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A fronte di una situazione climatica non semplice, è buona cosa tenere d’occhio gli sforzi posti in essere per affrontare le molteplici sfide che ci vengono poste.

Questo perché, è bene ribadirlo, si stanno registrando significativi progressi nel campo delle energie rinnovabili e nella loro diffusione a livello italiano, europeo e mondiale.

Certo, si tratta solo di alcuni dei passi in avanti necessari per invertire la tendenza, ma sono pur sempre progressi tangibili.

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Ce lo ha ricordato Andrea Barbabella, Responsabile Scientifico di I4C – Italy for Climate.

Una transizione già ampiamente in corso

È sufficiente analizzare i dati registrati negli ultimi anni per capire che siamo nel pieno di una trasformazione epocale del settore energetico mondiale e che la tanto agognata transizione energetica è già ampiamente in corso. Andrea Barbabella ne è certo, in particolare per il settore della generazione elettrica: sta avvenendo una vera e propria rivoluzione, cosa ancora poco nota al grande pubblico ma che invece gli addetti ai lavori conoscono bene.

Andrea Barbabella, Responsabile Scientifico di Italy for Climate

I nuovi impianti di generazione elettrica da fonti rinnovabili realizzati a livello globale sono passati da 260 GW nel 2021, a 300 GW nel 2022, per arrivare a 470 GW nel 2023. Nel 2024 potremmo aver raggiunto – e forse addirittura superato – quota 700 GW di nuovi impianti in soli 12 mesi. La progressione è esponenziale e di questo passo l’obiettivo concordato nel 2023 alla COP di Dubai potrebbe essere tutt’altro che irraggiungibile. Per triplicare la capacità installata nel mondo di generazione elettrica da fonti rinnovabili dovremmo passare da meno di 4 mila GW del 2022 a oltre 11 mila GW nel 2030 e per questo dovremmo installare ogni anno qualcosa come 1.000 GW di nuovi impianti rinnovabili e non è escluso che si possa arrivare a questo valore anche nell’anno in corso.

Questo vorrà dire arrivare a produrre più della metà dell’energia elettrica generata nel mondo attraverso fonti rinnovabili, traguardo peraltro già praticamente raggiunto in Italia e in Europa. Questo trend, più che dalle politiche climatiche, è oramai alimentato dalle convenienze economiche che queste tecnologie hanno raggiunto e che di certo non perderanno in futuro. Ed esserne pienamente consapevoli è determinante per operare le giuste scelte in termini di politiche industriali e non rischiare di restare spiazzati sul mercato globale.

Un impatto positivo, sotto ogni punto di vista

Quando si ragiona sull’effettivo impatto delle fonti rinnovabili sull’ambiente, ci ricordano da Italy for Climate, è bene tenere a mente due aspetti fondamentali.

Il primo è che non esiste al mondo una tecnologia che non produca un impatto di qualche tipo sul pianeta, ma quello a cui dobbiamo guardare è al bilancio complessivo che questa presenta in termini di aumento o riduzione della nostra impronta ecologica.

Il secondo è che non solo il bilancio delle fonti rinnovabili – che, è bene ricordarlo, servono per uscire dalla dipendenza dai combustibili fossili – è ampiamente positivo, ma rappresentano il principale strumento a nostra disposizione per fronteggiare la più grande minaccia ambientale della nostra epoca: la crisi climatica.

A volte si ha l’impressione che nel dibattito sfugga la gravità della situazione in cui ci troviamo e che dalla nostra capacità di affrontarla dipenda la sopravvivenza stessa della civiltà così come la conosciamo.

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Tornando al punto, quindi, non ha alcun senso parlare di impatto ambientale delle rinnovabili senza considerare quello che devono sostituire, cioè combustibili fossili. In termini di quantità di risorse ambientali consumate per produrre un kWh con l’una e l’altra tecnologia, le rinnovabili hanno consumi che sono ordini di grandezza inferiori ai fossili. Tra l’altro, oltre a essere rinnovabili sono anche tecnologie ad elevato tasso di circolarità, potendo recuperare a fine vita praticamente tutti i materiali utilizzati, mentre i combustibili fossili all’interno di una centrale termoelettrica vanno letteralmente in fumo. Detto ciò, fare rinnovabili non ci esime dal farle bene, gestendo con la massima attenzione non solo gli aspetti ambientali ma anche quelli sociali, come sarebbe richiesto anche alle compagnie dell’Oil&Gas che notoriamente non sempre operano in Paesi specchiati in tal senso.

Nuove tecnologie per affrontare nuove sfide

La transizione energetica senza dubbio sarà, e in buona parte già lo è ora, un grande volano di innovazione. Ma richiederà anche lo sviluppo di un ecosistema in grado di gestire grandi quantità di dati in modo intelligente.

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Uno degli obiettivi più sfidanti sarà quello di ottimizzare il sistema energetico e di gestirlo nel modo più efficiente possibile, a cominciare dalle reti di trasmissione e dai sistemi di accumulo, fino ad arrivare all’interconnessione dei veicoli elettrici e alla gestione della domanda finale.

Questo aspetto è molto importante per poter realizzare sistemi di generazione elettrica alimentati al 100% con fonti rinnovabili, di cui una quota prevalente non programmabile, perché potrà consentire di individuare il percorso migliore in grado di minimizzarne i costi e massimizzare l’affidabilità del sistema. Oltre a questo, un altro aspetto sul quale certamente IA e big data potranno dar un contributo importante è quello della integrazione della domanda e dell’offerta. Siamo abituati a un sistema fossile, altamente centralizzato, che prevalentemente insegue la domanda. In un sistema rinnovabile, con tanto eolico e fotovoltaico, bisognerà cambiare approccio e “far parlare” domanda e offerta per adeguare quanto più possibile i consumi all’effettiva disponibilità di energia elettrica minuto per minuto. E questo, nell’ottica di una riduzione dei costi e di un aumento della sicurezza, dovrà essere fatto su scala sempre più ampia, prevedendo ad esempio una rete integrata a livello europeo, che possa mettere insieme le aree a vocazione eolica del Nord con quelle ad alta producibilità fotovoltaica del Sud.



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