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Il rimborso del credito IVA rappresenta un importante diritto per i contribuenti italiani che, a seguito delle proprie attività economiche, si trovano in una posizione creditoria nei confronti dell’Erario. Questo articolo offre un’analisi dettagliata delle procedure, dei requisiti e delle modalità operative per ottenere la restituzione dell’eccedenza di credito IVA maturata nel corso dell’anno 2024, alla luce delle disposizioni normative vigenti. Esamineremo le diverse soglie di rimborso, i casi in cui è necessaria la prestazione di garanzie patrimoniali, le ipotesi di esonero e i presupposti specifici che legittimano la richiesta di rimborso.
Le condizioni generali per accedere al rimborso
Il credito IVA emergente dalla dichiarazione annuale può essere chiesto a rimborso, in tutto o in parte, nelle ipotesi previste dagli articoli 30 e 34, comma 9, del DPR 633/72. Il sistema normativo italiano ha previsto modalità differenziate per l’erogazione del rimborso in funzione dell’importo richiesto.
Per i rimborsi fino a 30.000 euro, la procedura risulta notevolmente semplificata: è sufficiente l’indicazione nella dichiarazione IVA annuale, senza necessità di ulteriori formalità o adempimenti accessori. Questo rappresenta un importante snellimento burocratico per i contribuenti con crediti di entità contenuta.
Quando l’importo supera la soglia dei 30.000 euro, il quadro si articola maggiormente. In questi casi, il contribuente può ottenere il rimborso senza prestare alcuna garanzia patrimoniale, a condizione che la dichiarazione IVA sia munita del visto di conformità (o, in alternativa, della sottoscrizione da parte dell’organo di revisione legale dei conti) e sia accompagnata da una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che attesti la sussistenza di determinati requisiti patrimoniali.
Tuttavia, esistono specifiche situazioni “di rischio” in cui, anche per importi superiori a 30.000 euro, la normativa impone la prestazione di una garanzia patrimoniale in favore dell’Amministrazione finanziaria, come dettagliato nell’articolo 38-bis, comma 4, del DPR 633/72.
Quando è obbligatoria la garanzia patrimoniale
La prestazione della garanzia patrimoniale diventa un requisito imprescindibile per i rimborsi di ammontare superiore a 30.000 euro nelle seguenti circostanze, tassativamente elencate dall’articolo 38-bis, comma 4, del DPR 633/72:
- Nel caso in cui il soggetto passivo eserciti l’attività d’impresa da meno di due anni. È interessante notare come il legislatore abbia previsto un’eccezione per le startup innovative di cui all’articolo 25 del DL 179/2012, riconoscendo il particolare valore di queste realtà imprenditoriali emergenti.
- Quando al soggetto passivo, nei due anni antecedenti la richiesta di rimborso, siano stati notificati avvisi di accertamento o di rettifica da cui risulti, per ciascun anno, una differenza significativa tra gli importi accertati e quelli dell’imposta dovuta o del credito dichiarato. Tale differenza viene quantificata secondo parametri proporzionali: deve essere superiore al 10% degli importi dichiarati se questi non superano 150.000 euro; al 5% se gli importi superano 150.000 euro ma non 1.500.000 euro; all’1% o comunque a 150.000 euro se gli importi dichiarati superano 1.500.000 euro.
- Nei casi in cui il soggetto passivo abbia presentato la dichiarazione IVA priva del visto di conformità (o della sottoscrizione alternativa) oppure senza la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà prevista dalla normativa.
- Infine, quando il soggetto passivo richiede il rimborso dell’eccedenza detraibile a seguito della cessazione dell’attività.
- È importante sottolineare che un contribuente può comunque ottenere il rimborso IVA senza prestare garanzia, anche in presenza di avvisi di accertamento notificati nei due anni precedenti la richiesta, qualora tali avvisi siano stati impugnati ottenendo una sentenza definitiva favorevole, oppure siano stati oggetto di annullamento in autotutela o di acquiescenza con saldo integrale del dovuto in data anteriore alla presentazione della dichiarazione.
