Il patrimonio del bosco come banca

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Un patrimonio. Di verde e di carbonio che si può catturare. Degli oltre 10,5 milioni di ettari di boschi italiani, solo poco più di tre rientrano nell’operazione della “cattura di carbonio”.

In sostanza, in quel percorso che permette di compensare le emissioni delle attività umane. Gli esperti dell’Agea (l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura), hanno fatto due conti partendo da quanto frutta oggi, sul mercato, il credito di carbonio: tra 28 e i 35 euro ogni due ettari. E il valore commerciale che sono riusciti a stimare arriverebbe a circa 110 milioni di euro. «È un’occasione importante per il mondo agricolo per compensare l’impronta umana specie nell’agricoltura – racconta Fabio Vitale, direttore dell’Agea – In un prossimo futuro proprio la compensazione dei crediti sarà essenziale per le produzioni». Stando alle stime dell’agenzia ci sono in Italia 14,1 milioni di ettari coltivati e 9,8 milioni di ettari che in linea teorica sarebbero ammissibili alla richiesta della Pac (la Politica agricola comune, ndr). Lo scorso anno agli agricoltori italiani sono arrivati 3,6 miliardi di euro di aiuti diretti ma, secondo Agea, proprio la mancata presentazione in Ue dei cinque milioni di ettari «ha portato alla perdita di 700 milioni di euro».

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LA POLITICA

Il concetto dei crediti di carbonio è essenziale per raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. In sostanza con questo sistema basato sull’investimento in azioni sostenibile e di tutela ambientale, va a compensare l’emissione inquinante che deriva da una particolare attività. E questa politica, anche in agricoltura, è declinabile in tantissimi modi: dall’accesso del consumo idrico alle emissioni energetiche per i mezzi fino all’uso di pesticidi che sono necessari per le coltivazioni più intensive. Il credito si traduce in un certificato negoziabile: quindi, tanto si emette di anidride carbonica (quindi, di fatto, si genera un debito), tanto si può compensare con l’acquisto di crediti e, dunque, di attività che catturano questa stessa CO2. Un bosco grazie agli alberi ad alto fusto ha un alto assorbimento di carbonio, va quindi a compensarsi con la stessa quantità di emissione che può esserci, giusto per fare un esempio, in un’impresa che trasforma i pomodori in un passato che poi il consumatore finale usa per fare la pasta. «Questo sistema sarà sempre di più alla base delle economie sostenibili del futuro – spiega ancora Vitale – Oggi c’è un borsino internazionale che analizza il valore dei crediti di carbonio che saranno sempre di più una grande merce di scambio».

I NUMERI

Secondo i dati di Agea la regione con la maggiore quantità di boschi in Italia è la Toscana con 1,2 milioni di ettari che ha richiesto contributi solo per 374 mila ettari. Segue la Sardegna (poco più di un milione di ettari e 549 mila ettari inseriti nella contribuzione). Al terzo posto per i boschi il Piemonte (971 mila ettari e 241 mila ettari di superficie inseriti). Poi ci sono il Trentino Alto Adige (685 mila), la Calabria (673 mila ettari), la Lombardia (662 mila), l’Emilia-Romagna (639 mila) e a seguire tutte le altre.

LA MAPPATURA

Agea ha completato la mappatura dei suoli: in pratica, con questo sistema, è possibile capire, Comune per Comune, quali sono le aree coltivate e quali quelle destinate a bosco, quali quelle che hanno partecipato alla Pac e quali no. Il controllo che è stato realizzato ora sarà analizzato anche dagli esperti del ministero delle Politiche agricole e dai tecnici del Crea (il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria). Il perché è presto detto: conoscere zona per zona lo stato dell’arte delle coltivazioni può far capire bene quali correttivi usare in risposta ai cambiamenti climatici. In sostanza, lì dove si rilevano criticità – e magari raccolti che soffrono di più della carenza idrica, per esempio – si possono così individuare correttivi molto precisi in grado, comunque, di tenere in piedi il tessuto agricolo che per anni, decenni, ha caratterizzato quello stesso territorio. «Con la mappatura del suolo produrremo un libro verde e spiegheremo cosa si può fare nelle aree più critiche, sviluppando anche progetti innovativi», precisa il direttore dell’Agenzia. Non a caso proprio nelle scorse settimane Agea ha firmato un protocollo d’intesa con Arpa Sicilia per sviluppare un sistema di rilevamento per rilevare tutti i bacini idrici del territorio. «In questo modo – prosegue Vitale – possiamo contribuire a sviluppare una politica idrica innovativa che ci consente di riorientare le produzioni verso il massimo potenziale agricolo, così da renderle più sostenibili con i cambiamenti climatici che hanno sempre di più grandi effetti sul mondo rurale».

Il sistema di mappatura fa parte del programma degli investimenti tecnologici promossi da Agea per superare il suo tradizionale ruolo di semplice erogatore di fondi e posizionarsi come agenzia di servizi rivolti al settore agroalimentare e, più in generale, al sistema della pubblica amministrazione.

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