Visita Pastorale a Lecce/San Bernardino Realino. ‘Non siamo la parrocchia del Mulino Bianco’

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Da oggi, 7 marzo, comincia la Visita Pastorale dell’arcivescovo Michele Seccia nella comunità leccese di San Bernardino Realino. Nell’intervista che segue, il parroco don Nando Capone presenta la sua comunità ai lettori di Portalecce.

 

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Don Nando, quale realtà sociale e parrocchiale troverà l’arcivescovo venendo in Visita Pastorale nella tua comunità?

Siamo una parrocchia giovane della periferia di Lecce, a due passi dal centro della città, perciò non è facile essere punto di riferimento per la vita sociale e religiosa delle famiglie di oggi, abituate a cercare il “meglio” per sé e per i propri figli, anche con una fede che definirei da “supermercato”: miglior prodotto sulla piazza, magari solo perché pubblicizzato come tale ma non perché lo sia realmente, al prezzo più conveniente, cioè che richieda minor impegno, sacrificio o tempo sottratto a tutto il resto che riempie (…o ingolfa?!) la vita famigliare, in particolar modo dei figli adolescenti e giovani. Perciò si seguono le “mode” anche nella frequentazione di una o dell’altra parrocchia, dove c’è il prete più giovane o allegro o più intrattenitore o dallo spirito organizzativo. San Bernardino Realino si sforza di essere “casa” di Dio per gli uomini, tutti, residenti e non, in cui si possa percepire la sua presenza soprattutto nell’accoglienza, nelle occasioni di incontri formativi e ricreativi, permettendo a tutti di crescere nella consapevolezza di essere “famiglia” perché figli di Dio e fratelli in Cristo. Come? Con tanta umanità, quella bella, che diventa possibilità di aggregazione, momenti di forte spiritualità, occasioni di gioia e gioco intergenerazionale, condivisione e correzione fraterna onesta e costruttiva. Non è assolutamente la parrocchia del “Mulino Bianco” ma, cercando di leggere i bisogni della gente, nel rispetto della loro missione laica nel mondo, si propongono ai fedeli opportunità di approfondimenti formativi, nella fede (Catechesi degli adulti e Lectio Divina) e nel senso civico (Incontri informativi sul rispetto dell’ambiente, Prevenzione Antitruffa per famiglie e anziani soli), di natura pedagogica per i genitori (Corso tenuto da una pedagogista, incontro sul Cyber Bullismo, Educazione Stradale, ecc…), momenti di festa e condivisione, anche agapica, che permettono di rompere tra i parrocchiani l’anonimato e la diffidenza che lo stile “condominiale” del quartiere, a volte, impone. Inoltre, la comunità ospita, ormai da un po’ di anni, l’associazione sportiva “Lupus”, composta da atleti con disabilità psico-motoria, specializzati nella disciplina delle “bocce paraolimpiche”, intorno alla quale vi è un ricircolo continuo di parrocchiani che, come volontari, aiutano questi ragazzi, tutti molto giovani, nella fase dell’allenamento.

 

In che modo la comunità dialoga con il quartiere?

La parrocchia “vive” grazie alla partecipazione attiva dei fedeli laici: in quanto molto estesa, demograficamente, richiede una pastorale collaborativa e coinvolgente per poter sovvenire a tutte le esigenze del quartiere. I membri del consiglio pastorale, degli affari economici e delle aggregazioni laicali, almeno come referenti, sono parrocchiani che vivono la comunità da sempre, perché appartenenti al nucleo originario della cosiddetta “Aria Sana”. Coloro che partecipano alle attività pastorali vengono dalla zona “nuova”, sorta alle spalle dell’attuale Chiesa, detta “Comparto 35”, composto per lo più da residence e condomini abbastanza ampi e capienti, abitati per lo più da famiglie giovani, di medio/alto ceto sociale: questi ultimi sono un po’ più difficili da coinvolgere nella vita ordinaria, ma molto più presenti nei momenti straordinari organizzati dalla parrocchia e nei percorsi di catechesi per l’iniziazione cristiani, lì dove i figli sono ancora in età per parteciparvi. 

