Dietro lo sfarzo della stagione dei premi cinematografici della cerimonia degli Oscar il 2 marzo, Hollywood sta combattendo una battaglia per mantenere il suo posto al centro del business cinematografico globale. Nessuno dei 10 candidati al miglior film celebrati al Dolby Theatre di Hollywood è stato girato a Los Angeles, sede della maggior parte delle principali società cinematografiche da oltre un secolo.
“Wicked”, ad esempio, un prequel del classico film “Il Mago di Oz”, è stato girato in Gran Bretagna, ad esempio.
La produzione cinematografica e televisiva sta abbandonando Hollywood da anni, dirigendosi verso località con incentivi fiscali che rendono le riprese più economiche. I membri della troupe speravano in una ripresa a Los Angeles dopo gli scioperi degli sceneggiatori e degli attori nel 2023, ma le statistiche mostrano che la ripresa è stata lenta.
Incendi a Los Angeles e gli scioperi nel mondo del cinema
Gli incendi che hanno distrutto alcune zone di Los Angeles a gennaio hanno accelerato le preoccupazioni che i produttori possano guardare altrove e che gli operatori di ripresa, i costumisti, i tecnici del suono e altri lavoratori dietro le quinte possano trasferirsi fuori città piuttosto che cercare di ricostruire nei loro quartieri.
«Ci sono molte persone che non lavorano da un po’ di tempo a causa degli scioperi e di tutto il resto, e ora degli incendi – ha affermato Samantha Quan, produttrice del film candidato all’Oscar “Anora”, girato a Brooklyn, New York e Las Vegas – Penso che sia stato un buon campanello d’allarme per tutti per spingere la produzione a tornare a Los Angeles».
I sostenitori hanno lanciato una campagna “Stay in LA”, sperando di capitalizzare la buona volontà verso gli abitanti di Los Angeles dopo gli incendi.
Una petizione chiede ai politici di eliminare il tetto agli incentivi fiscali per le riprese cinematografiche in città per i prossimi tre anni, come parte dello sforzo di recupero dell’incendio.
Inoltre, si chiede agli studios di impegnarsi ad aumentare la produzione a Los Angeles di almeno il 10% nei prossimi tre anni.
Proposte della politica per incentivare la produzione a Los Angeles: “Stay in LA”
Gavin Newsom, il governatore democratico della California, ha proposto di aumentare i crediti fiscali per il cinema e la TV dello Stato a 750 milioni di dollari all’anno, rispetto ai 330 milioni di dollari annui.
La regista Sarah Adina Smith, organizzatrice della campagna “Stay in LA”, ha dichiarato di appoggiare tale aumento, ma ha chiesto allo Stato di fare ancora di più, tra cui rendere più facile il rilascio dei permessi.
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Più di 21.000 persone hanno firmato la petizione “Stay in LA”, tra cui grandi nomi come Kevin Bacon, Zooey Deschanel, Bette Midler, Keanu Reeves e Olivia Wilde.
«Spero che le persone si rendano conto di quanto sia importante portare posti di lavoro a Los Angeles – ha dichiarato Susan Sprung, Ceo della Producers Guild of America – Abbiamo le migliori troupe del mondo. Abbiamo i migliori produttori del mondo. La maggior parte delle persone vive qui. Vogliono lavorare a casa».
Luoghi preferiti per le riprese al di fuori degli Stati Uniti
I dati sulle autorizzazioni mostrano che la produzione a Los Angeles nel 2024 è scesa al secondo livello più basso mai registrato, davanti solo all’anno Covid-19 del 2020. La produzione è scesa del 5,6% dal 2023 al 2024, a 23.480 giorni di riprese, secondo FilmLA.
Un sondaggio condotto da ProdPro tra i dirigenti ha rilevato che la California è il sesto luogo preferito per girare nei prossimi due anni, dopo Toronto, Gran Bretagna, Vancouver, Europa centrale e Australia.
Anche se gli studios, tra cui Walt Disney e Netflix, hanno ancora sede a Los Angeles, la situazione potrebbe cambiare, ha dichiarato la scrittrice Alexandra Pechman, organizzatrice di “Stay in LA”.
Duncan Crabtree-Ireland, direttore esecutivo nazionale del sindacato degli attori SAG-AFTRA, ha dichiarato di essere ottimista dopo i colloqui con gli amministratori delegati di Hollywood. Un dirigente gli ha detto che si sono impegnati a girare 60 progetti a Los Angeles quest’anno.
«Penso che vedremo questa ricostruzione, ma per me non sarà mai abbastanza veloce – ha detto Crabtree-Ireland – Vorrei che fosse immediato».
