La premier parla e non dice niente. Come al solito gioca in casa, in questo caso la trasmissione di Raiuno XXI Secolo, e dunque non fatica ad aggirare le domande e rispondere per slogan. Ma qualcosa si capisce lo stesso. Quando l’intervistatore, Francesco Giorgino, la pungola su Zelensky finge di non sentire e replica con una tirata da copione fisso contro l’opposizione. Per la missione in cui è impegnata, provare a riavvicinare Usa e Ue, il presidente ucraino è uno scoglio e forse di quelli insuperabili. A palazzo Chigi ammettono che l’Italia e l’Europa non possono mollare l’uomo che hanno acclamato per due anni come massimo eroe della libertà. Se Trump reclama la sua testa il guaio è grosso. Grossissimo.
IL NO ALLA PROPOSTA anglo-francese di missione militare in compenso è esplicito e del resto già ufficiale: «È molto complessa nella realizzazione. Non sono convinta che sia efficace. Non manderemo soldati italiani». Sfida anzi l’opposizione: «Quando chiedono se sto con gli Usa o con l’Europa, come se gli Usa non fossero nostri alleati, vogliono dire che dovremmo mandare i soldati italiani? Sarebbe bene che le posizioni fossero chiare».
Il no tondo alla proposta di Starmer e Macron, peraltro lanciata solo per far vedere che esistiamo anche noi europei, è però ammantato di mielosa diplomazia. Le divisioni sembrano profonde ma non è così. L’obiettivo è comune e condiviso, pace giusta e stabile anzi definitiva, «e come si fa?». Ottima domanda alla quale la premier non dà risposte. Un’idea ce l’ha, giocare su quell’art. 5 della Nato estendendolo anche all’Ucraina pur senza accettarla nell’Alleanza. In concreto impegno a intervenire se attaccata “come se” fosse un Paese Nato. Come ipotesi è meno campata per aria della missione dei francesi e degli inglesi. Dato e non concesso che la Casa Bianca sia d’accordo perché senza gli Usa nemmeno se ne parla.
Entro pasqua, probabilmente prima della fine di marzo, Meloni sarà a Washington con un’agenda limitata a due questioni, entrambe però vitali: guerra, incluso il capitolo riarmo, e dazi. L’amica italiana è convinta che il presidente americano forzi i toni per parlare alla sua base e che poi, alla prova dei fatti, si dimostrerà più duttile. Forse ha ragione, forse è un wishful thinking. Sui dazi evita polemiche: «Quella di amico e nemico in materia di esteri è una categoria particolare. Io ho molti amici ma faccio gli interessi dell’Italia e così fan tutti. Ma una guerra commerciale non conviene a nessuno. Il problema del surplus, che non è stato posto per primo da Trump, si può risolvere con gli accordi invece che con l’escalation».
QUEL CHE MELONI NON DICE, e che nessuno le chiede, è quanto l’Italia e l’Europa siano disposte a pagare per quegli accordi, in materia di dazi ma anche di politica estera. La Casa Bianca vuole che il peso della difesa dell’Ucraina, ma in realtà della difesa in generale, ricada in misura molto maggiore del passato sull’Europa. Il plenipotenziario FdI in Europa Fidanza conferma che «in maggioranza c’è accordo sull’aumento delle spese militari». Però aggiunge che c’è accordo anche sulla necessità che quelle spese siano escluse dai conti del Patto di Stabilità e in materia, nonostante le aperture di von der Leyen, la situazione è ancora molto incerta: di certo non tutte le spese saranno espunte dal calcolo, altrettanto certamente l’obiettivo del 2,5% di spesa per le armi per l’Italia è proibitivo.
SULL’UCRAINA IL CAPITOLO tregua al momento è il più spinoso. Lo scontro tra Trump e Zelensky è stato innescato proprio da pareri opposti in materia: per l’Ucraina, sostenuta dall’Europa, la tregua è possibile solo nel quadro di una soluzione complessiva, insomma della pace. Per Trump deve essere raggiunta subito e poco importa se ciò implica vantaggi immensi per la Russia. Ma se l’America chiude i cordoni della borsa per rappresaglia contro la disobbedienza di Zelensky sulla tregua i costi andranno tutti a carico dell’Europa, Italia inclusa.
Di questo avrebbe dovuto parlare ieri sera Meloni e si può capire che non avesse voglia di farlo. Ma nel giro di pochi giorni, che le piaccia o meno, quei capitoli molto peggio che spinosi sarà costretta ad affrontarli. E anche a parlarne apertamente.
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