CESSIONI DI TERRENI AGRICOLI E AREE EDIFICABILI AL TEST DELLA CONVENIENZA

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[…tra rivalutazione “a regime” e tassazioni ordinarie]

Con la rivalutazione del costo di acquisto delle quote/partecipazioni sociali, la legge di bilancio 2025 ha introdotto a regime – come abbiamo reso ampiamente noto a tempo opportuno – anche quella riguardante il costo di acquisto di terreni edificabili e a destinazione agricola.
E i termini per la loro rivalutazione sono esattamente gli stessi previsti per la rivalutazione delle quote/partecipazioni societarie.
Pertanto:

  • l’aliquota dell’imposta sostitutiva è anche qui del 18% del valore rivalutato;
  • il valore del bene di riferimento, ai fini della rivalutazione, è anche qui quello al 1° gennaio di ciascun anno;
  • e anche qui il versamento dell’imposta sostitutiva può essere effettuato in unica soluzione oppure in tre rate [la prima delle quali, proprio come l’unica rata, va versata entro il 30 novembre dello stesso anno ed entro questa stessa data va asseverata la perizia giurata prevista anche qui.

Come è facile comprendere, diventa quindi opportuno svolgere anche per questo tipo di operazioni alcune osservazioni di convenienza alla stregua di quelle sviluppate con riguardo alla cessione di partecipazioni sociali (v. Sediva News del 30/1/2025) e naturalmente, anche in questo caso, guardando ai diversi regimi di imposizione diretta applicabili.
Così come per le partecipazioni, anche queste note riguardano sempre e soltanto – come del resto avrete sicuramente già colto – le cessioni di terreni (edificabili o agricoli) operate non nell’esercizio di imprese e/o arti e professioni, perciò da “privati”.
L’argomento ancora una volta è piuttosto complesso ma tenteremo – come la volta scorsa – di essere il più chiari possibile così da fornire anche qui qualche utile indicazione sul da farsi a vantaggio di chi è in procinto di compiere un’operazione del genere.
Iniziamo dai terreni agricoli.
Cessione di terreni agricoli. Se dalla vendita di un terreno agricolo scaturisce una plusvalenza – cioè, lo sapete, una differenza positiva tra il prezzo di cessione ed il costo d’acquisto – questa diventa imponibile soltanto se tra l’acquisto e la cessione non siano trascorsi più di cinque anni [art. 67, lett. b) TUIR].
Peraltro, non si pone mai alcun problema di tassazione neppure quando il terreno è stato acquisito per successione [anche quindi se la cessione a terzi sia effettuata nel quinquennio]; se, poi, è acquisito per donazione, ai fini del calcolo del quinquennio si deve fare riferimento alla data di acquisto da parte del donante [e non a quella di “passaggio” dal donante al donatario poi cedente].
L’eventuale plusvalenza imponibile deve essere indicata nella dichiarazione dei redditi del cedente e, confluendo con gli altri redditi eventualmente posseduti nel reddito complessivo del cedente stesso, sconta l’imposta personale in base alle aliquote proprie degli scaglioni di reddito “coperti” dal medesimo reddito complessivo: non è prevista, infatti, per le plusvalenze derivanti da cessioni di terreni a destinazione agricola [a differenza di quelle derivanti da cessioni di aree edificabili, come presto vedremo] la possibilità di optare per la tassazione separata.
Poco male però, dato che, in alternativa al regime ordinario, sussiste da diversi anni un regime sostitutivo (art. 1, comma 496, L. 266/2015) per cui, a richiesta della parte venditrice in sede di rogito, può essere versata un’imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza stessa in luogo di riportarla nella dichiarazione dei redditi.
In questo quadro si inserisce, per l’appunto, la possibilità – oggi finalmente a regime, dopo oltre vent’anni di proroghe e riaperture – di rivalutare il costo del terreno corrispondendo, come anticipato all’inizio, un’imposta sostitutiva del 18% sul valore rivalutato.
Come per le partecipazioni, anche per i terreni è possibile, nell’imminenza della cessione – e quindi quando si hanno le idee chiare su quale sarà il prezzo definitivo, magari essendo già intervenuto un preliminare che contenga tutti gli elementi essenziali dell’operazione – far corrispondere, per quanto lecito e possibile, il valore rivalutato al prezzo appunto [presumibilmente] definitivo.
In questo modo, considerato che il valore rivalutato sostituisce il costo di acquisto sostenuto a suo tempo, la plusvalenza viene azzerata (o notevolmente ridotta) e il prelievo del 18% esaurisce, completamente o giù di lì, ogni carico fiscale sull’operazione.
Ora, tenuto conto che – salvi casi limitatissimi (1) – l’imposta sostitutiva del 26% è senz’altro più favorevole della tassazione ordinaria in dichiarazione, il confronto di convenienza si pone sostanzialmente tra imposta sostitutiva del 18% sul costo rivalutato e imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza.

