Riutilizzo dei beni confiscati alla camorra, la Campania tra le regioni italiane più virtuose

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Questa mattina, presso la biblioteca Annalisa Durante di Napoli, si è tenuta la presentazione dell’edizione 2025 del rapporto annuale di Libera ‘Raccontiamo il bene’. Un importante appuntamento volto a tracciare un quadro chiaro ed esaustivo in merito alle realtà che ogni giorno sono coinvolte nella restituzione alla collettività dei beni sottratti alle mafie. Durante l’incontro, inoltre, non è mancata la partecipazione di numerosi volti istituzionali, tra cui Mariano di Palma, referente di Libera Campania; Riccardo Christian Falcone, responsabile beni confiscati di Libera Campania; Mario Morcone, assessore alla Legalità della Regione Campania; Nunzia Ragosta, dirigente del servizio beni confiscati del Comune di Napoli; Enrico Tedesco, segretario Fondazione Polis.

Le realtà del Terzo Settore operanti nel riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie: il quadro in Campania e in Italia

Dall’analisi dei dati presentati è stato evidenziato il significativo aumento del numero degli Enti del Terzo Settore impegnati nel riutilizzo sociale dei beni confiscati. Infatti i dati parlano chiaro e l’anno scorso, infatti, si contavano 170 soggetti coinvolti suddivisi in 56 comuni, ad oggi il dato sale a 186, distribuiti in 59 comuni. Si tratta di un importante incremento che testimonia come la Campania sia tra le prime regioni d’Italia impegnate sul fronte della gestione dei beni sociali, seconda soltanto alla Sicilia – dove si registra l’impegno di ben 297 soggetti.

In generale, ad oggi sono 1132 i soggetti della società civile nazionale impegnati nella gestione dei beni confiscati. Le loro attività coinvolgono, secondo i censimenti offerti da Libera in riferimento a quest’anno, ben 398 comuni. Anche qui si registra un esponenziale aumento rispetto al 2024, quando sono stati censiti ben 1065 soggetti operanti in 383 comuni.

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L’eterogeneità degli Enti del Terzo Settore e dei beni sottratti alla camorra

Inoltre i dati presentati mettono in evidenza non solo quanto le attività degli Enti del Terzo Settore siano radicate nel territorio, ma anche la complessità e l’eterogeneità dei soggetti impegnati nella lotta alle mafie. Il Terzo Settore vede infatti la presenza di associazioni, cooperative sociali, enti ecclesiastici, consorzi, fondazioni e vari altri raggruppamenti. Ma non è solo la compagine dei soggetti impegnata nel riutilizzo sociale dei beni sottratti alla criminalità organizzata ad essere complessa. Altrettanto diversificata è infatti la tipologia di beni oggetto delle loro attività: il patrimonio recuperato conta al suo interno abitazioni di ogni tipo, da ville ad appartamenti, includendo anche locali commerciali, terreni agricoli e fabbricati di ogni natura.

Ancora, secondo il rapporto di Libera le attività incentrate sui beni confiscati in Campania si concentrano anche sul welfare e sulle politiche sociali, contando più di cento attività coinvolte in svariati progetti di accoglienza, inclusione e sostegno. Significative sono anche le iniziative dedicate all’ agricoltura sociale e alla tutela ambientale, o ancora alla cultura e al turismo sostenibile. Per quanto riguarda i progetti relativi alla produzione e all’occupazione, questi risultano essere nettamente inferiori rispetto ai precedenti.

La gestione dei beni confiscati alle mafie come strumento di giustizia e di progresso collettivo 

Accanto all’analisi dei dati raccolti durante l’incontro significativi sono stati gli interventi volti a sottolineare la rilevanza sociale del riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Si tratta infatti di un importante strumento di giustizia e di progresso collettivo. Del resto l’attività dei soggetti coinvolti nella gestione dei beni confiscati è ispirata e dedicata proprio a chi ha sacrificato tutto in passato, persino la vita. E a testimoniare il forte legame con la memoria delle vittime innocenti della camorra c’è un dato: sono ben 31 le esperienze campane che dedicano il proprio progetto a una di queste figure.