La notte degli Oscar
Gli Oscar di domenica riconosceranno gli incendi e celebreranno la capacità di ripresa di Los Angeles, secondo gli organizzatori. Alcuni oratori potrebbero cercare di raccogliere il sostegno per mantenere la produzione a Hollywood, come hanno fatto in occasione di altre premiazioni.
In occasione dei Critics Choice Awards di febbraio, il co-creatore di “Hacks” Paul W. Downs ha esortato i potenti del settore a insistere per le riprese in città.
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«Più diciamo alle persone che giriamo a Los Angeles, più ci sentiamo dire: Siete così fortunati – ha detto Downs – Non dovrebbe essere così, perché questa è una città industriale e dovremmo avere più produzioni a Los Angeles». «Sento che le persone in questa sala hanno il potere di farlo accadere – ha aggiunto Downs – quindi dobbiamo chiedere di girare i nostri spettacoli qui a Los Angeles».
Il cinema di Hollywood come prodotto di consumo
Il cinema di Hollywood è favorito da una grande disponibilità di capitali e da un pubblico che passa in pochi anni da 40 a 80 milioni di spettatori. Inoltre c’è la possibilità di esportare i propri prodotti cinematografici in tutto il mondo.
Il film è visto essenzialmente come un prodotto di consumo e la sua produzione è strutturata rigidamente in un sistema verticale di cui gli Studios controllano tutte le fasi, dalla scrittura alla distribuzione.
Gli sceneggiatori, gli attori e i registi sono impiegati pagati molto generosamente al servizio del produttore, ed il film deve esistere solo se produce un buon profitto.
Molte case di produzione decidono di costruire i propri cinema in ogni parte della nazione per massimizzare i profitti.
Le sale che non appartengono ai grandi studi sono costrette fin da quell’epoca a prenotare il film con un sistema chiamato Block Booking: gli esercenti vengono costretti a prenotare interi pacchetti dei film degli studios, che comprendono film minori insieme ai grandi successi. Questa è ancora una pratica quotidiana per gli esercenti di tutto il mondo oggi.
Numeri e Impatti dell’Industria dell’Intrattenimento
Il cinema americano oltre a rappresentare una forza economica dominante, con un fatturato annuale che supera i 50 miliardi di dollari, svolge un ruolo significativo nel sostenere milioni di posti di lavoro.
In California, questo settore contribuisce significativamente all’economia statale, rappresentando circa il 2,5% del PIL dello stato.
La crisi di Hollywood, dagli scioperi al taglio dei costi
Hollywood è in crisi di liquidità e non si girano più film, ma questo è emerso chiaramente già dalla scorsa estate.
Dare ancora la colpa al Covid e agli scioperi di sceneggiatori e attori, ormai sembra riduttivo. Un curioso articolo era apparso sulle testate italiane nel giugno 2024, della notizia nessuna traccia però sulle testate estere.
Si tratta dell’impressione tratta da alcune voci di italiani che lavorano nel settore produttivo o nei cast tecnici di film o serie che si gira(va)no ad Hollywood.
Per queste fonti, in sintesi, ad Hollywood non gira più in soldo e si fatica a lavorare. Per primo parla un produttore, Michele Greco: “Ho appena fatto un pilota per Nbc, ma non qui, ad Atlanta. Girare a Hollywood ormai è un salasso: tra le paghe della troupe e gli affitti di materiali, macchinari, location e teatri, un giorno di riprese a Los Angeles costa quasi il doppio che in Georgia. Non conviene a me, ma nemmeno ai grossi Studios che hanno perso una valanga di soldi dopo il Covid e durante lo sciopero”.
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Sempre nello stesso periodo sul sito di Sky viene segnalato che in merito al tax credit, la California offre 330 milioni di dollari all’anno, New York ne mette 700 e la Georgia non ha limite.
Insomma, per produrre film o serie statunitensi meglio migrare lontano da Los Angeles o addirittura dagli Stato Uniti, cosa che si fa peraltro da tempo con set spesso in Canada o nell’est europeo.
Effetto degli scioperi
La situazione dell’industria cinematografica a Hollywood è critica: gli effetti degli scioperi, la competizione internazionale, la contrazione delle produzioni e la fuga degli spettatori dai cinema stanno mettendo a dura prova un settore che sembra lontano dal ritrovare la sua stabilità.
Nel 2024 Hollywood non è ancora ripartita dopo gli scioperi di sceneggiatori e attori che hanno paralizzato le produzioni per sei mesi nel 2023. Il settore cinematografico registra la più drammatica contrazione degli ultimi trent’anni.