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1. Consideriamo che dal 2025 gli scaglioni Irpef e le corrispondenti aliquote sono i seguenti: 23% fino a 28mila euro; il 35% da oltre 28mila a 50mila; il 43% da oltre 50mila; a questo punto, la convenienza del regime dichiarativo si avrebbe soltanto se la plusvalenza in questione costituisse l’unico reddito e non superasse i 28mila euro (!)


Chiamando “V” il valore periziato (leggi pure: il prezzo di cessione) e “P” la plusvalenza, il punto di “indifferenza” tra le due forme di tassazione è dato da:
18%V=26%P
Da cui:
P= (18%/26%) V= 69,32%V

Ecco che, ove la plusvalenza sia superiore al 69,32% del valore rivalutato, sarà conveniente la rivalutazione; laddove, invece, sia inferiore, la bilancia penderà a favore dell’imposta sostitutiva del 26%. (2)


2. Per situazioni di sostanziale equivalenza, considerando anche il costo della perizia, sarà per lo più conveniente il 26%.


Passiamo ora alle aree edificabili.
Cessione di aree edificabili. A differenza delle cessioni riguardanti terreni agricoli, quelle che hanno ad oggetto aree edificabili, se plus-valenti, sono sempre tassabili anche se acquisite per successione ed anche se tra l’acquisto e la cessione siano decorsi più di cinque anni [art. 67, lett. b) TUIR].
Per questi redditi, in luogo della tassazione ordinaria in dichiarazione [sempre sommando la plusvalenza agli altri redditi posseduti e scontando l’imposta personale in base alle aliquote degli scaglioni di redditi “coperti” dal reddito complessivo stesso] è possibile optare per la tassazione separata, determinando l’imposta da assolvere sulla plusvalenza in base all’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto nel biennio anteriore all’anno in cui è avvenuta la cessione.
Non è possibile, invece, per le cessioni di aree edificabilial contrario di quelle che riguardano terreni agricolioptare per l’imposta sostitutiva del 26% da versare in sede di rogito.
Per questo tipo di cessioni, quindi, la scelta deve cadere, inevitabilmente, tra l’imposta sostitutiva del 18% sul valore rivalutato (anche qui leggi: prezzo di cessione) da un lato e la tassazione ordinaria o separata, dall’altro.
Nella grande maggioranza dei casi la tassazione separata si rivelerà senz’altro più vantaggiosa e pertanto il confronto di convenienza verrà condotto per lo più tra il 18% sul valore rivalutato e l’aliquota media scaturente dal calcolo della tassazione separata che, intuibilmente, dipende dalla consistenza dei redditi del cedente nel biennio precedente alla cessione.
Ed è per questo che, per operare un giudizio di convenienza sufficientemente affidabile e preciso dobbiamo prima calcolare con attenzione questa percentuale.
Se, a titolo esemplificativo, assumiamo un valore indicativo del 36% [corrispondente a un reddito medio di 100 mila], abbiamo che:
18%V=36%P
Da cui:
P = (18%/36%) V=50%V

Ecco che, ove la plusvalenza sia superiore al 50% del valore rivalutato sarà conveniente la rivalutazione ed ove sia inferiore sarà, di contro, più vantaggiosa la tassazione separata.
Sperando di essere giunti fin qui riuscendo a rendere il discorso condotto sufficientemente comprensibile, concludiamo con un’ultima considerazione.
Nelle cessioni di aree edificabili è riconosciuta la possibilità di rivalutare il costo d’acquisto in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati; e questo – per i beni il cui acquisto risalga di molto nel tempo – può costituire probabilmente un elemento non trascurabile nei nostri giudizi di convenienza.
Sempre a titolo esemplificativo, consideriamo un terreno acquistato 20 anni fa a 10mila euro e rivenduto oggi a 20mila euro.
Il coefficiente di rivalutazione [fonte Istat] è pari a 1,435 e, assumendo il costo indicizzato di 10.000 euro x 1,435 = 14.350 euro, la plusvalenza è pari a (20.000 -14.650=) 5.650 euro contro i 10.000 euro di quella calcolata senza indicizzazione del costo.
Come vediamo, insomma, quasi il 50% in meno che potrebbe spostare non di poco la scelta tra le due forme di tassazione.

(stefano civitareale)

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