Gli esoneri dalla prestazione della garanzia
Il legislatore ha previsto diverse ipotesi di esonero dalla prestazione della garanzia patrimoniale, oltre ai casi di apposizione del visto di conformità o della sottoscrizione alternativa. Tali esoneri riguardano:
- I curatori e i commissari liquidatori, in considerazione del loro ruolo pubblicistico nell’ambito delle procedure concorsuali;
- Le società di gestione del risparmio ex art. 8 del DL 351/2001, riconoscendo la particolare natura e regolamentazione di questi veicoli d’investimento;
- I contribuenti che hanno aderito al regime di adempimento collaborativo di cui agli artt. 3 e seguenti del DLgs. 128/2015, premiando così l’approccio cooperativo e trasparente nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria.
Un’importante novità riguarda l’innalzamento della soglia di esonero dall’apposizione del visto di conformità e dalla prestazione della garanzia per i rimborsi IVA. L’articolo 9-bis, comma 11, lettera b) del DL 50/2017 (convertito dalla L. 96/2017), come modificato dall’articolo 14, comma 1 del DLgs. 1/2024, ha elevato tale soglia da 50.000 a 70.000 euro annui.
Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 22 aprile 2024, n. 205127, ha graduato l’esonero prevedendo livelli di affidabilità differenziati. In particolare, con riferimento al credito IVA maturato per il 2024 e chiesto a rimborso, il beneficio spetta:
Per i crediti di importo non superiore a 70.000 euro annui, ai soggetti passivi con un livello di affidabilità almeno pari a 9 per il periodo d’imposta 2023, oppure almeno pari a 9 calcolato come media semplice dei livelli di affidabilità ottenuti per i periodi d’imposta 2022 e 2023.
Per i crediti di importo non superiore a 50.000 euro annui, ai soggetti passivi con un livello di affidabilità inferiore a 9, ma almeno pari a 8, per il periodo d’imposta 2023, oppure almeno pari a 8,5, calcolato come media semplice dei livelli di affidabilità ottenuti per i periodi d’imposta 2022 e 2023.
È importante notare che queste soglie sono cumulative, riferendosi alle richieste di rimborso effettuate nel corso del 2025.
Un ulteriore beneficio è previsto per i contribuenti che hanno aderito al concordato preventivo biennale, ai quali sono riconosciuti i vantaggi stabiliti dal citato articolo 9-bis, comma 11 del DL 50/2017, in base a quanto disposto dall’articolo 19, comma 3 del DLgs. 13/2024.
I requisiti specifici per i rimborsi annuali
La domanda di rimborso del credito IVA annuale di importo superiore a 2.582,28 euro è ammessa in presenza di almeno una delle seguenti condizioni previste dalla normativa:
- L’esercizio esclusivo o prevalente di attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquota media inferiore a quella applicata sugli acquisti e sulle importazioni. Per soddisfare questo requisito, l’aliquota media applicata alle operazioni attive, maggiorata del 10%, deve risultare inferiore a quella mediamente applicata sulle operazioni passive;
- L’effettuazione di operazioni non imponibili di cui agli articoli 8, 8-bis e 9 del DPR 633/72, nonché di operazioni equiparate e intracomunitarie, per un ammontare superiore al 25% della totalità delle operazioni effettuate nel periodo d’imposta di riferimento;
- L’acquisto o l’importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche. In questo caso specifico, il rimborso è limitato all’IVA assolta sull’acquisto o importazione di tali beni e servizi;
- L’effettuazione prevalente (superiore al 50%) di operazioni non soggette ad imposta per carenza del requisito di territorialità IVA, come disciplinato dagli articoli 7 e seguenti del DPR 633/72;
- La richiesta da parte di soggetti non residenti che si siano identificati direttamente in Italia ai fini IVA o che abbiano nominato un rappresentante fiscale nel territorio dello Stato;
- La richiesta da parte dei produttori agricoli che applicano il regime speciale e hanno effettuato cessioni all’esportazione e cessioni intracomunitarie di prodotti agricoli compresi nella Tabella A, Parte prima, allegata al DPR 633/72.