Mariano di Palma e la fiducia nei risultati raggiunti da Libera Campania

I dati presentati oggi ci dicono una cosa chiara: il riutilizzo sociale dei beni confiscati funziona, ma può e deve crescere ancora. In Campania, grazie al lavoro costante di associazioni, cooperative e istituzioni attente, abbiamo consolidato esperienze che trasformano patrimoni un tempo simbolo di potere criminale in presìdi di legalità e giustizia sociale” dichiara Mariano Di Palma il quale sottolinea come Libera sia da sempre, al fianco di chi opera sul territorio, monitorando, sostenendo e accompagnando queste realtà. “Abbiamo costruito strumenti concreti, come il censimento annuale e la formazione per gli enti gestori, ma servono passi avanti: più semplificazione burocratica, più trasparenza nei bandi di assegnazione e un maggiore coinvolgimento delle comunità locali. Ogni bene confiscato inutilizzato è un’occasione persa, ogni esperienza che funziona è la dimostrazione che un altro modello di sviluppo è possibile. Noi continueremo a spingere in questa direzione, con determinazione e responsabilità“, conclude il referente di Libera Campania, il quale ha espresso tutta la sua soddisfazione per i risultati e gli obiettivi raggiunti, di cui i numeri sono espressione, accanto a tutta la sua fiducia per il futuro e per i grandi traguardi che si possono ancora raggiungere.

Le parole del responsabile dei beni confiscati di Libera Campania Riccardo Christian Falcone

Sulla stessa lunghezza d’onda si pone il responsabile dei beni confiscati di Libera Campania Riccardo Christian Falcone: “I numeri di Raccontiamo il Bene raccontano un quadro positivo, ma sono anche un’occasione per rilanciare impegni e richieste fondamentali. È necessario rafforzare una comunità di pratica tra i soggetti gestori, per consolidare il riutilizzo sociale come modello virtuoso e valorizzare le innovazioni introdotte dall’Agenzia. Libera si impegna a promuovere formazione e scambio, affinché la piattaforma unica delle destinazioni diventi uno strumento realmente efficace. Chiediamo, inoltre, trasparenza nell’intero processo di confisca e riuso, per garantire partecipazione democratica e incisività nelle politiche pubbliche”. 

È urgente – ha proseguito Falcone mettere a sistema le risorse disponibili, integrando fondi pubblici e investimenti privati attraverso una cabina di regia nazionale. Infine, respingiamo con forza qualsiasi ipotesi di privatizzazione dei beni confiscati: non possono tornare sul mercato, ma devono restare strumenti di riscatto per le comunità che hanno subito la presenza mafiosa. Difendere il principio della confisca significa tutelare un pilastro della lotta alla criminalità organizzata e della giustizia sociale“. 

L’importanza di trasformare luoghi di soprusi in spazi al servizio della collettività

Grazie ai continui rapporti annuali che dal 2013 sono resi noti dall’associazione antimafia Libera, si ha l’opportunità di avere un quadro sempre più chiaro delle politiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati, ma soprattutto della loro incisività. Non a caso è compito e obiettivo dei soggetti operanti nel Terzo Settore dimostrare come possano diventare luoghi al servizio della comunità e della giustizia sociale spazi che cono sempre stati, sin dalle loro origini, emblema di soprusi e di sopraffazioni. Del resto, “Dietro ogni numero ci sono storie di associazioni e cooperative che hanno trasformato luoghi di malaffare in spazi di crescita, educazione e comunità. L’impegno collettivo ha rafforzato il nostro tessuto sociale e il supporto delle istituzioni è stato fondamentale, ma il percorso è ancora lungo“,  ha affermato la responsabile nazionale dei Beni Confiscati di Libera Tatiana Giannone.

 

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