Effettua la tua ricerca
More results...
Mutuo 100% per acquisto in asta
assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta
In qualsiasi momento tu voglia uscire di casa, in qualsiasi luoghi tu sbuchi da un portone, ovunque tu vada e ti feri, il grido ti raggiunge e lì a afferrarti, ti tiene stretto e ti insidia, e tu sei costretto a ascoltare le stazioni di queta discesa agli inferi e sapere di volta in volta come gira il mondo. Karl Kraus, il grande drammaturgo austriaco, descrive con queste parole nel suo testo Eeextraaausgabeeee! (Edizione straordinaria) la presenza asfissiante e ossessiva degli strilloni dei giornali nelle strade di Vienna nei giorni precedenti lo scoppio della Prima guerra mondiale. La denuncia che la carta stampata sostituiva la realtà all’alba del conflitto mondiale, scaldando gli animi e deformando le immagini del mondo è sintetizzata nella profetica frase: “Am Anfang war die presse und dann erschienen die Welt” (all’inizio era la stampa e poi fece apparizione il mondo).
Più di cento anni dopo la storia si ripete con la chiamata alla piazza del vecchio Michele Serra, al grido implacabile del “qui o si fa l’Europa o si muore”, subito trasformata dai media in ossessiva ultima chiamata a difesa dei valori della libertà e della democrazia di cui ogni abitante del vecchio continente dovrebbe essere fiero custode. Il testo di quello che giornalisti euforici definiscono ormai essere un vero manifesto della libertà è giustamente vago come richiede la propaganda dell’epoca e parla di “identità europea “dal basso”, di un progetto politico innovativo e rivoluzionario che non si rivolge al passato, ma parla del domani”, di un’idea che investe i figli e i nipoti in una sorta di visione messianica del momento storico in cui viviamo. Di quale Europa invero si parli il buon Serra si trattiene prudentemente a dire.
E’ l’Europa dei grandi padri fondatori Jean Monnet, Altiero Spinelli, Konrad Adenauer prospettata come un orizzonte di pace dopo la terribile catastrofe delle due guerre mondiali. E’ l’Europa nel Manifesto di Ventotene era sforzo diplomatico, dialogo, tolleranza. Oppure L’Europa è la terra di conquista delle lobbies e del libero mercato? L’Europa è uno spazio di cittadinanza per i liberi e eguali oppure è la macchina diabolica con cui Mario Draghi ha messo in ginocchio la Grecia e ingrassato le banche franco tedesche? Il vecchio continente è uno strumento per garantire la pace oppure è l’armata evocata dalla invasata baronessa von der Leyen per riportare l’ordine democratico in Russie e Bielorussia attraverso la guerra? E ancora l’Europa è la coscienza civile che fa sussultare di fronte allo stermino dei bambini a Gaza o è l’abbruttimento morale di che si gira dall’altra parte e tace meschino davanti all’abominio?
Non sembra che sindacati, politici, partiti organizzazioni di rappresentanza del terzo settore le cui adesioni alla grande manifestazione romana si susseguono convulsamente in queste ore e di cui doviziosamente i giornalisti di Repubblica informano l’opinione pubblica si siano posti qualche interrogativi al riguardo. Tutti corrono sotto il rassicurante richiamo della difesa della democrazia e delle libertà, tutti vogliono stare in prima fila, tutti schierati contro una minaccia esistenziale ai grandi valori che la narrazione dominante assimila al cuore stesso della vecchia Europa, dimenticando decenni di impoverimento del ceto medio, di liberalizzazione selvaggia, di compromessi con le lobbies di ogni genere e tipo, di sostegni a regimi autoritari che compivano ogni sorta di nefandezza in cambio della garanzia della way of life continentale.
Eppure le omissioni come scrive il vecchio Serra nella sua lettera alla nazione “in una fase così grave e convulsa della storia, sono imperdonabili”. E è davvero così: ogni omissione, ogni parola non detta, ogni discorso tenuto deliberatamente vago, sono oggi imperdonabili. Quello che è indispensabile di fronte alle proposte di riarmare il continente con 800 miliardi da mettere a debito sulle spalle dei cittadini (e a credito per gli interessi delle banche) e dichiarare guerra a una superpotenza nucleare è promuovere non una piazza da fare usare come leva propagandistica dai guerrafondai e dai servi a riporto, ma dieci, cento, mille piazze fisiche e virtuali in ogni angolo della città dove discutere su cosa significa essere europei oggi, quali sono i valori di riferimento, quali sono le scelte compatibili con questi principi e perché.
La democrazia non è una piazza. La piazza nella società contemporanea è solo spettacolo per giustificare il potere dei decisori occulti che cercano legittimazione e consenso attraverso la manipolazione e l’inganno.
La chiosa della chiamata alla piazza sponsorizzata da Repubblica termina con una frase che dovrebbe fare riflettere tutti: “il mio sassolino nello stagno l’ho lanciato, speriamo che piovano pietre”. Sorridiamo amaramente. Noi speriamo solo che non piovano bombe, e che i nostri nipoti e figli non siano costretti a combattere e uccidere altri innocenti. E desideriamo con tutto il cuore che le persone si sveglino dal letargo in cui sono da troppo tempo cadute e parlino, argomentino e gridino forte il loro dissenso nei confronti di chi si è appropriato di un’idea di pace, di un’idea di giustizia e di un’idea di solidarietà sociale per fare la guerra e portare povertà e distruzione.
Come scriveva Kraus nell’anno domini 1914, prima che il mondo diventasse un inferno: è la progressiva invadente e pilotata sostituzione delle opinioni al posto del pensiero riflettuto e argomentato che prelude alla falsificazione sistematica della realtà ad opera della parola.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link