È interessante notare come la richiesta di rimborso sia comunque ammessa, anche per somme di importo inferiore a 2.582,28 euro, in due specifiche situazioni: quando vi sia un’eccedenza di IVA detraibile nella dichiarazione annuale e nelle dichiarazioni relative ai due anni precedenti, oppure in sede di cessazione dell’attività.
L’aliquota media: calcolo e applicazione pratica
Il meccanismo dell’aliquota media rappresenta uno dei presupposti più tecnici per la richiesta di rimborso del credito IVA. Secondo l’articolo 30, comma 2, lettera a) del DPR 633/72, il soggetto passivo può chiedere a rimborso l’eccedenza di credito IVA quando esercita prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni.
Per verificare la sussistenza di questo requisito, l’articolo 3, comma 6 del DL 250/95 precisa che l’aliquota media applicata alle operazioni attive, maggiorata del 10%, deve risultare inferiore all’aliquota media applicata sulle operazioni passive.
Ai fini di questo calcolo, devono essere considerate anche le operazioni per le quali l’imposta è applicata con il meccanismo del reverse charge o dello split payment, che vengono trattate come operazioni soggette ad “aliquota zero”. Al contrario, sono esclusi dal computo dell’aliquota media gli acquisti, le importazioni e le cessioni di beni ammortizzabili, le operazioni non imponibili e quelle irrilevanti territorialmente, nonché gli acquisti e le importazioni per i quali l’imposta non è detraibile.
Esempio
Immaginiamo un’azienda che presenta i seguenti dati:
- Aliquota media delle operazioni attive, maggiorata del 10%: 19,60%;
- Aliquota media delle operazioni passive: 20,16%.
In questo caso, poiché l’aliquota media applicata alle operazioni attive, anche dopo la maggiorazione del 10%, risulta inferiore all’aliquota media applicata alle operazioni passive (19,60% < 20,16%), sussiste la condizione prevista dall’articolo 30, comma 2, lettera a) del DPR 633/72 per richiedere il rimborso del credito IVA.
Il calcolo dell’aliquota media richiede quindi un’attenta analisi delle operazioni effettuate dal contribuente, con particolare attenzione alla classificazione delle stesse secondo i criteri normativi.
Cessazione dell’attività: un caso particolare di rimborso
Un caso specifico che merita un’analisi approfondita è quello della cessazione dell’attività. In questa circostanza, il rimborso IVA spetta indipendentemente dal soddisfacimento delle condizioni ordinarie previste dall’articolo 30, comma 2 del DPR 633/72, configurandosi come un diritto autonomo del contribuente che conclude la propria attività imprenditoriale o professionale.
In tale ipotesi, il soggetto passivo può chiedere a rimborso l’eccedenza di credito IVA emergente dalla dichiarazione per qualunque importo, purché sia almeno pari a 11 euro, come stabilito dall’articolo 3 del DPR 126/2003. Dal punto di vista procedurale, dovrà essere indicato il codice 1 nel campo 3 del rigo VX4 della dichiarazione IVA.
È importante precisare che la procedura “semplificata” di rimborso non è applicabile ai soggetti non più intestatari di conto fiscale a seguito di cessazione dell’attività, come chiarito dalla circolare ministeriale del 12 marzo 1998, n. 84/E. In tali casi, la gestione del rimborso compete direttamente agli uffici dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competenti.
Un aspetto cruciale riguarda il momento in cui sorge il diritto al rimborso. Secondo la giurisprudenza (Cassazione, sentenza n. 29257 del 20 ottobre 2023), questo diritto si concretizza nel momento di effettiva cessazione dell’attività sul piano sostanziale e fattuale, che per le società può coincidere con la messa in liquidazione.
