Mancano i medici di famiglia, milioni di italiani resteranno senza cure di base: l’allarme di Gimbe

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Il sistema sanitario italiano affronta una grave carenza di medici di famiglia, con oltre 5.500 posti vacanti. Secondo il rapporto Gimbe, altri 7.300 medici andranno in pensione entro il 2027, senza che ci siano abbastanza giovani pronti a sostituirli. La crisi colpisce in modo particolare il Nord Italia, dove oltre il 70% dei medici è sovraccarico di pazienti.

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La carenza di medici di famiglia sta diventando una delle emergenze più gravi del sistema sanitario italiano, minacciando il diritto fondamentale all’assistenza di milioni di cittadini. Quella che fino a pochi anni fa era una criticità circoscritta a poche aree geografiche, oggi è infatti un fenomeno diffuso in tutto il Paese, con numeri allarmanti e prospettive sempre più preoccupanti. Secondo l’ultimo rapporto della Fondazione Gimbe, mancherebbero all’appello oltre 5.500 medici di medicina generale e nei prossimi anni la situazione è destinata a peggiorare. Pensionamenti, carenza di nuovi professionisti e l’invecchiamento della popolazione rischiano di mettere in ginocchio il servizio di assistenza primaria, pilastro della sanità pubblica italiana. Una crisi silenziosa, insomma, che colpisce soprattutto le fasce più deboli della popolazione e le zone più isolate, con il rischio concreto di lasciare milioni di cittadini senza cure di base.

Perché mancano i medici di famiglia

La carenza di medici di medicina generale è il risultato di una combinazione di fattori che si sono accumulati negli anni: da una parte, sempre più professionisti raggiungono l’età della pensione senza essere rimpiazzati da giovani colleghi. Dall’altra, il lavoro del medico di base appare sempre meno attrattivo per le nuove generazioni, che preferiscono specializzazioni più remunerative e meno gravose. Secondo il rapporto Gimbe, oggi in Italia mancano oltre 5.500 medici di famiglia, e la situazione è destinata a peggiorare: altri 7.300 lasceranno il lavoro entro il 2027 per raggiunti limiti di età. Viene chiamata “emorragia”, poiché non sarà compensata dall’ingresso di nuovi professionisti: “Il 15% delle borse di studio per la formazione in medicina generale – spiega la fondazione – è rimasto non assegnato, con punte che superano il 40% in sei regioni: Marche, Molise, provincia autonoma di Bolzano, Lombardia, Liguria e Veneto”.

L’invecchiamento della popolazione aumenta la domanda di cure

Alla riduzione dell’offerta di medici si aggiunge un altro fattore, e cioè l’aumento della domanda di assistenza sanitaria. La popolazione italiana sta infatti invecchiando rapidamente: nel 2023 gli over 65 erano 14,2 milioni (cioè pari al 24% della popolazione), e più della metà di loro soffre di almeno due malattie croniche. A questo si aggiunge anche il fatto che il numero di cittadini con più di 80 anni è triplicato negli ultimi 40 anni, passando da 1,4 milioni nel 1983 a 4,5 milioni oggi.

“La carenza di medici di medicina generale”, spiega il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta, “riguarda ormai tutte le regioni e affonda le radici in una programmazione inadeguata, che non ha garantito il ricambio generazionale in relazione ai pensionamenti attesi. Negli ultimi anni poi la professione ha perso sempre più attrattività, rendendo oggi spesso difficile per i cittadini trovare un medico vicino a casa”.

Superato il limite dei 1.500 pazienti per medico

Per legge, ogni medico di famiglia dovrebbe avere in carico al massimo 1.500 assistiti, proprio per garantire cure di qualità, ma questa soglia viene regolarmente sforata in tutta Italia. Secondo i dati della Struttura Interregionale Sanitari Convenzionati (Sisac), già al primo gennaio 2023 oltre la metà dei medici di base (51,7%) aveva infatti più di 1.500 pazienti. Questo sovraccarico di lavoro è particolarmente grave in alcune regioni del Nord: in Lombardia, per esempio, il 74% dei medici di famiglia supera il limite, mentre in Veneto il dato si attesta al 69%. Anche in provincia di Bolzano, in Sardegna, in Emilia-Romagna e in Campania i medici con troppi pazienti sono ben oltre la metà: “Questo livello di sovraccarico”, sottolinea Cartabellotta, “riduce il tempo da dedicare ai pazienti, compromettendo la qualità dell’assistenza, e limita la possibilità per il cittadino di esercitare il diritto della libera scelta”.

I numeri della carenza: le regioni più colpite

La carenza di medici di famiglia riguarda tutto il Paese, ma colpisce in modo particolare alcune regioni. Secondo le stime della Fondazione Gimbe, le regioni con la maggiore mancanza di medici di base sono la Lombardia, il Veneto, la Campania, l’Emilia Romagna, il Piemonte e la Toscana. In alcune aree rurali e montane, poi, il problema è ancora più grave: la Società Italiana dei Medici di Medicina Generale stima infatti che almeno 4 milioni di cittadini vivano in zone dove è addirittura impossibile trovare un medico di base.

Una riforma bloccata

Negli ultimi anni si è discusso spesso di riformare la figura del medico di famiglia, passando così dall’attuale regime di convenzione con le Asl a un rapporto di dipendenza diretta con il sistema sanitario pubblico. Questa soluzione garantirebbe una maggiore presenza di medici nelle Case di Comunità, cioè quelle strutture previste dal Pnrr che servirebbero a potenziare l’assistenza sul territorio. Ma il progetto è ancora fermo: le divisioni politiche, le resistenze degli stessi medici di base e i timori di uno squilibrio nel sistema pensionistico dell’Enpam, ovvero la cassa previdenziale dei medici, hanno infatti completamente bloccato l’iter. Nell’ultimo Consiglio dei ministri del 13 febbraio scorso, la proposta ha diviso il governo: la Lega si dice favorevole, Forza Italia contraria, mentre la premier Giorgia Meloni pare cercare una mediazione.

Il rischio di milioni di cittadini senza cure

La Fondazione Gimbe avverte insomma che la combinazione tra carenza di medici, invecchiamento della popolazione e ritardi nella riforma rischia di lasciare milioni e milioni di cittadini senza assistenza primaria: “Il rischio concreto è lasciare milioni di persone senza medico di famiglia, peggiorare la qualità dell’assistenza territoriale e compromettere la salute delle persone, soprattutto dei più anziani e fragili. Oltre, ovviamente, a legittimare il flop della riforma prevista dal Pnrr, per la quale abbiamo indebitato le generazioni future”, ha concluso Cartabellotta.

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