L’idrogeno potrebbe avere un ruolo da protagonista nel futuro (anche italiano) dell’energia pulita, visto che la sua “combustione” non produce CO2, ma solo vapore acqueo, rendendolo un elemento chiave per provare a decarbonizzare i settori in cui è più difficile abbattere le emissioni di CO2 e che richiedono parecchia energia, come per esempio le reti dei trasporti ed in particolare il trasporto su rotaia. In Italia la Lombardia sta bruciando le tappe e nelle scorse settimane ha effettuato alcuni test di collaudo del primo treno interamente ad idrogeno che dovrebbe entrare ufficialmente in servizio entro il primo semestre 2026 nella tratta Brescia-Iseo-Edolo, in Valcamonica. Arrivato nel Bresciano dal circuito di prova di Salzgitter (Germania) grazie al progetto H2iseO, il nuovo convoglio è il primo di altri 13 treni ad idrogeno che sostituiranno l’intera flotta diesel oggi circolante in Valcamonica, grazie anche all’adeguamento tecnico e infrastrutturale delle stazioni interessate dal servizio dei nuovi treni e alla realizzazione di tre impianti di produzione di idrogeno rinnovabile (prodotto quasi senza emissioni di CO2) che saranno collocati ad Iseo, Edolo e Brescia. Il progetto H2iseO prevede anche la costruzione di quattro impianti di rifornimento, sempre di idrogeno, destinati alle attività di messa in servizio e alle successive fasi di manutenzione dei treni a Rovato, Iseo, Edolo e Brescia, nonché la realizzazione di un impianto di deposito e manutenzione dei treni a Rovato, progettato e realizzato solo per treni ad idrogeno.
Il treno a idrogeno andrà a prendere il posto dei treni diesel in servizio dove non è possibile far arrivare la linea elettrificata e per questo, secondo l’assessore regionale a Trasporti e Mobilità sostenibile Franco Lucente, “Il primo treno italiano a idrogeno è un’innovazione importante, che risponde in pieno all’esigenza di percorrere in maniera convinta la strada della neutralità tecnologica. Dobbiamo essere in grado di valorizzare tutte le fonti energetiche, trovando la giusta sintonia tra mezzi moderni, confortevoli e un servizio di alto livello ed efficiente, con un’attenzione particolare alla sostenibilità”. In Italia circa il 33-35% delle linee ferroviarie storiche hanno un problema con l’elettrificazione, sia per il costo molto elevato per elettrificarle, sia per l’impossibilità fisica di installare i cavi elettrici lungo tutte le tratte. In particolare in Valcamonica, la linea ferroviaria è una linea montana con buona parte del percorso in gallerie che non hanno le dimensioni sufficienti per installare una catenaria per l’elettrificazione del percorso. Da qui la necessità di un treno a idrogeno che possa sostituire i treni diesel e mitigare notevolmente il proprio impatto ambientale.
Tuttavia è bene ricordare che non tutto l’idrogeno è sostenibile e ciò perché dipende interamente dal metodo con cui viene prodotto. Se è ottenuto tramite un processo di elettrolisi alimentato da fonti rinnovabili, come il fotovoltaico, il suo impatto ambientale è minimo e avremo quello che viene definito un “idrogeno verde”. Si tratta in questo caso di una fonte che potrebbe svolgere un ruolo cruciale anche nell’accumulo energetico, trasformando i surplus di elettricità prodotta dalle rinnovabili in una riserva strategica da utilizzare quando il sistema energetico lo richiede. Oggi però solo il 5% dell’idrogeno prodotto nel Mondo è “verde”, il 95% viene, infatti, ancora generato a partire da combustibili fossili come gas e carbone. A sottolinearlo è stato lo studio “The green hydrogen ambition and implementation gap” pubblicato il 19 gennaio scorso su Nature, che ha monitorato tutti i 190 progetti sull’idrogeno verde annunciati a livello globale dal 2021 al 2023, annunci che purtroppo non hanno avuto grande seguito. Per gli autori dello studio il tasso di successo, cioè di realizzazione dell’impianto, è estremamente basso: “Dei 4,3 gigawatt (GW) di nuova capacità previsti, solo 0,3 GW sono stati effettivamente installati e resi operativi”. Di fatto solo il 7% delle infrastrutture annunciate è oggi operativo e nessuno dei progetti annunciati nel 2021 è stato completato nei tempi previsti, cioè entro il 2023. Di questi l’86% ha subito ritardi significativi, mentre il 14% è stato addirittura abbandonato.
Nonostante le evidenti difficoltà, lo scenario energetico dell’idrogeno nel lungo periodo viene comunque giudicato promettente dallo studio pubblicato su Nature. Il numero di progetti annunciati al 2030 è infatti quasi triplicato negli ultimi tre anni, con 422 GW di capacità annunciata. Se da un lato, quindi, nel breve periodo lo sviluppo dell’idrogeno verde è stato caratterizzato da aspettative ridimensionate, dall’altro, a partire dal 2024, le nuove proposte progettuali hanno registrato una crescita importante trainata in particolare dall’Europa, che guida il mercato con la quota più alta di capacità annunciata entro il 2030, seguita da Australia e Sud America. Ma ci sono ad oggi almeno tre importanti ostacoli che mettono a rischio la realizzazione su larga scala dell’idrogeno verde: il primo sono i costi di produzione, legati all’incremento dei prezzi dei componenti chiave delle apparecchiature; il secondo ostacolo sono l’assenza di “accordi off-take” cioè di contratti a lungo termine per l’acquisto dell’idrogeno prodotto, una condizione che riflette la scarsa propensione del mercato a investire in una fonte di energia giudicata ancora troppo costosa; il terzo elemento critico, infine, coinvolge la classe politica visto che mancano politiche di supporto al settore e, in generale, una regolamentazione più chiara, a livello mondiale, europeo ed italiano.
Secondo i ricercatori, per superare tutte queste difficoltà, sarà necessario un approccio politico basato su una strategia efficace che dovrà combinare misure di stimolo alla domanda con una progressiva transizione dai sussidi ai meccanismi di mercato riducendo il rischio per gli investimenti iniziali e indirizzando l’idrogeno verde verso le applicazioni più strategiche, come la mobilità, garantendo così un impegno stabile verso la mitigazione del cambiamento climatico e favorendo una crescita del settore. Quindi, se l’idrogeno verde ha di fatto il potenziale per svolgere un ruolo cruciale nel processo di transizione energetica, la sua diffusione globale dipenderà dalla capacità di superare gli ostacoli finanziari, regolatori e tecnologici che ancora oggi caratterizzano questo settore strategico.
Sono Alessandro, dal 1975 “sto” e “vado” come molti, ma attualmente “sto”. Pubblicista, iscritto all’Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell’Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori”, leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.
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