In particolare, per le società di capitali e le società di persone che hanno seguito la procedura formale di liquidazione, il riferimento temporale è rappresentato dalla chiusura del bilancio finale di liquidazione. La giurisprudenza ha chiarito che non costituisce elemento imprescindibile l’indicazione esplicita del credito IVA nel bilancio finale, purché esso emerga dalla contabilità aziendale.
Un ulteriore aspetto da considerare riguarda l’individuazione del soggetto titolato alla richiesta di rimborso. Nel caso di società cancellate dal Registro delle imprese, il credito IVA si trasferisce proporzionalmente ai soci (“pro quota”), come stabilito dalla prassi amministrativa e dalla giurisprudenza. I soci possono anche conferire una delega alla riscossione a uno di essi o a un terzo, come precisato dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 77/2011.
Consideriamo un caso pratico: Una società a responsabilità limitata decide di cessare l’attività al termine dell’esercizio 2024, avendo accumulato un credito IVA di 8.500 euro. Nonostante l’importo sia inferiore alla soglia di 30.000 euro, la società dovrà presentare la garanzia patrimoniale per ottenere il rimborso, in quanto la cessazione dell’attività rientra tra le situazioni “di rischio” previste dall’articolo 38-bis, comma 4 del DPR 633/72. Una volta approvato il bilancio finale di liquidazione e cancellata la società dal Registro delle imprese, il credito IVA si trasferirà ai soci in proporzione alle rispettive quote di partecipazione. Questi ultimi potranno quindi delegare uno di loro o un terzo alla riscossione dell’importo.
In sintesi
IN SINTESI Quali sono le condizioni generali per ottenere il rimborso del credito IVA? Il credito IVA può essere richiesto a rimborso nelle ipotesi previste dal DPR 633/72. Per importi fino a 30.000 euro, il rimborso è semplificato e non richiede garanzie o verifiche particolari. Per importi superiori, è necessaria l’apposizione del visto di conformità e una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, salvo specifiche situazioni in cui è obbligatoria la prestazione di una garanzia patrimoniale. Quando è obbligatoria la garanzia patrimoniale? La garanzia è necessaria per rimborsi superiori a 30.000 euro nei casi in cui il soggetto ha meno di due anni di attività, ha ricevuto avvisi di accertamento con scostamenti significativi nei due anni precedenti o non ha apposto il visto di conformità. Inoltre, è richiesta in caso di cessazione dell’attività. Quali sono le principali esenzioni dalla garanzia? Sono esonerati i curatori e i commissari liquidatori, le società di gestione del risparmio e i contribuenti aderenti al regime di adempimento collaborativo. Inoltre, l’innalzamento della soglia per l’esonero dalla garanzia e dal visto di conformità è stato portato a 70.000 euro per i soggetti con elevato livello di affidabilità fiscale. Quali sono i requisiti per i rimborsi annuali? Il rimborso è ammesso se il contribuente opera prevalentemente con aliquote inferiori a quelle sugli acquisti, effettua operazioni non imponibili superiori al 25% del totale, ha effettuato acquisti di beni ammortizzabili o operazioni non soggette ad IVA per carenza di territorialità. Anche i soggetti non residenti e i produttori agricoli con specifiche condizioni possono richiedere il rimborso. Come viene calcolata l’aliquota media per il rimborso IVA? L’aliquota media applicata alle operazioni attive, maggiorata del 10%, deve essere inferiore a quella applicata sugli acquisti. Il calcolo esclude acquisti di beni ammortizzabili e operazioni non imponibili, mentre include quelle soggette a reverse charge e split payment. Cosa succede in caso di cessazione dell’attività? Il rimborso del credito IVA è garantito indipendentemente dalle condizioni ordinarie e può essere richiesto per qualsiasi importo. Il diritto al rimborso sorge al momento effettivo della cessazione dell’attività e, nel caso di società cancellate dal Registro Imprese, il credito si trasferisce ai soci in proporzione alla loro quota. |
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