Maternità, una donna su 5 lascia il lavoro. L’importanza dei nidi

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  • In Italia 1 donna su 5 lascia il lavoro dopo la maternità. Investire in asili nido e scuole dell’infanzia è fondamentale per invertire questa tendenza.
  • Con il 55,3% di giovani madri occupate l’Italia è uno dei paesi europei dove il divario tra donne e uomini con figli occupati è più marcato.
  • Nei comuni in cui c’è maggiore offerta di nidi si registra il minore squilibrio tra tasso di occupazione maschile e femminile.
  • Sono tutti del centro-nord i 10 comuni capoluogo con più occupazione femminile. In queste città l’offerta di servizi prima infanzia supera la media nazionale.

Il potenziamento dell’offerta di posti negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia è un obiettivo molto importante per gli evidenti benefici su bambini e bambine, sia in termini di capacità di apprendimento che di crescita personale e sviluppo sociale. Ma un altro elemento rilevante è rappresentato dal fatto che la presenza dei nidi può facilitare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Queste strutture infatti sono anche uno strumento importante a supporto delle famiglie per conciliare meglio i ritmi vita-lavoro.

Al contrario, dove questo servizio non è presente, nella maggior parte dei casi sono le donne – per stereotipi di genere radicati – a lasciare l’impiego per farsi carico del lavoro di cura familiare.

1 su 5 le donne che fuoriescono dal mercato del lavoro a seguito della maternità (dossier camera).

Purtroppo l’Italia è uno dei paesi europei in cui questa dinamica è più marcata. In base ai dati Eurostat infatti il nostro paese si caratterizza per un divario molto ampio tra i genitori che lavorano. Per riavvicinare il tasso di occupazione femminile alla media europea, e ridurre i divari all’interno del paese, è quindi essenziale l’estensione dei servizi per la prima infanzia e la loro accessibilità in termini economici. Un legame individuato anche a livello continentale, e su cui da anni investono anche le politiche Ue.

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Increasing participation in formal early childhood education and care (ECEC) could significantly improve the labour market activity of mothers in low-income households. Yet, accessible, affordable, and high-quality ECEC remains limited in a number of Member States” – Commissione Europea, Employment and Social Developments in Europe 2023

Purtroppo a questo tema non sempre viene riservata l’attenzione che meriterebbe. E questo crea un circolo vizioso, soprattutto nei territori dove le donne lavorano di meno. Il rischio è che proprio in queste aree l’esigenza di servizi per la prima infanzia venga considerata secondaria, quando invece rappresenta la premessa per invertire tale tendenza. Per questa ragione un cambio di prospettiva è necessario.

Il livello di occupazione delle madri in Europa e in Italia

Incrementare la presenza delle donne nel mondo del lavoro era uno degli obiettivi individuati nel 2002 a Barcellona per quanto riguarda gli asili nido e le scuole dell’infanzia. In quel contesto si stabilirono soglie europee per definire il livello minimo di presenza di questi servizi sul territorio.

Gli stati membri devono impegnarsi a offrire un servizio educativo ad almeno il 33% dei bambini sotto i 3 anni (asili nido) e ad almeno il 90% di quelli nell’età compresa fra i 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico (scuole dell’infanzia). Vai a “Che cosa prevedono gli obiettivi di Barcellona sugli asili nido”

Tali soglie sono poi state riviste tra il 2021 e il 2022. Rispetto agli asili nido, segmento essenziale perché riguarda i primi mesi di vita del bambino, è stato indicato un incremento tendenziale dal 33% al 45%. L’incremento è commisurato alla situazione di partenza ciascun paese: quelli che sono al di sotto del 20% dovrebbero incrementare il proprio indicatore di almeno il 90% mentre quelli che si trovano tra il 20% e il 33% dovrebbero riportare un miglioramento di almeno il 45% o raggiungere un tasso pari al 45%. L’Italia si trova all’interno di quest’ultimo gruppo, avendo riportato una percentuale pari al 30% nel 2022.

