Credito fiscale del 50% per badanti, colf e baby sitter

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Badanti, colf e baby sitter sono sempre di meno e costano di più. Le famiglie italiane fanno fatica a conciliare i tempi della vita con quelli del lavoro e a trovare le risorse per tamponare le falle del welfare pubblico. Andare avanti quando si ha un lavoro a tempo pieno e un parente malato da assistere, o un bambino piccolo da accudire al di fuori degli orari dell’asilo e della scuola, è complicato e soprattutto richiede una spesa non indifferente. Negli ultimi anni si nota un aumento del “nero”, perché molte famiglie per risparmiare non possono mettere in regola le collaboratrici domestiche, visto che il rimborso fiscale in sede di dichiarazione dei redditi è molto basso (il 19% fino a 2.100 euro con reddito inferiore a 40 mila euro), quindi spesso risulta maggiormente conveniente mantenere un rapporto di lavoro non registrato. Inoltre, con i salari fermi e le fiammate dell’inflazione, c’è chi ha scelto di fare a meno di un aiuto in casa. Ma non tutti hanno la possibilità di scegliere. Un conto è fare un sacrificio e organizzarsi da soli per quel che riguarda le pulizie, ma la gran parte delle famiglie che hanno un parente malato o dei figli piccoli non possono rinunciare a badanti e baby sitter.

I costi
Una badante full time, ad esempio, costa quasi 20 mila euro l’anno, secondo i dati del sindacato. Per questa figura una famiglia deve prevedere un budget annuale di 16.300 euro (tra retribuzione, ferie, tredicesima e Tfr), a cui si aggiungono 2.550 euro di contributi. Assindatcolf, l’associazione dei datori di lavoro domestico, rilancia al governo la propria proposta di un credito di imposta al 50%, che su un totale di 18.850 consentirebbe uno sconto di ben 9.425 euro. Le coperture per lo Stato sarebbero però ingenti. Nel rapporto Family (Net) Work realizzato dal Censis e promosso proprio da Assindatcolf emerge che i datori di lavoro domestico – pari a 919.576 – si sono ridotti di circa 100 mila unità tra il 2020 e il 2023. Allo stesso tempo il totale dei lavoratori domestici – 833.874 nel 2023, di cui 413.697 badanti e 420.177 colf e altre figure – è diminuito complessivamente di 117 mila unità. Il dato che spicca è che in media in Italia ci sono solo 8,5 badanti ogni 100 persone sole con più di sessant’anni. La Sardegna registra il dato più alto (24,5%), seguita da Toscana (13,5%), Marche (13,4%), Friuli-Venezia Giulia (12,7%), ed Emilia-Romagna e Umbria (11,9%). In Lombardia il numero è di poco superiore alla media nazionale (8,7%), mentre Lazio e Piemonte si fermano al 7%. Fanalino di coda le regioni del Mezzogiorno, come Sicilia, Calabria e Basilicata, con circa 3 badanti ogni 100 persone sole anziane. Il 64% di chi ha una persona non autosufficiente all’interno della propria famiglia dichiara di esserne il caregiver. Le principali mansioni svolte con regolarità riguardano soprattutto la gestione delle pratiche amministrative, con il 90% che dichiara di occuparsene sempre. A seguire l’accompagnamento a visite mediche o terapie, il supporto emotivo e la presenza continua durante il giorno o la notte e l’assistenza diretta nella somministrazione dei pasti o nell’igiene personale.

Il welfare familiare
Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, ricorda che le badanti e i caregiver, spesso invisibili nel dibattito pubblico, sostengono un sistema di welfare familiare che altrimenti rischierebbe di collassare: «Serve un riconoscimento più concreto, con politiche di supporto economico, formazione adeguata e misure per ridurre lo stress e il peso emotivo di chi si prende cura degli altri». E qui torniamo al credito d’imposta al 50%, sul modello francese. Se le famiglie italiane potessero applicarlo alla spesa sostenuta per colf, badanti e baby sitter, avrebbero la possibilità di dimezzare i costi ed il tasso di irregolarità nel settore potrebbe passare dal 54% attuale, al 21%, con la conseguente emersione di circa 460 mila lavoratori in nero, sostiene il sindacato. Secondo le ipotesi formulate da Assindatcolf, la nuova misura dovrebbe essere accompagnata dall’eliminazione dell’attuale deduzione contributiva per lavoro domestico pari ad un massimo di 1.549 euro l’anno (sgravio che non ha limiti di reddito). Il costo per lo Stato stimato sarebbe di 7,8 miliardi, quindi molto alto, ma il sindacato è convinto che i benefici diretti e indiretti degli occupati irregolari dimezzerebbero le coperture richieste.

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