8 marzo: Cnel-Istat, maternità e famiglia pesano sul lavoro – Notizie

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Maternità e famiglia pesano sull’occupazione femminile, molti sono i part time e al Sud il tasso di occupazione delle madri con figli minori e molto più basso che altrove. L’istruzione cambia un po’ le cose perché le famiglie monoreddito maschile sono meno diffuse quando le donne sono laureate. Sono però carenti i servizi per l’infanzia e la situazione non migliora, anzi le liste d’attesa per gli asili crescono. Sono alcuni dei dati che emergono dal focus su famiglia e lavoro realizzato dal Cnel ed estratto dal recente Rapporto Cnel-Istat sul “Il lavoro delle donne tra ostacoli e opportunità”.

Ecco, i punti principali.

– LE MADRI HANNO UN TASSO DI OCCUPAZIONE DECISAMENTE PIÙ BASSO RISPETTO ALLE SINGLE. Il tasso di occupazione delle donne che vivono sole è del 69,3%, contro il 77% degli uomini. Questa percentuale scende al 62,9% nel caso le single siano madri.

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Quando la maternità è associata al vivere in coppia il tasso di occupazione scende ulteriormente, al 57,2%. In questo caso lo scarto con gli uomini sfiora i 30 punti percentuali.

– AL SUD TASSO OCCUPAZIONE 42% PER MADRI CON FIGLI MINORI Il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni si attesta al 52,5% per la componente femminile e al 70,4% per quella maschile, con un divario di genere di quasi 18 punti percentuali. Per le donne il carico familiare rappresenta molto spesso un motivo di rinuncia all’attività lavorativa, soprattutto quando ci sono bambini in età prescolare. Rilevanti le disparità a livello territoriale: mentre nelle regioni del Nord e del Centro il tasso di occupazione delle madri supera o sfiora il 70%, nel Mezzogiorno si attesta poco sopra il 40%. Nelle regioni meridionali quando i figli minori sono più di uno la quota di occupate tra le madri si ferma al 42%.

– PER MADRI GIOVANI E POCO ISTRUITE TASSO OCCUPAZIONE SOTTO 30% All’aumentare del titolo di studio aumenta la quota di occupate e diminuisce il gap tra le donne senza figli e quelle con figli, in tutte le classi di età. La distanza più ampia (oltre 20 punti percentuali) riguarda le giovani madri (25-34 anni) con al massimo la licenza media, il cui tasso di occupazione non raggiunge il 30%. Tra le laureate giovani e quelle più mature, invece, i tassi non presentano significative differenze per presenza di figli.

– TRA LAVORATRICI MADRI 25-34ENNI PART TIME AL 41% Sul totale degli occupati -il 31,5% delle donne (circa 3 milioni) lavora part time, contro l’8,1% degli uomini (circa un milione). Nella classe di età 25-54 anni solo il 6,6% degli uomini lavora a tempo parziale, contro il 31,3% delle occupate.
La percentuale cala ulteriormente (4,6%) in presenza di figli, mentre tra le madri sale significativamente (36,7%). Tra le donne con figli sono soprattutto le 25-34enni a ricorrere al tempo parziale: 41%, contro il 38,1% delle 35-44enni e il 34,7% delle 45-54enni) La quota di part time per le madri cresce all’aumentare del numero di figli.

– TRA MADRI OCCUPATE QUASI 1 MILIONE SONO SOLE E RAPPRESENTANO IL SEGMENTO PIÙ VULNERABILE Le donne occupate sono quasi 10 milioni. Tra queste – le madri sole sono quasi 1 milione (941 mila, pari al 9,4%) e rappresentano il segmento con più elementi di vulnerabilità sul mercato del lavoro. Il 69,6% ha tra 45 e 64 anni, una percentuale più alta di 11 punti rispetto alle madri in coppia, il 12,0% è costituito da straniere, un quarto ha un basso titolo di studio (25,3%).

– UN TERZO DELLE INATTIVE LO È PER MOTIVAZIONI FAMILIARI, UOMINI 2,8% Le donne inattive sono oltre 7,8 milioni, pari al 63,5% del totale degli inattivi nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni.
La maggior parte delle donne inattive non solo non cerca un’occupazione, ma si dichiara anche non disponibile a lavorare.
Tra le ragioni dell’inattività, le motivazioni familiari sono indicate dal 33,9%. Tra le madri inattive con figli la maggior parte (62,2%) non cerca lavoro né è disponibile a lavorare per motivi familiari.

– NEL MEZZOGIORNO IN 4 COPPIE SU 10 LA DONNA NON LAVORA Nel Mezzogiorno in 4 coppie su 10 la donna non lavora, a fronte di valori inferiori al 20% nelle altre ripartizioni territoriali.

– FAMIGLIE MONOREDDITO MASCHILE PIÙ DIFFUSE IN COPPIE CON FIGLI E TRA GLI STRANIERI Avere figli, soprattutto più di uno, si associa a una maggiore diffusione del modello in cui la donna resta fuori dal mercato del lavoro: infatti, sono a monoreddito maschile il 18,6% delle coppie senza figli, il 22% di quelle con un solo figlio, fino a raggiungere il 32,8% in presenza di almeno tre figli.
All’aumentare del titolo di studio della donna – cala significativamente la percentuale di coppie in cui l’uomo è l’unico percettore di reddito: si passa dal 42,0% delle coppie in cui lei ha conseguito al più una licenza media, al 24,7% se è diplomata, all’8,5% se è laureata.

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– SERVIZI EDUCATIVI PRIMA INFANZIA ANCORA SCARSAMENTE DIFFUSI, SPECIE NEL MEZZOGIORNO I livelli di partecipazione al sistema educativo dei bambini tra 0 e 2 anni di età con riferimento ai soli nidi e alle sezioni primavera (pubblici e privati)continuano ad essere particolarmente bassi in Italia: si stima un tasso di frequenza del 28,1%. Dal punto di vista territoriale, la quota di iscritti sui residenti varia dal 17% del Mezzogiorno al 33% del Nord, fino al 37% del Centro, in linea con la disponibilità dei posti nei servizi censiti sul territorio. Si registra quindi una sostanziale saturazione delle strutture disponibili, in particolare nel Mezzogiorno, dove l’offerta è più carente.

Proprio in quest’area, infatti, vi è un intenso ricorso all’iscrizione anticipata alla scuola dell’infanzia, che riguarda il 7,3% dei bambini di 0-2 anni, contro il 3,3% al Centro-nord (4,7% la media nazionale).

– SERVIZI EDUCATIVI PRIMA INFANZIA CON LISTE D’ATTESA IN AUMENTO Uno dei principali fattori che limitano la frequenza del nido è la carenza dell’offerta. I dati relativi ai nidi e alle sezioni primavera, riferiti all’anno educativo 2022/2023, mostrano che la domanda da parte delle famiglie è in aumento in misura maggiore rispetto all’espansione dell’offerta. Di conseguenza, cresce la quota dei servizi che non riescono ad accogliere tutte le domande di iscrizione e che dichiarano di avere bambini in lista d’attesa: dal 49,1% dei servizi nel 2021/2022 si passa al 56,3% del 2022/2023. I nidi con bambini in lista d’attesa sono molto più frequenti nel settore pubblico (67,6%), ma si registra un esubero delle domande anche nei servizi privati (49,4%).

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