L’America del tycoon non può più essere considerata una partner. All’Ue non basta la produzione congiunta di armi, servono difesa e politica a livello federale
A poco più di un mese dall’insediamento è già oltremodo chiaro che gli Stati Uniti di Trump non sono più nostri alleati. Non c’è bisogno di ricordare le dichiarazioni imperialiste sul Canale di Panama, il Canada o la Groenlandia, le minacce di guerre commerciali, il suo dialogo diretto con Putin che è un dittatore sanguinario responsabile della più grave guerra di aggressione in Europa dal 1945, l’attacco del vicepresidente Vance alla democrazia europea, le insinuazioni del segretario alla Difesa Usa sulla fine della garanzia di sicurezza americana o sul ritiro delle forze statunitensi dal continente.
Con l’aggressione verbale e il tentativo di umiliazione di Zelensky davanti alle telecamere il 28 febbraio, il presidente degli Stati Uniti ha certificato la fine dell’alleanza transatlantica nata sulla USS Augusta da Churchill e Roosevelt nell’estate del 1941 contro la minaccia nazista e si vede invece emergere un nuovo asse Trump-Putin.
Non condividiamo più la stessa visione del mondo e gli stessi valori: difesa del diritto internazionale, multilateralismo e democrazia. Per quanto riguarda l’Ucraina, non siamo d’accordo con la sua collusione con Putin per imporre una soluzione che legittimi l’aggressione e non garantisca la sua sicurezza e quella dell’Europa a lungo termine.
È chiaro che non possiamo fare affidamento sugli Stati Uniti per la difesa territoriale e la deterrenza nucleare dell’Europa, e quindi nemmeno sulla Nato, almeno per come l’abbiamo intesa finora. L’alleanza militare sta entrando in un periodo di ibernazione per almeno i prossimi quattro anni. Cosa fare, in vista della riunione del Consiglio europeo di giovedì?
In primo luogo, dobbiamo diventare collettivamente consapevoli di questa nuova realtà. Fino al 28 febbraio alcuni leader dell’Ue la negavano ancora. Alcuni di loro si sono rifiutati di accettare che gli americani non sono più nostri amici, continuando a ripetere il mantra atlantista. Ciò è insostenibile.
Come la Gran Bretagna nel 1940, l’Europa è sola di fronte a un pericolo reale e presente e deve assumersi la propria responsabilità per aiutare l’Ucraina, garantire la propria competitività e sicurezza e diventare una vera potenza federale. In secondo luogo, dobbiamo integrare l’Ucraina nell’economia dell’Ue (tranne che nell’agricoltura), firmare un accordo sull’estrazione delle terre rare attraverso la Banca europea per gli investimenti e intensificare il nostro sostegno finanziario e militare.
L’aiuto degli Stati Uniti è stato finora cruciale, ma non è insostituibile. In effetti, l’importo totale degli aiuti europei è già superiore a quello Usa. L’Europa è una delle economie più forti del mondo: il Pil della Russia è appena uguale a quello della Spagna. Abbiamo non meno di 200 miliardi di euro di attivi finanziari congelati dello Stato aggressore, che dobbiamo sequestrare per armare e ricostruire l’Ucraina.
La Germania deve consegnare i missili a lungo raggio Taurus e dobbiamo rimuovere qualsiasi restrizione all’uso delle armi contro obiettivi militari russi convenzionali. Dobbiamo inasprire le sanzioni contro la flotta petrolifera fantasma russa e chiudere il commercio indiretto attraverso l’Asia centrale che le aggira.
In terzo luogo, dobbiamo affrontare la doppia minaccia geoeconomica e geostrategica posta da Trump con un nuovo piano industriale europeo finanziato dal debito comune e da nuove risorse proprie per coprire il divario tecnologico, di investimenti e competitività individuato nel rapporto Draghi e per rafforzare la nostra capacità industriale della difesa, anche attraverso la creazione di una Banca europea degli armamenti.
Una sfida esistenziale
Com’è avvenuto con la pandemia, questa è un’altra sfida esistenziale. Ma non possiamo garantire la nostra difesa collettiva solo con la produzione congiunta di armi. Dobbiamo creare una Comunità europea di difesa (Ced), con la partecipazione dell’Ucraina.
La Ced si occuperà della nostra difesa territoriale come pilastro europeo della Nato che possiamo attivare indipendentemente da Washington, applicando le basi giuridiche del Trattato di Lisbona sulla difesa comune europea e la cooperazione strutturata permanente. Se gli alleati di Trump in Consiglio dovessero bloccare queste possibilità, dovremmo crearle con un trattato ad interim separato, da integrare nella cornice Ue il prima possibile.
Proponiamo di estendere il raggio d’azione della deterrenza nucleare a tutti gli stati membri Ue che desiderino partecipare al finanziamento dell’arsenale francese. Parallelamente dobbiamo rafforzare la nostra unione politica, eliminare i veti nazionali e conferire ulteriori poteri al Parlamento europeo, attraverso la riforma federale dei trattati proposta dal Parlamento Ue nel 2023.
I benpensanti esitano ancora, ma cos’altro deve succedere per reagire? I carrarmati russi alle porte di Kiev o Varsavia? Bisogna scegliere: gli Stati Uniti d’Europa o TrumPutin.
Guy Verhofstadt è presidente del Movimento europeo internazionale, ex eurodeputato ed ex premier del Belgio. Domènec Ruiz Devesa è presidente della Unione dei federalisti europei ed ex eurodeputato
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