 

Quali sono i punti forza e le fragilità più evidenti della tua comunità nei tre ambiti di liturgia, catechesi e carità?

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Purtroppo, la pandemia ha “resettato” la partecipazione dei fedeli abitanti alle attività parrocchiali, dopo aver raggiunto, con non poca fatica, un numero considerevole di presenze, soprattutto nella fascia adolescenziale e giovanile. Abbiamo dovuto ricominciare da capo, soprattutto nell’ambito della catechesi dell’iniziazione cristiana: coloro che nel periodo pandemico, frequentavano la scuola secondaria di primo grado, sono arrivati al sacramento della cresima senza dare seguito alla loro partecipazione alla vita della comunità. In compenso c’è tanta generosità, sia nella presenza fattiva che nel sostegno, anche economico, alla vita parrocchiale. Basta un appello dall’altare, durante la messa domenicale, per ricevere sostegno, presenza di volontari e risorse. L’umanità, con le sue povertà e potenzialità, fondamentalmente, è uguale in ogni comunità: non mancano le discussioni, le pretese “da ruolo”, la gelosia tra gruppi, soprattutto nell’ambito dell’animazione canora e liturgica della messa domenicale o delle celebrazioni importanti. Tuttavia, non si arriva mai a sabotare l’operato altrui o la serenità parrocchiale, con un po’ di pazienza e di dialogo in più si arriva a conciliare le varie parti “contendenti”. Nell’evento straordinario di turno, puntualmente, la comunità si ricompatta, tutti in presenza, per dare il meglio di sé (festa patronale, celebrazioni liturgicamente importanti, raccolte straordinarie di carità, pulizia e sistemazione degli ambienti, ecc…). La partecipazione alla vita diocesana non è proprio eccellente, in quanto non sempre il suo calendario si concilia con quello della comunità parrocchiale e con le esigue disponibilità di operatori che, comunque, sono impegnati con lavoro e famiglia. Tuttavia, non mancano i rappresentanti di San Bernardino Realino agli appuntamenti diocesani, che vengono pubblicizzati sia dall’altare che dal sito della parrocchia.

Inoltre la parrocchia non può aspettare che si riempia la chiesa al suono delle campane ma deve entrare nelle case, stanare i dubbiosi e convincere gli scettici con una testimonianza di accoglienza e misericordia “estreme”, come quella di Cristo, soprattutto verso le “nuove tipologie” di famiglia. Questo richiede uno stuolo di operatori pastorali e laici impegnati che, innamorati della propria comunità, si assumono la responsabilità di “amministrare” la vita pastorale, nella logica della collaborazione e del servizio più gratuito, tanto gratuito da essere libero anche dalla pretesa sottesa del “grazie”. Un parroco dovrebbe preoccuparsi, oltre che a coordinare, di ascoltare, confessare, accompagnare i fedeli nella vita quotidiana, sia umana che spirituale, accorgendosi, e di conseguenza, sovvenendo alle tante urgenze di carità che emergono. 

 

Che cosa vi attendete dalla Visita Pastorale? Quali sono gli obiettivi da raggiungere a breve e media scadenza?

La comunità dalla Visita Pastorale si augura di vivere l’incontro vero e umanamente profondo con il suo pastore. Che il Vescovo manifesti la sua presenza paterna a tutti i fedeli, con l’ascolto e il contatto. Un Padre accarezza i propri figli e li redarguisce, sempre e comunque guardandoli negli occhi. Cone parroco spero che la visita non si riduca ad un “atto canonico” ma che sia l’occasione per la comunità di una efficace e veritiera verifica sul suo essere “Chiesa” nel quartiere, e per il vescovo l’opportunità di prendere consapevolezza che “il tavolo” della Chiesa poggia anche sui “piedi” delle parrocchie di periferia.

 

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