Chi ha paura del lupo? Dal 7 marzo, fatti salvi improbabili colpi di scena, entrerà in vigore il declassamento del canis lupus in Europa: da specie rigorosamente protetta diventa una specie (solo) protetta. Il predatore passa dall’essere trattato in uno dei quattro allegati della Convenzione di Berna – il trattato internazionale che governa la tutela della natura – a un altro, per quanto riguarda le specie animali protette, come deciso a dicembre 2024. Questo downlisting consentirà all’Ue di cambiare la Direttiva Habitat per la conservazione del patrimonio naturale europeo, che determina tra l’altro in quali circostanze, limitate, il lupo può già essere abbattuto, tramite un sistema di deroghe. La modifica andrà poi recepita dai Paesi europei. Il timore degli ambientalisti è che il declassamento porterà maggiori abbattimenti e rappresenterà, simbolicamente prima ancora che nei fatti, un via libera alle ragioni dei cacciatori e degli allevatori. Ma non tutti i pastori ce l’hanno a morte col lupo…
Recinzioni e fototrappole
Marika Francioli gestisce un’azienda agrobiologica, Le Tofane, nelle campagne di Alberese, in provincia di Grosseto, un allevamento di ovini in regime biologico e un caseificio. Ha 280 pecore che porta al pascolo due volte al giorno. «Il mio rapporto coi lupi è cambiato col tempo» racconta. «Nel 2017, dopo anni, erano ricominciati gli attacchi da parte dei branchi che vivono nel nostro territorio. Allora ho capito, sostenuta anche da mio nonno, che faceva questo lavoro e acquistò le prime pecore negli anni Novanta, e da tanti altri pastori, che la soluzione per difendere i nostri animali, ovvero l’abbattimento dei lupi, non era quella giusta per me. Mi rivolsi così all’associazione DifesAttiva, formata da allevatori che usano strumenti di protezione del bestiame. Ho preso dei cani da guardiania, quattro pastori maremmani-abruzzesi, installato recinzioni nuove e più alte, fototrappole che scattano immagini per monitorare l’azienda, realizzato un ricovero notturno ad hoc. Dal 2019, grazie a queste misure, non ho più subito attacchi da parte dei lupi – che pure spesso attraversano i terreni della nostra azienda». La pastora collabora con il Parco regionale della Maremma nell’osservazione dei lupi e in campagne di sensibilizzazione e informazione. La sua storia sarà anche al centro di un documentario di Federico Santini, in uscita in primavera, intitolato Equilibrio. «Dalla mia esperienza ho capito che abbattere i lupi è controproducente, e che ci sono delle dinamiche specifiche nei branchi che vanno prese in considerazione. La prevenzione comporta più risorse, anche in termini di tempo per badare agli animali, per chi fa il nostro lavoro. Ma il lupo è un animale necessario, che vale come gli altri e ha tutto il diritto di vivere nella natura».
Il famoso pony di Ursula
La proposta di declassare l’animale a specie (solo) protetta, presentata dalla Commissione europea nel 2023, ha ricevuto endorsement pesanti: in primis quello della presidente dell’esecutivo Ue Ursula Von der Leyen – pare anche a seguito dell’uccisione di un suo pony da parte di un lupo, poi abbattuto. Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, ha parlato di una decisione dettata dal «pragmatismo». «Il lupo è diventato un argomento politico, come tutta la conservazione degli habitat» riflette uno dei massimi esperti, Luigi Boitani, professore emerito di zoologia all’Università La Sapienza di Roma e presidente della Large Carnivore Initiative for Europe: «Mentre è una realtà biologica che va gestita con consapevolezza. Le scelte per la gestione del lupo dovrebbero essere basate su dati, sempre interpellando la scienza. Ma gli stessi dati che nel 2023 erano stati usati per rigettare il downlisting quest’anno sono diventati il motivo per dire sì a questo provvedimento, che quindi riteniamo non necessario». Si stima che in Europa i lupi siano 19 mila, in Italia circa 3.500. Al primo e ultimo “censimento”, nel 2021, coordinato da Ispra, ha partecipato Marco Antonelli, zoologo dell’Ufficio conservazione Wwf Italia. «Ci aspettiamo ora una maggiore flessibilità nella gestione del lupo, con piani di abbattimento come in Svezia e Svizzera. Ma sono piani decisi spesso in modo un po’ troppo arbitrario dai singoli Paesi». Tutti dovrebbero comunque sempre garantire lo “stato di conservazione favorevole” dell’animale, cioè la sua sopravvivenza. Ma la Svezia, dove vivono 375 esemplari, vorrebbe dimezzarne la popolazione; e in Svizzera si abbattono preventivamente interi branchi. Altra storia è quella legata al bracconaggio. «Ogni anno decine di lupi vengono uccisi», aggiunge Antonelli. «E non ci sono solo i cacciatori di frodo, ma anche i problemi legati all’ibridazione con i cani e quello dei rifiuti. «Il lupo è un animale sottoposto a forti minacce di carattere antropico», spiega Stefano Raimondi, responsabile biodiversità di Legambiente. Come a dire: non ha mai avuto vita facile. «Continuano a circolare troppe fake news, come il fatto che sia stato reintrodotto: invece è tornato spontaneamente, dopo che negli anni Settanta anche in Italia stava per scomparire. È un animale dal grande valore conservazionistico, ha ricadute positive su habitat ed ecosistemi, rispetto agli erbivori e agli altri animali che caccia, come i cinghiali». Protagonista (cattivo) di tante favole, è capace di percorrere lunghe distanze, «si muove su grande scala, temporale e spaziale», spiega Boitani. E in queste sue migrazioni ricorda un po’ gli esseri umani. Forse è proprio la sua capacità di adattamento alle radici della nostra paura atavica. Anche se il rapporto uomo-lupo è stato, ed è tuttora in molte zone, basato su forme di “convivenza” che escludono la violenza, come avviene da sempre in Abruzzo, dove i pastori si limitano a usare i cani per proteggere le greggi. D’altra parte, molte sono le realtà legate agli allevatori – e non solo – che si sono espresse a favore del declassamento. «Come europei» dice Stefano Masini, responsabile nazionale ambiente della Coldiretti, «dovremmo essere contenti perché vuol dire che la popolazione dei lupi è migliorata, non è più una specie a rischio». Mentre a rischio sarebbero i pastori, o meglio le loro attività: «La prevenzione degli attacchi dei lupi non è sufficiente, ci sono forme di conflitto non sanabili e la presenza dei predatori rappresenta un disincentivo alla pastorizia». «Capisco la reazione dei pastori» chiosa Boitani «ma pensare che si arrivi a zero danni è impossibile. Va perseguita una politica di prevenzione del danno, un compromesso è possibile. E intanto continuare a monitorare, considerato che in Italia abbiamo un piano nazionale per la gestione del lupo scritto nel 2015 mai approvato dalla Conferenza Stato-Regioni». Resta da capire l’impatto delle scelte dell’uomo su quest’animale. In bocca al lupo, ai lupi.
Sul Venerdì del 28 febbraio 2025
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