Alessandra Morelli (già UNHCR): “Un pianeta travolto dal mito della guerra e del potere”

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Alessandra Morelli: “La corsa al riarmo drena i fondi destinati allo stato sociale, alla cooperazione internazionale, alle politiche di conversione ecologica. Oggi tutto si basa sulla forza e sul confronto militare. La guerra oggi è un sistema.”

Un pianeta travolto dal mito della guerra e del potere – Intervista a Alessandra Morelli, ex UNHCR

Lo scrittore Eugenio Cardi ha intervistato Alessandra Morelli, ex delegata dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

Buonasera Alessandra, grazie della tua disponibilità a questa intervista. Tu provieni da tanti anni di attività quale funzionario dell’UNHCR, hai visitato tanti Paesi, incontrato tante persone: cosa ti è rimasto di questa incredibile esperienza?

Il mio lavoro di trent’anni all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, UNHCR, mi ha immerso con tutta la mia fisicità nel rumore e nell’odore dei conflitti. Un’asprezza a cui non ci si abitua ma, stimolando lo sguardo dal margine, permette di riconoscere l’umano che altri scartano. Tra i conflitti ho incontrato volti e nomi, vittime innocenti della brutalità e dell’infantilismo crudele dei “grandi” che giocano alla distruzione.

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Al momento direi che purtroppo non abbiamo carenza di conflitti in questo Pianeta, anzi, ve ne sono fin troppi in tutto il mondo, sempre più feroci e aspri… Si aprono sempre nuovi fronti, continuamente, con una facilità davvero impressionante…

Sì, la guerra è facile. Come il male. Pascal lo diceva: “il male è facile, agevole, ce n’è una infinità”. Il bene è quasi unico. Come la pace, se per essa non si intende semplicemente una pausa tra le guerre, ma un tessuto di relazioni costruite sulla fatica del dialogo, sull’ascesi e l’accoglienza dell’ascolto, sull’umiltà di cedere qualcosa di proprio a favore di un bene che vada oltre se stessi.

Così come anche di diritti, se ne parla tanto ma poi in pratica è sempre più difficile riuscire a far sì che diritti umani e diritti civili siano presenti in ogni angolo del Pianeta…Anzi, mi sembra che più si va a vanti e più torniamo indietro, in tal senso…

Tra i diritti disattesi ho compreso che l’inumano è una possibilità costante dell’umano stesso. Da qui la responsabilità e l’appello a custodire, curare, nutrire l’umano stesso, costruendo con pazienza e resilienza spazi di possibilità, giustizia e crescita per tutto il creato. Agire secondo ciò che chiamo “Economia della cura” significa mettere al centro l’umano con il suo bisogno di bisognosità, la sua reciprocità a discapito del potere e il profitto, che nella maggior parte dei casi innesca la divisione e porta al conflitto.

Per non parlare della corsa al riarmo, ormai questione all’ordine del giorno anche in Europa, continuo aumento del budget di spesa in armamenti vari, mentre contemporaneamente vi è sempre più povertà…

Purtroppo non abitiamo un mondo solidale. I diritti disattesi, l’impunità e le grida degli oppressi, schiacciati dall’ingiustizia, sono sempre più evidenti. La corsa al riarmo drena i fondi destinati allo stato sociale, alla cooperazione internazionale, alle politiche di conversione ecologica. Oggi tutto si basa sulla forza e sul confronto militare. La guerra oggi è un sistema.

La guerra come “sistema”…

Le guerre – tutte le guerre, tutti gli eserciti, tutte le forme di violenza fisica immaginabili – sono conseguenze dirette di relazioni di potere fondate sulla supremazia, sulla dominazione, sulla inferiorizzazione, sull’umiliazione e l’annichilimento dell’altro, diverso da sé, percepito come nemico esistenziale.

Se l’umanità aderisce alla relazione con il bene si umanizza scoprendo la via della pace, della convivialità e della giustizia. Quando invece la ignora, la spezza, ed apre la via alla disumanità e alla distruttività, con modalità sconosciute agli animali. Quante volte nel mio lavoro ho vissuto questa trasgressione della nostra natura. Sembra davvero che i sentimenti di appartenenza ad una medesima famiglia umana si indeboliscano. Il virus della violenza si diffonde ed è presente in molti paesi, finendo per minacciare l’umanità stessa.

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E in tutto questo ci mancava solo Trump. Cosa ne pensi della nuova presidenza USA?

La sete di potere che vediamo espressa nella politica odierna, manifestata ancor più sfacciatamente dalla presidenza Trump, uomo che parla ai cuori sordi, ci rende faticoso esprimere la nostra profonda natura di cura per la comunità. Come scriveva Platone, la politica si fonda sul dato di fatto della pluralità degli uomini, trattando della convivenza dei diversi e, aggiungo, dell’etica del bene comune.

Pensando ai tanti Trump di questo mondo, alle democrature che avanzano anche nella nostra Europa, sento sconforto e profonda tristezza. Il sogno del con-vivere sembra sgretolarsi. La guerra è diventata un’identità per molte nazioni, il multilateralismo è minacciato, l’ONU è sotto attacco, la ricerca della pace è faticosa, stiamo perdendo le ragioni dello stare insieme. Sempre più, anche in Europa e nel nostro stesso paese, si percepisce una forte reazione identitaria, la logica del “prima noi”, che respinge per principio la solidarietà e l’inclusione.

Credi che possa esserci una soluzione a tutto questo, a questo senso ormai generalizzato e inquietante di sopraffazione, di egemonia totale, di nazionalismi esasperati, dell’uno contro l’altro? E’ mai possibile che siamo giunti al 2025 e siamo ancora all’homo homini lupus? Ce la faremo mai ad uscirne?

Siamo circondati da leader mondiali dalla spaventosa immaturità spirituale, con un forte senso di protagonismo da “One man show”, al limite del narcisismo. Personaggi in cui potere ed umanità sono inversamente proporzionali. Urge ricostruire una società che punti a ricostruirsi sul valore della ri-socializzazione, del tessuto quotidiano della con-vivenza, in cui l’elemento portante non sia più la sete di potere ma l’etica del bene comune.

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