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Se la Lega è in grado di lavare i panni sporchi in casa, si vedrà nel corso del prossimo mese. Il Carroccio andrà a congresso il 5 e 6 aprile per eleggere il nuovo segretario, ma sulla candidatura unica di Salvini c’è più di un dubbio. Già la scelta della città in cui tenere l’evento è stata foriera di discussioni interne: la posizione naturale sarebbe stata a Milano o comunque nel nord Italia, dove il partito è più radicato, ma dalla corrente salviniana arrivavano pressioni per la Calabria. L’idea era di consolidare la crescita in corso al Sud, ma i timori per le possibili contestazioni contro il ponte sullo Stretto hanno portato ad abbandonare il progetto. Alla fine li ha convogliati su Firenze, sperando di sfruttare la scia per le elezioni regionali di fine giugno in Toscana. Il congresso federale sarà comunque anticipato da tre grandi assemblee programmatiche in Veneto, Marche e Campania.
È INVECE ANCORA APERTA la partita sullo sfidante dell’attuale leader, nonostante le rassicurazioni ufficiali del partito. «Credo che Salvini sia l’unica persona in questo momento in grado di guidare il movimento», aveva detto qualche giorno fa il ministro Calderoli, che ieri ha annunciato le date del congresso federale. Lo stesso Salvini ha additato come «ricostruzioni fantasiose» quelle sulle divisioni interne e sulla possibilità di corsa a due. Eppure i malumori nei confronti del Capitano, che ha traghettato il Carroccio verso il precipizio di consensi, sono piuttosto elevati. In prima linea c’è il presidente del Veneto Luca Zaia, che però si è chiamato fuori dalla candidatura a segretario («lo escludo, devo pensare al Veneto») e spera ancora nel miracolo del quarto mandato. D’altronde, si vocifera tra i quadri del Carroccio, «fuori dal Veneto Zaia non ha appeal».
MA LA CORRENTE anti-Salvini non si ferma al Doge. Tra le voci più critiche c’è il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari che pochi giorni fa, in un retroscena pubblicato da Il Giornale, ha espresso malumori per le posizioni di Salvini in politica estera. «Il 90% di noi non la condivide» era la dichiarazione attribuita al deputato, che nelle ore successive ha smentito e sminuito. Tuttavia, spiffera un parlamentare leghista al manifesto, Molinari starebbe valutando le carte per giocarsi la candidatura contro Salvini. Una possibilità che però non convincerebbe tutta la corrente antagonista, per lo scarso carisma che il capogruppo avrebbe come leader. Altre figure di primo piano pronte a esporsi, per ora, non si vedono. Lo stesso Salvini starebbe meditando se una seconda candidatura debole, e dunque una vittoria, lo farebbe uscire più rafforzato rispetto alla corsa solitaria. Ma al momento prevale la linea del dimostrare unità, che però è tutta di facciata.
IL CONSENSO del Carroccio è in caduta libera, divorato da destra da Meloni, che sta pure lavorando per espugnare la roccaforte del Veneto e presentare un candidato di Fdi per il centrodestra alle regionali del prossimo autunno. Un tentativo che Salvini sta avendo difficoltà ad arginare, aumentando i malumori nel partito. Le fila di chi spera in un cambio ai vertici sono folte. Oltre a Molinari, tra i big figurano il vicepresidente del Senato Centinaio, il ministro dell’Economia Giorgetti e l’ex deputato Christian Invernizzi. Quest’ultimo, non ricoprendo cariche istituzionali, è tra i più attivi a esprimere pubblicamente il dissenso: lo scorso dicembre si è ritirato in polemica dalla corsa a tre per la segreteria lombarda della Lega, definendo il congresso regionale «una farsa».
A ESSERE ELETTO è stato il capogruppo in Senato Romeo, che seppure non inquadrato nella corrente anti-Salvini, è comunque tra coloro che spingono per un ritorno alle origini della Lega, quella nordista e secessionista, dalla quale il segretario si è allontanato. Gli sviluppi si vedranno nei prossimi giorni. Anche se l’ordine dall’alto è non far trapelare nulla, la tensione è alle stelle e non sono da escludere colpi di mano. A decidere sull’elezione del segretario saranno circa 400 delegati eletti dai militanti nei congressi regionali della Lega. Il congresso federale sarà anche occasione di propaganda, con la partecipazione di parlamentari nazionali ed europei e la possibilità di assistere per tutti i sostenitori.
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