Nonostante i risultati raggiunti finora, purtroppo la situazione nel nostro paese per quanto riguarda il tasso di occupazione femminile rimane complessa. Da questo punto di vista un primo elemento da tenere presente è che non esistono in Europa stati in cui la percentuale di donne con figli occupate è superiore a quella degli uomini. Considerando la media Ue possiamo osservare che il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 49 anni con figli di meno di 6 è pari al 67,8% mentre quello dei coetanei uomini è del 91,5%. L’Italia riporta una delle percentuali più basse per quanto riguarda il tasso di occupazione delle madri nel confronto con gli altri paesi europei.

55,3% il tasso di occupazione femminile in Italia nel 2023 considerando le donne di età compresa tra i 20 e i 49 anni con figli di meno di 6 anni.

Solo Grecia (54,8%), Romania (50,3%) e Repubblica Ceca (44,5%) riportano percentuali più basse. Il nostro paese si piazza poi sul podio tra gli stati Ue per divario più marcato tra uomini e donne occupati con figli. Il dato italiano infatti nel 2023 era di 35,4 punti percentuali di differenza. Solo Repubblica Ceca (51,3) e Grecia (37,1) riportavano un divario più ampio.

In Italia il divario tra occupati uomini e donne con figli è molto marcato
Tasso di occupazione delle persone 20-49 anni con almeno un figlio con meno di 6 anni nei paesi Ue, per genere (2023)

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DA SAPERE
Il grafico mostra il tasso di occupazione maschile, femminile e medio delle persone di età compresa tra i 20 e i 49 che hanno almeno un figlio con meno di 6 anni nei diversi paesi dell’Unione europea. Per Francia e Spagna la definizione del campione è diversa dalle altre. Per maggiori informazioni si vedano i metadati.

FONTE: elaborazione elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: giovedì 12 Dicembre 2024)

Il divario nel tasso di occupazione maschile e femminile tra chi ha figli è aumentato.

Altro elemento importante da rimarcare è che nella stragrande maggioranza dei paesi europei il divario tra tasso di occupazione maschile e femminile è diminuito tra il 2014 e il 2023. Sono solo 7 i paesi in cui invece la differenza si è acuita, tra questi anche l’Italia per l’aumento relativamente superiore dei tassi di occupazione dei padri rispetto a quello delle madri. In questo periodo infatti il divario si è ulteriormente allargato di 3,3 punti percentuali. Romania (+10,3 punti percentuali), Grecia (+4,6) e Spagna (+3,4) sono gli unici paesi europei in cui tale tendenza risulta essere ancora più marcata rispetto all’Italia.

Offerta di nidi e occupazione femminile, un legame evidente

I dati indicano chiaramente come alla nascita di un figlio sia soprattutto l’occupazione femminile a calare. In questa dinamica, è interessante osservare il ruolo degli asili nido e in generale dei servizi rivolti alla prima infanzia.

Si può notare che i comuni con la maggiore parità di genere in termini di occupazione sono anche quelli con un’offerta di asili nido e servizi più capillare. Al contrario, nei comuni dove il tasso di occupazione maschile è doppio o anche più che doppio rispetto a quello femminile, la presenza di nidi risulta molto meno diffusa.

Nei comuni con più squilibrio di genere nell’occupazione ci sono meno nidi
Posti in asili nido e servizi prima infanzia per 100 residenti 0-2 anni rispetto al rapporto tra occupazione maschile e femminile (2022)

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DA SAPERE
Tutti i comuni italiani sono stati suddivisi in fasce in base al rapporto tra occupazione maschile e occupazione femminile. Per ciascuna fascia è stata calcolata l’offerta di asili nido e servizi per la prima infanzia rispetto ai residenti 0-2 anni in quei territori.

