la cancellazione dal Registro delle imprese e la definitiva estinzione. Questo accade quando vi sono imposte e tasse non versate, e il Fisco ne pretende ancora il pagamento rivolgendosi agli ex membri della compagine sociale. E allora ci si chiede: chi paga i debiti tributari di una società estinta?
Contrariamente a quanto molti credono, l’estinzione di una società non comporta l’estinzione automatica dei suoi debiti tributari: essi, in un certo senso, sopravvivono, e la responsabilità di pagarli ricade, con alcune particolarità, sugli ex soci. La distinzione fondamentale è tra società di persone e società di capitali; inoltre bisogna verificare le ultime vicende sociali. Ma procediamo con ordine.
Responsabilità dei soci per i debiti della società
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23341/20424, seguita dalla recentissima sentenza n. 3625/2025 del 12 febbraio (emessa a Sezioni Unite proprio per chiarire un contrasto giurisprudenziale insorto sul punto) ha chiarito le condizioni, i limiti e i criteri in base ai quali i soci possono essere chiamati a rispondere delle obbligazioni tributarie a carico della società e rimaste inadempiute, come il mancato versamento delle imposte.
Prima di esaminare queste pronunce, dobbiamo premettere che:
- nelle società di persone – come le Snc e le Sas – i soci sono e rimangono responsabili, illimitatamente e solidalmente tra loro, per i debiti della società, anche dopo l’estinzione;
- nelle società di capitali, invece – come le Srl e le Spa – la responsabilità dei soci è limitata al capitale conferito, salvo diverse disposizioni statutarie o specifiche garanzie fideiussorie prestate.
Ciò significa che, per i debiti sociali non ancora saldati prima dell’estinzione della società:
- se la società era di persone, i soci ne rispondono illimitatamente, cioè anche con il loro patrimonio personale;
- se la società era di capitali, i soci rispondono di tali debiti solo entro l’ammontare della loro quota di capitale e nei limiti di quanto hanno ricevuto in fase di liquidazione (questo criterio è sancito dall’articolo 2495 del Codice civile, che è la norma cardine in materia);
- i creditori di una società di persone possono agire nei confronti dei soci per recuperare quanto gli è dovuto, mentre per i creditori di una società di capitali questa possibilità è limitata, e può arrivare soltanto fino alla concorrenza delle somme ricevute in liquidazione da ciascun socio, e non oltre.
Attenzione: se il liquidatore, in fase di riparto ai soci dell’attivo sociale, ha distribuito incautamente il patrimonio prima di saldare tutti i debiti, può essere chiamato a rispondere del loro pagamento per negligenza.
Cosa ha stabilito la Cassazione
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 3625/2025 resa a Sezioni Unite, ha affermato che gli ex soci rimangono responsabili dei debiti tributari della società estinta se risulta che hanno ricevuto somme dalla sua liquidazione ed entro i limiti delle stesse.
È importante sottolineare che, in base alle suddette pronunce della Cassazione, tocca al Fisco dimostrare che che i soci abbiano effettivamente percepito le somme riportate nel bilancio finale di liquidazione della società.
Quando e come l’Agenzia Entrate può agire contro gli ex soci
In base a quanto abbiamo detto, gli ex soci di una società di capitali – come una Srl – dopo la sua estinzione possono ancora essere chiamati a rispondere dei debiti tributari nei limiti di quanto hanno ricevuto in sede di liquidazione.
Ciò significa che, se i soci non hanno ricevuto nulla (perché il bilancio di liquidazione indicava risorse residue da ripartire pari a zero), non potranno essere obbligati a pagare.
In ogni caso l’Agenzia delle Entrate può intraprendere le azioni di recupero nei confronti dei soci, ed anche degli ex amministratori e liquidatori, se dimostra che c’è stata una distribuzione indebita delle risorse.
In particolare, l’Agenzia delle Entrate può agire contro gli amministratori e i liquidatori della società se emergono responsabilità per “mala gestio” (cattiva gestione).
Gli indici rivelatori, che dimostrano tale fenomeno e che – come abbiamo detto prima – il Fisco deve provare nello specifico caso, sono:
- non aver versato le imposte dovute, prima della cessazione dell’attività, chiusura della partita Iva e cancellazione della società dal Registro delle imprese;
- aver distribuito i residui attivi del patrimonio ai soci senza aver provveduto a versare le imposte e tasse dovute sull’esercizio delle attività sociali e sui relativi ricavi conseguiti.
I soci devono pagare le sanzioni della società?
Sottolineiamo che, a differenza dei tributi, le sanzioni – come quella per omesso versamento, o anche le multe e le ammende – non si trasferiscono ai soci, ma rimangono a carico della società estinta. Esse, infatti, hanno una natura “personale” e non possono essere estese ai soci.
A chi deve essere indirizzata la cartella di pagamento?
A partire dal momento della cancellazione della società dal Registro delle imprese, i soci diventano “successori” dell’azienda, e, pertanto, ogni pretesa tributaria (avvisi di liquidazione e di accertamento di tributi, cartelle, intimazioni e ingiunzioni di pagamento, ecc.) deve essere indirizzata nei loro confronti, ovviamente precisando nel corpo dell’atto la loro qualità di ex soci (Cass. sent. n. 24322/2014 e n. 6070/2013).
Lo stesso criterio vale per gli avvisi di accertamento (che sono assimilati, quanto alla diretta efficacia esecutiva, alle cartelle di pagamento): in base al recente orientamento della Corte di Cassazione che abbiamo sopra richiamato, l’atto deve essere emanato e indirizzato distintamente a ciascuno degli ex soci, e non più alla società ormai estinta.
Tutto ciò contribuisce a delimitare con precisione la pretesa tributaria formulata nei confronti degli ex soci, evitando che essi possano essere chiamati a rispondere indistintamente dei vecchi debiti sociali, che magari non avevano veramente “ereditato” in base alle regole che abbiamo esposto.
Prescrizione dei debiti sociali
Ricordiamo, infine, che i debiti sociali della società non si estinguono automaticamente con la sua chiusura, ma permangono anche nel prosieguo, seguendo le normali regole di prescrizione dei tributi: i termini vanno da 5 a 10 anni a seconda che si tratti di imposte e tasse locali, come l’IMU e la TARI, o di tributi erariali, come l’IRPEF, l’IVA, l’IRES e l’imposta di Registro. Fa eccezione il bollo auto (tassa automobilistica) che si prescrive in 3 anni soltanto, decorrenti dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere effettuato il versamento.
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