Multe in 3 anni: l’auto può tirare il fiato ma non il freno

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 


Per una volta l’Europa gioca d’anticipo. Aspettiamo per domani le indicazioni sul futuro dell’automotive continentale ma già ieri la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha reso noto un punto chiave della strategia, quello relativo al nodo delle multe: ci saranno tre anni di tempo invece di uno per adeguarsi agli standard di conformità, evitando così le sanzioni che sarebbero scattate da quest’anno. Dopo l’apertura alle ibride plug-in oltre il 2035, è un altro passo importante per far respirare il settore.
Quella delle multe è una spada di Damocle pericolosa che pende sul capo dei Costruttori, all’incirca 15 miliardi di euro secondo stime ampiamente condivise perché oggi come oggi praticamente nessuno – nonostante gli acquisti di quote «verdi» dai primi della classe, leggi Tesla – è in regola con le emissioni medie di Co2 che impongono uno stringente limite di 93,6 grammi per km, con sanzioni di 95 euro a grammo oltre il limite per auto venduta. Un potenziale bagno di sangue per un settore che già sta vivendo il passaggio epocale della transizione energetica in un contesto geopolitico ed economico particolarmente difficile.
Che l’aria fosse cambiata a Bruxelles era evidente da mesi, fin dal voto di ormai nove mesi fa, e un intervento a favore del settore era atteso, ma non scontato. Attenzione, però: Bruxelles ha comprato un po’ di tempo ma la von der Leyen ribadisce che «dobbiamo attenerci agli obiettivi concordati». Questo significa che il tema è tutt’altro che risolto, anche perché non sappiamo ancora se fra tre anni verrà fatto pagare un conto unico e, nel caso, di quale entità. L’Europa, però, dà finalmente ascolto alle voci che chiedono più pragmatismo ma non è detto che inverta del tutto la rotta tracciata dal «green deal» che soffriva fin dall’origine di un approccio eccessivamente dogmatico, di tempi irrealistici di attuazione, di mancanza di sostegno a un settore in ritardo nelle infrastrutture, povero delle materie prime necessarie a produrre i veicoli elettrici e vincolato a filiere di fornitura lunghissime e che non è in grado di controllare.
Molti costruttori erano addirittura arrivati a dire nelle scorse settimane che sarebbe stato meglio non produrre auto con motori endotermici piuttosto che sborsare miliardi in sanzioni, in pratica la negazione del modello stesso di impresa. Ora, salvato il portafoglio dalle multe, possono tirare il fiato ma non il freno: è necessario continuare a investire e innovare perché nonostante il «drill baby drill» trumpiano non si tornerà indietro anche se è verosimile una ridefinizione dei target e una base più ampia di soluzioni tecnologiche per ridurre l’impatto delle emissioni.
Il problema ci riguarda molto da vicino. Più di quanto pensiamo: proprio ieri si è riunito a Bologna il tavolo regionale sull’automotive che rappresenta in Emilia Romagna la bellezza di 388 aziende, il 12,5% del totale nazionale, con 686 unità locali, ventimila addetti, 12 miliardi di fatturato e 9,8 di export. Ed è una buona notizia che il vicepresidente della Regione con delega allo Sviluppo economico, Vincenzo Colla, prometta di portare all’attenzione della Commissione e dell’associazione Automotive Regions Alliance le istanze emerse: la decarbonizzazione della mobilità con l’adozione di un mix di tecnologie, dall’idrogeno all’utilizzo di carburanti di origine non fossile.
C’è poi la questione «politica». Rivendicare il successo con toni entusiastici da parte del Governo italiano – da sempre contrario ai target fissati dal «green deal» – è più che comprensibile ma non si riduca a una sterile appropriazione del merito. Occorre invece un approccio ancora più concreto e focalizzato sul settore favorendo da un lato gli investimenti in ricerca e sviluppo e dall’altro le condizioni di sviluppo delle infrastrutture perché molti Costruttori a livello mondiale – da Bmw a Kia – stanno già mettendo a terra piani ambiziosi che prevedono più modelli elettrificati, maggiore efficienza e grande flessibilità nelle linee di produzione per rispondere alla domanda del mercato.
«Ora avanti con la piena neutralità tecnologica, l’autonomia strategica nella produzione di batterie e un piano incentivi europeo» esorta il ministro Adolfo Urso, e non si può che sottoscrivere: domani capiremo meglio se la strategia europea andrà davvero in quella direzione, altrimenti limitarsi a spalmare i target nel triennio si rivelerà un timido pannicello. Un po’ come quando ci si vanta della crescita dell’ibrido anche quando si limita a un misero, impercettibile, «aiutino» da 12 Volt.

© Riproduzione riservata





Source link

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link