Telespettatori in fuga dal cinema
La crisi è aggravata dalla fuga degli spettatori dai cinema e dal calo degli abbonamenti alle piattaforme di streaming. Le previsioni indicano che gli incassi del 2024 in Nordamerica saranno pari a 8 miliardi di dollari, con una diminuzione del 10% rispetto al 2023 e del 30% rispetto al 2019.
Walter Volpatto, esperto di color correction, afferma: “È cambiato tutto. Non si torna indietro. Le Major ormai devono compiacere la Borsa più che produrre buon cinema”.
Secondo lo U.S. Bureau of Labor Statistics, ad aprile 2024 il livello di occupazione sui set e negli studi di registrazione ha segnato una contrazione del 20% rispetto a prima della pandemia. L’ente FilmLa ha calcolato che nel primo trimestre dell’anno le riprese sono diminuite dell’8,7% rispetto al 2023, con un calo del 16,2% per le serie TV.
Non è soltanto questione di soldi: nel 2024 gli incassi del botteghino americano hanno superato i 9 miliardi di dollari per la prima volta dal 2020, ma è vero anche che si è ancora lontanissimi dalle cifre – 11 miliardi – del 2019.
Hollywood resta la più ricca e remunerativa delle industrie cinematografiche, e non ci sarebbe da preoccuparsi se questa fosse soltanto questione di soldi e non anche una di identità.
“Existential crisis” è una definizione che si è letta spesso nell’ultimo anno in tutti gli articoli e i libri che hanno provato a raccontare lo stato della Settima arte negli Stati Uniti.
L’industria Hollywood
Che Hollywood somigli sempre di più a un’industria vera e propria, una del settore primario o secondario, lo si capisce dall’evento che ne ha segnato la storia recente: lo sciopero degli sceneggiatori e degli attori.
Le richieste di chi scioperava fino al giugno 2024 erano identiche a quelle di qualsiasi lavoratore che sciopera: essere pagati meglio e tutelati di più, avere la garanzia che le loro idee e le loro fattezze non venissero sostituite con contenuti generati dall’AI. I problemi che hanno reso inevitabile quello sciopero non si sono certo risolti con l’accordo tra le parti.
La visione degli “apocalittici”
Gli apocalittici dicono che stavolta non ci si trovi davanti all’inceppamento della macchina ma alla sua rottura.
L’entertainment industry è ormai un oligopolio dominato da un pugno di potentissimi, e nessuno di questi vuole rischiare capitale proprio in un momento in cui la contrazione dell’economia rende difficile ottenere i prestiti che sono stati l’aria che gonfiava la bolla. Si fa meno e a poco e gli spettatori si devono sorbire sempre più spesso la stessa minestra, di flopbuster in flopbuster.
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La prova della rottura della macchina non è l’impoverimento del botteghino ma lo svuotamento di una città: Los Angeles.
La classe creativa la sta abbandonando e anche la stessa professione creativa. I problemi, di nuovo, sono gli stessi che affliggono i lavoratori tutti: gli affitti sono troppo alti, la vita costa troppo cara, il lavoro paga troppo poco.
L’industry in questa epoca si sposta sull’East Cost a New York. E se proprio non si ha voglia di trasferirsi dall’altra parte del Paese, ad Atlanta e Città del Messico ci sono sgravi fiscali che rendono girare un film lì una passeggiata di salute rispetto alla corsa a ostacoli losangelina.
Chi, invece vive di tecnica vende la costosissima attrezzatura, salda i debiti, se ne va e cambia lavoro.
L’unica ragione per la quale le produzioni cinematografiche e televisive non sono tutte ferme causa mancanza di manodopera è che le produzioni ormai sono pochissime: in un anno sono diminuite di quasi il 35 per cento, dopo un decennio la bolla è scoppiata, l’adagio hollywoodiano secondo il quale everything is content si è rivelato un’illusione e si è pure scoperto che il pubblico ancora la percepisce la differenza tra film, serie tv, narrativa in generale e content, e il biglietto o l’abbonamento vuole pagarlo in cambio di (buona) narrativa.
Ed è proporzionale al numero di produzioni in meno quello di lavoratori dell’industria dell’intrattenimento che hanno deciso di fuggire da Los Angeles.
D’altronde, nessuno visiterebbe LA se non fosse la città del cinema, figuriamoci viverci e lavorarci. C’è un nuovo adagio che si sta diffondendo a Hollywood da mesi, una specie di autodiagnosi, che riprende una battuta scritta ai tempi in cui Hollywood dominava ancora, incontrastata, sul regno del cinema: «Il cinema non ha mai smesso di essere grande, è Hollywood che è diventata piccola».
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