Tutto quello che sappiamo sul tumore del pancreas, che nel 2030 può diventare la seconda causa di morte per cancro

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La scomparsa dell’attrice Eleonora Giorgi ci ha ricordato che il cancro al pancreas è il quarto fra i tumori big killer, cioè a più alto tasso di mortalità, e che entro il 2030 questa neoplasia potrebbe diventare la seconda causa di morte tumorale. In che modo sarà possibile nel giro di cinque anni rallentare questa corsa?

Abbiamo girato la domanda alla Dottoressa Donata Campra, chirurgo presso SC Chirurgia Generale e d’Urgenza AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, consigliere AISP (Associazione Italiana per lo Studio del Pancreas), realtà presieduta dalla Dottoressa Silvia Carrara.

L’importanza della ricerca

«Spingendo molto sulla ricerca, probabilmente nel giro di 5 – 10 anni potremo avere dei risultati significativi, anche grazie alla rete internazionale di collaborazione scientifica: abbiamo linee di ricerca molto importanti e anche molto ben coordinate tra ricercatori di tutto il mondo, compresi quelli italiani», spiega Donata Campra. «Proprio nei nostri laboratori si sta attualmente sperimentando il vaccino antitumorale, cioè un vaccino che sostanzialmente permette all’organismo di crearsi degli auto anticorpi contro il tumore». E aggiunge: «Sicuramente, i tempi dipenderanno dai finanziamenti che la ricerca potrà ricevere, soprattutto quella di tipo indipendente, cioè non legata alle case farmaceutiche, e che vive anche grazie al sostegno diretto o indiretto dei cittadini, tramite le associazioni di malati di tumore al pancreas: le associazioni Nastro Viola, Codice Viola (viola è il colore abbinato al pancreas), e poi la Fondazione Nadia Valsecchi».

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Purtroppo quella pancreatica è una neoplasia difficile da individuare e localizzare. Come spiega l’oncologa «quello pancreatico è un tumore che ha una componente di tessuto fibroso tale da non permettere di capire bene com’è il tumore stesso, e quindi di aggredirlo efficacemente con i farmaci. La caccia a questo tipo di cellule tumorali pancreatiche è più difficile che in altri tumori», continua Campra. «Inoltre, questo tipo di neoplasia è molto subdola anche nelle sue manifestazioni, quindi nei suoi sintomi». Quando compaiono, è spesso troppo tardi: «Nell’80% dei casi il tumore non è più resecabile, (cioè non è più operabile) e, anzi, spesso in una situazione di stadio localmente avanzato o addirittura metastatico».

Presa in carico multidisciplinare, le Pancreas Unit

L’approccio a questa malattia, a detta degli oncologi, deve essere pertanto di tipo multidisciplinare: «Deve comprendere, cioè, non solo chirurghi e oncologi, ma anche tutta una serie di altre figure professionali: dal nutrizionista, al gastroenterologo, al medico esperto in cure di supporto (cure palliative), inoltre radiologi e radioterapisti», continua Campra. «Come in un team, tutti devono lavorare insieme. Chiaramente la chirurgia è importante perché se si riesce a operare un malato in fase precoce (e purtroppo non sono più del 20% dei casi), la prognosi di vita a 5 anni può passare dal 20 al 25% dei casi, quindi migliorare molto».

Nella direzione dell’approccio multidisciplinare si sta lavorando anche a livello nazionale: il Ministero della Sanità ha dato il via alla creazione delle Pancreas Unit, ovvero «unità ultra specialistiche multidisciplinari (interne a strutture ospedaliere su tutto il territorio nazionale) in cui il malato con un tumore del pancreas può avere il massimo del trattamenti possibili e il massimo della competenza specialistica. La Lombardia, in particolar modo, è molto avanti su queste strutture, ma anche le altre regioni si stanno velocemente accodando».

Diagnosi e prevenzione: si arriverà prima?

Ma, in futuro, ci sarà anche la possibilità di diagnosticare prima questo tipo di tumore? «Lo speriamo e a questo riguardo, si sa per esempio che il 10% dei tumori del pancreas sono su base familiare», evidenzia l’oncologa. «Risultano pertanto molto utili, e iniziano a essere utilizzati, i registri delle famiglie portatrici di particolari varianti genetiche (come la mutazione del gene BRCA 2 o con sindromi genetiche come quella di Peutz-Jeghers, una malattia genetica rara che causa la formazione di polipi benigni nel tratto gastrointestinale), che sappiamo essere cause predisponenti del tumore del pancreas. Se si entra in questo registro italiano di familiarità per il cancro del pancreas (ne esiste anche uno europeo) si rientra in un programma di sorveglianza in cui si raccomanda ai soggetti a rischio di fare una volta all’anno una risonanza magnetica per individuare un’eventuale patologia. La risonanza magnetica al momento è l’esame meno invasivo e allo stesso tempo più efficace per la diagnosi precoce del cancro al pancreas: lo è anche per evidenziare delle lesioni quando sono molto piccole, quindi operabili e con migliori chances di cura. Non si parla ancora di screening perché, pur essendo una neoplasia molto grave, quella pancreatica non è così diffusa come ad esempio il tumore alla mammella: l’incidenza del tumore pancreatico è di 12 casi ogni 100.000 abitanti, quindi anche se molto grave è ancora un tumore considerato meno frequente di altri. Però è un killer, perché quando ti colpisce ti atterra».

Tuttavia, sappiamo che l’incidenza di questo tumore sulla popolazione sta crescendo. «La causa non è chiara, però è un dato che di fatto possiamo vedere quasi tutti i giorni nei nostri ambulatori».



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