Turismo Appennino: “Verso una progressiva destagionalizzazione”

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L’Appennino si trova ad affrontare una sfida sempre più difficile: il cambiamento climatico. Focalizzandoci sull’Appennino Parmense, appare evidente come le ultime stagioni invernali siano state particolarmente critiche, con nevicate sempre più sporadiche che hanno costretto gli impianti sciistici di Schia e Pratospilla a restare chiusi per gran parte del tempo. Un segnale chiaro della necessità, per il turismo locale, di reinventarsi attraverso strategie mirate a preservarne l’attrattività. La nostra inchiesta è stata realizzata con l’obbiettivo di comprendere se il turismo invernale abbia ancora un futuro in questa zona e quali iniziative stia adottando la Provincia di Parma per affrontare la situazione.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare il presidente della Provincia di Parma Alessandro Fadda, che ci ha aiutato a comprendere meglio le problematiche di cui sopra, analizzando le sfide specifiche legate alla gestione degli impianti sciistici di Schia e Pratospilla. Inoltre, ha affrontato anche la questione del rifugio Lagoni, che rappresenta una risorsa fondamentale per il turismo dell’area. Il Presidente, inoltre, ha illustrato le strategie in corso per garantire la sostenibilità e l’attrattività di queste strutture, cercando di rispondere alla crescente domanda di un’offerta turistica sempre più diversificata e resiliente, con uno sguardo più ampio anche verso i che coinvolgono l’intera provincia.

In provincia di Parma ci sono due importanti stazioni sciistiche che, fino a qualche anno fa, funzionavano con un buon regime. Ora, anche a causa del cambiamento climatico, si tratta di due stazioni in sofferenza. Pensa che si possa ancora parlare di turismo invernale in Appennino? O che ci si debba orientare su altri ambiti?

Certo. Si può e si deve ancora parlare di turismo invernale, ma sicuramente non nelle forme più classiche a cui siamo abituati. È arrivato il momento di avere il coraggio, e la responsabilità, di procedere verso una progressiva diversificazione e destagionalizzazione dell’offerta turistica. Destagionalizzazione non significa abbandono, ma ampliamento del periodo di apertura per una attrattività e una fruibilità durante tutto l’arco dell’anno. Tutto deve essere accompagnato dallo sviluppo e dalla promozione di iniziative per attrarre nuovi segmenti di domanda, in particolare al di fuori delle stagioni a più alta frequentazione, rivolti a target specifici (scuole, gruppi organizzati,
gruppi sportivi e famiglie) investendo su attività specifiche come turismo attivo, trekking, esplorazione naturalistica (anche invernale con le ciaspole), educazione ambientale, gastronomia, raccolta ed esperienza dei prodotti dell’Appennino, ritiri e team building. L’ampliamento del periodo di apertura e l’aumento complessivo dei visitatori possono creare condizioni di interesse anche per lo sviluppo di progetti di investimento privati, sempre attraverso proposte di utilizzo rivolte alle comunità locali. Un turismo di successo deve creare condizioni per una concreta sostenibilità economico-gestionale.

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Nello specifico la stazione di Pratospilla è chiusa da luglio dell’anno scorso, poiché il gestore ha rescisso il contratto. Qual è la situazione attuale? Ci sono progetti per la riapertura e il riaffidamento della stazione? Esistono difficoltà strutturali relative agli impianti?

La sostenibilità economico-gestionale si crea anche con proposte serie e concrete, oltre ad una consolidata esperienza. Nonostante gli sforzi del gestore e della Provincia questa condizione non si è realizzata. La situazione attuale vede la struttura presidiata tecnicamente per evitare danni al patrimonio. Abbiamo pronta una nuova manifestazione di interesse per la gestione estiva, che può prevedere anche affidamenti parziali dei tre elementi della struttura: impianto, bar e ristorante-hotel. I progetti sono tutti orientati proprio verso la strategia di diversificazione e destagionalizzazione dell’offerta: un bike park, un’area camper attrezzata e un nuovo punto di accoglienza alla stazione di arrivo. Tutti i progetti per cui si sta lavorando al reperimento dei fondi (già pronti 500.000 euro, tra autofinanziamento e fondi regionali-statali) saranno disponibili in primavera. Per l’impianto di
risalita non esistono problematiche strutturali, siamo nei termini delle previste revisioni, effettuate le quali l’impianto potrà ripartire, ad esempio già dotato di ganci per il trasporto delle biciclette. La struttura alberghiera e il bar ristorante sono presidiati e funzionali nel rispetto delle norme.