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: sabato 1 Gennaio 2022)

Tendenzialmente quindi l’occupazione femminile va di pari passo con l’offerta di servizi per la prima infanzia e viceversa. Una relazione che probabilmente va letta in entrambe le direzioni. Se più donne lavorano, ci sarà una maggiore pressione per aumentare ulteriormente l’offerta. Allo stesso tempo una maggiore disponibilità di servizi costituirà un supporto all’occupazione soprattutto femminile.

Più donne lavorano e maggiore sarà la richiesta di posti in asilo nido. Più posti ci sono e più donne avranno l’opportunità di lavorare.

Così nei comuni dove il tasso di occupazione di donne e uomini è più paritario, l’offerta di nidi e servizi prima infanzia raggiunge i 40 posti ogni 100 bambini. Dieci punti al di sopra della media nazionale (30%). Nei territori dove il rapporto tra tasso di occupazione maschile è tra 1,2 e 1,5 volte superiore rispetto a quello femminile, l’offerta scende al 26%. Dove gli uomini lavorano tra 1,5 e 2 volte più delle donne, i posti nido calano a 12 ogni 100 bambini. Addirittura a 7 posti ogni 100 minori dove il tasso di occupazione maschile è doppio o più che doppio di quello femminile.

Una relazione da leggere nei due sensi, ma che deve porre l’attenzione rispetto alla necessità di potenziare l’offerta di questi servizi sull’intero territorio nazionale.

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Occupazione femminile e offerta di nidi, comune per comune

Scendere a un livello territoriale più fine, comune per comune, aiuta a comprendere meglio la situazione attuale e le potenzialità di intervento su questo tema. In base ai dati del 2022, in entrambi gli ambiti considerati, i divari tra centro-nord e mezzogiorno appaiono molto netti, anche a livello comunale.

Italia a 2 velocità sull’occupazione femminile e sull’offerta di nidi
Tasso di occupazione femminile nella fascia d’età 25-49 anni e offerta di servizi prima infanzia nel comune (2022)

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: sabato 1 Gennaio 2022)

Prendendo i capoluoghi, ad esempio, emerge come la situazione sia fortemente differenziata. Sono tutte dell’Italia centrosettentrionale le 10 città con più occupazione femminile: Belluno, Siena, Bolzano, Trento, Lodi, Prato, Cuneo, Modena, Lecco e Milano. In questi comuni, l’occupazione femminile oscilla tra il 75,7% del capoluogo lombardo e l’81,9% di Belluno. Analogamente, in tutte queste città l’offerta di servizi per la prima infanzia supera la media nazionale (30 posti ogni 100 bambini). Dai quasi 60 posti di Siena ai 35,1 di Cuneo.

Al contrario, sono tutte nel mezzogiorno le città italiane con l’occupazione femminile più bassa: Catania, Napoli, Palermo, Trapani, Andria, Taranto, Messina, Crotone, Siracusa e Trani. Comuni dove la percentuale di donne che lavora varia dal 42,1% di Catania al 47,4% di Trani e Siracusa. In parallelo, anche in termini di servizi per la prima infanzia l’offerta di posti è sistematicamente inferiore alla media nazionale. Si attesta appena a 8 posti ogni 100 bambini a Catania, e in nessuna di queste – con l’eccezione di Siracusa (27,4%) – raggiunge i 20 posti ogni 100 bambini.

L’articolo è disponibile anche su conibambini.openpolis.it

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L’Osservatorio #Conibambini, realizzato da Con i Bambini e Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, fornisce dati e contenuti sul fenomeno in Italia nella modalità di data journalism, in formato aperto e sistematizzati, per stimolare un’informazione basata sui dati. L’obiettivo è promuovere un dibattito informato sulla condizione dei minori in Italia, a partire dalle opportunità educative, culturali e sociali offerte, ed aiutare il decisore attraverso l’elaborazione di analisi e approfondimenti originali.



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