Anche in Italia è possibile estrarre terre rare, non solo in miniera ma anche dai rifiuti

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Ad oggi, in Italia, non vi è produzione di Ree, acronimo di Rare earth elements (terre rare): la sola miniera di Silius (Sardegna) le contempla nel proprio titolo di concessione. La miniera, attualmente in avanzato stadio di preparazione, estrarrà la fluorite, da uno dei giacimenti filoniani più grandi d’Europa. Le Ree, in particolare lantanio, cerio, neodimio e ittrio, sono attualmente considerate un possibile sottoprodotto di interesse economico.

Anomalie in Ree non oggetto di prossima estrazione sono state segnalate nel Lazio, associate a mineralizzazioni epitermali a fluorite, e in Sardegna su formazioni sedimentarie paleozoiche associate a titanio e zirconio e nelle bauxiti mesozoiche, da cui, fino a pochi anni fa, si estraeva alluminio. Recentemente sono state segnalate anomalie in Ree da discariche minerarie sarde, come a Montevecchio, o si sta valutando il potenziale degli sfridi, gli scarti delle lavorazioni dei graniti utilizzati per l’industria ceramica, in Piemonte e in Sardegna. In generale, comunque scontiamo un gap nelle conoscenze geologiche dei distretti minerari italiani. Con la sostanziale chiusura delle attività minerarie nel secolo scorso, anche gli studi scientifici, a parte poche eccezioni, non hanno più indagato le potenziali risorse del territorio, in particolare per le materie prime critiche (Crm). Sopperire a queste carenze, richiederà un impegno pluriennale gravoso per la comunità italiana delle Scienze della terra, chiamata inoltre a fornire un contributo essenziale nella formazione di nuove figure professionali specializzate (geologi, ingegneri) destinate alle future attività di esplorazione, eventuale estrazione e di tutela ambientale 

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La fase attuale di trasformazione tecnologica e il difficile contesto internazionale hanno ampliato in Europa e in Italia l’interesse verso le materie prime minerali, indispensabili per la transizione energetica e per settori industriali strategici rafforzandone la necessità di una autonomia nell’approvvigionamento, seppur parziale, da paesi extraeuropei. Il Critical raw materials act dell’Unione europea è stato recepito lo scorso anno dalla legislazione italiana (dl 84/2024): promuove un piano di esplorazione a scala europea, per identificare possibili risorse, in particolare di materie prime critiche e strategiche, tra cui litio, cobalto, terre rare, tungsteno. Queste materie prime critiche attualmente non sono prodotte in Italia e vengono importati da paesi extraeuropei.

Ucraina e Stati Uniti

Le terre rare sono insostituibili ed essenziali per applicazioni in settori strategici quali le energie rinnovabili, la mobilità elettrica, l’aerospazio e la difesa. Questi elementi sono stati inseriti in una “speciale” lista europea, quella delle materie prime critiche, dato l’elevato valore economico e le difficoltà nell’approvvigionamento dovuto alla importazione da Paesi extra-europei. Nel caso delle terre rare, l’Europa dipende totalmente da Paesi stranieri e, principalmente, dalla Cina. Nel 2024, infatti, sono state estratte in Cina 270000 tonnellate di ossidi di Ree, circa il 70% della produzione mondiale (fonte dati USGS). La Cina, infatti, ospita alcuni fra i più importanti giacimenti al mondo per Ree e, ad esempio, i nostri computer probabilmente contengono Ree estratte in Cina, ma non dall’Ucraina.

Ma allora perché si parla dell’accordo per terre rare Ucraina-Usa? Probabilmente è una semplificazione della comunicazione, si usa il termine terre rare intendendo genericamente tutte le materie prime. Infatti, in Ucraina, non abbiamo notizie su attuali progetti di estrazione di Ree ma, è conosciuto un solo distretto minerario potenzialmente interessante. La mineralizzazione, situata presso il mare di Azov, è attualmente in territorio sotto il controllo russo. L’Ucraina, però, è ricca di altre risorse minerarie importanti, di altre materie prime critiche, fra cui il litio, e probabilmente l’accordo riguarderà tutti questi elementi, così “rari” e “preziosi” per le economie di tutto il mondo. Le materie prime critiche e non, avranno sempre più importanza nell’indirizzare le politiche a scala globale ed i geologi, sono e saranno tenuti a fare la loro parte, per affrontare le nuove sfide, legate al rapido mutamento del quadro geopolitico a scala globale e alla transizione energetica.

Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi

Il termine “terre rare” è ormai entrato nell’uso quotidiano, rilanciato giornalmente dalle cronache del possibile accordo sulle risorse minerarie dell’Ucraina con gli Usa. Ma cosa si intende con il termine terre rare? Le terre rare sono un gruppo di 15 elementi, i lantanidi, a cui si aggiungono ittrio e scandio, con proprietà chimiche e fisiche simili. Conosciute con l’acronimo inglese di Ree, nonostante il nome, non sono gli elementi più rari in natura, poiché sono mediamente presenti nella crosta terrestre con concentrazioni di alcuni grammi per ogni tonnellata di roccia. L’oro, ad esempio, è oltre 1000 volte più raro, non superando generalmente 1 milligrammo per tonnellata di roccia. La relativa scarsità di Ree sul mercato non è quindi legata alla loro abbondanza nella crosta terrestre quanto invece alla rarità con cui i processi geologici le hanno concentrate in giacimenti da cui si possono economicamente estrarre. 

di Rodolfo Carosi* e Simone Vezzoni**

*presidente Società geologica italiana

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**coordinatore sezione Giacimenti minerari della Società geologica italiana



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