È passato un anno quasi dalla chiusura del rifugio Lagoni dopo lo sfratto degli ultimi gestori. Anche in questo caso come vi state muovendo per l’affidamento e per una nuova apertura? Quali progetti ci sono?

Vorrei precisare che non si tratta di uno sfratto, ma di una riconsegna dei locali, per inadempienze, dovuta per legge. È la gestione di un bene pubblico e, come tale, segue regole precise. L’Amministrazione uscirà a breve con un nuovo bando per l’affidamento della conduzione, un bando tarato sulla reale domanda e sul reale interesse dei frequentatori della montagna. Capiamo il disagio derivante dalla chiusura, crediamo nell’urgenza della riapertura, ma anche in questo caso serve il coraggio di ripartire cambiando rotta: offrire servizi di qualità orientati a soddisfare diversi interessi. L’obiettivo è quello di trasformare il rifugio in un punto di riferimento per attività naturali e sostenibili, promuovendo un turismo rispettoso dell’ambiente e focalizzandosi sulle esperienze all’aperto e sull’accoglienza. Pensiamo ad un rifugio che combini l’autenticità della montagna con una gestione moderna e sostenibile, promuovendo attività all’aria aperta, servizi per gli sportivi e accoglienza, ma mantenendo il focus sulla qualità dell’esperienza, piuttosto che sul turismo di massa. Stiamo lavorando con il Parco e il Comune di Corniglio per prevedere forme di accessibilità green, cercando di risolvere le criticità della viabilità di accesso, sempre nel rispetto dei diversi interessi.

Avviandoci verso la bella stagione, che progetti avete per il turismo nella stagione estiva? Su cosa può puntare l’Appennino?

Più che un progetto, un nuovo modo di operare aumentando la capacità di fare rete con altri attori pubblici come Comuni, Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano, Ente Gestione Parchi e Biodiversità Emilia Occidentale, coinvolgendo possibili soggetti privati proattivi e capaci di integrarsi positivamente con le realtà locali creando sinergie e nuove esperienze. Un aumento della capacità di promozione di iniziative turistiche di richiamo, quindi un aumento dell’impatto del turismo sul sistema locale. Lavorare sul rafforzamento dell’identità territoriale e il miglioramento dei servizi turistici offerti, con ricadute sul tessuto economico e sociale, sul territorio ed incremento dell’occupazione giovanile.

Ci siamo concentrati di più sulla situazione nell’Appennino. Per quanto riguarda il turismo in provincia in generale, avete in programma dei progetti particolari?

Come ente non abbiamo competenze specifiche in materia di turismo, ma la nostra scelta è quella di lavorare fianco a fianco con i Comuni nella valorizzazione dei territori, favorendo quelle infrastrutture di servizio necessarie per una proposta turistica competitiva e sempre più attrattiva. Guardando al resto del territorio posso sottolineare gli ottimi risultati raggiunti dal Musei del Cibo del Parmense che, nel corso del 2024, hanno accolto più di 35mila visitatori. Il nostro intento è quello di fare in modo che tutte le eccellenze culturali, gastronomiche e naturalistiche del Parmense possano essere sempre meglio collegate tra di loro incentivando, ad esempio, il potenziamento della rete ciclabile per favorire quel turismo slow che molto bene si abbina ad un territorio come il nostro. Tra i progetti seguiti direttamente dalla Provincia, inoltre, ce n’è uno legato al mantenimento del Patrimonio che permetterà di creare un ulteriore volano di crescita per il turismo. Mi riferisco al progetto di restauro relativo alla Reggia di Colorno – facente parte della Rete delle Residenze Reali Europee – che è stata destinataria di un finanziamento di 5 milioni di euro dal Ministero dei Beni culturali. I lavori consentiranno la valorizzazione e l’estensione degli spazi museali in particolare attraverso il completamento dei restauri del Piano Nobile del Palazzo Ducale e il conseguente “ritorno a corte” dei beni e degli arredi originariamente locati in Reggia e oggi dispersi in Italia. Ci sarà un restauro conservativo e una generale valorizzazione anche degli spazi esterni (cortili e parco della Reggia) del complesso monumentale.

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