La settimana della moda milanese apre con l’Autunno/Inverno 2025/26, e Martino Midali torna a sfilare per la seconda volta, al Museo della Scienza e della Tecnica. E non è un caso che scelga il lunedì, a ridosso dell’apertura delle danze frenetiche della settimana della moda milanese. Addirittura per qualche anno ha preferito non esibire i propri capi in passerella, privilegiando quel rapporto assoluto e viscerale che ha con le sue donne. Per il famoso stilista lombardo, questa attitude, equivale a stare un passo fuori dalle luci troppo accese di questo mondo rutilante, che al più karmico fashion designer italiano, non vanno troppo a genio.
Con quale stato d’animo ha realizzato i capi dell’ultima collezione?
Questo, è un momento storico in cui i politici diventano teatranti, e un creativo come me, che per mestiere teatralizza la propria arte, si sente in difficoltà, privo di sponde e solo. Se la fase ideativa necessita del dovuto momento immersivo e solitario, dopo occorre vivere in contesti sociali ed economici che sappiano cogliere il frutto di un progetto, consentendo la declinazione di un prodotto che, non dimentichiamolo mai, costituisce nel sistema Italia, un fiore all’occhiello mondiale, assieme ad una proficua risorsa per le casse dello Stato.
Hai una linea guida per questa proposta appena andata in passerella?
Occorre sottolineare che dietro mezz’ora di sfilata, si dipanano sei mesi di lavoro e ricerca, in cui sono affiancato dal team eccezionale della Maison Midali. Ho idealmente intrecciato nel filo rosso della mia collezione, una parola chiave: stabilità. La mia storia ha camminato dai campi di Mignete fino alla metropoli meneghina, sempre intrisa della forza solida della costanza. Stabilità è il seme piantato nella terra longobarda, nell’integrità morale trasmessa da mia madre, nella weltanschauung mostrata dalla signora Massera, per me maestra di vita. Chi veste Midali si fida di me: regalo il piacere dell’indossare, unito al benessere della stabilità. Io d’altro canto, mi affido al sentire delle amate midaline, che voglio sempre in passerella. Anche stavolta, oltre a venti professioniste, c’erano otto modelle per un giorno che, attraverso i miei outfit, raccontano la loro personale storia di donne: Alice Agnelli, già addetta stampa per un brand di moda, Ilaria Albano, psicologa e divulgatrice scientifica, Roberta Donati, prima donna presidente di una squadra di calcio maschile. Natascha Lusenti, giornalista, scrittrice e conduttrice radiofonica, da su Rai Radio2 con Ovunque6 Morning Show, Elisabetta Negri, architetta d’interni, Elena Salmistraro, designer ed artista, Valeria Sechi grey model e testimonial pro-age, Loredana Vanini, founder di Oneofmany, punto di riferimento per coppie infertili.
Il titolo “Cozy Luxe” racchiude una ricercata palette cromatica. Che tonalità hai scelto?
Lo stile accogliente, è un lusso che non sovrasta la personalità femminile e la rispetta. Le mie, sono linee che suggeriscono senza imporre, che delineano la figura senza imprigionarla, che raccontano una possibilità e non un’illusione. Così, il messaggio di stile diventa trasversale: gli abiti appaiono vitali, esprimono emozioni reali e condivisibili, eppure unici e personalizzati da chi li indossa. Riguardo alla palette dei colori, ho messo molto oro nella collezione, perché è presagio di luce, ricchezza, vitalità. Poi ho desertificato quella luce, dentro il beige, il crema, il grigio, a cui ho regalato un tono opalescente, spaziando nel verde ondeggiante e nel rosso fuoco, per avvolgere tutto nella sicurezza del nero, con cui non si sbaglia mai, nel suo possibile uso a giornata piena, solo modificando gli accessori.
Passiamo al privato. Come vive Martino?
Vivo rispettando il prossimo, di cui sono curioso e con cui mi piace dialogare e confrontarmi, perché c’é sempre da trarne esempio. Cerco di volermi bene, mettendo in equilibrio lavoro e riposo. Sento il bisogno di darmi degli orari, come andare a dormire non oltre le undici di sera, mangiare sano, rifugiarmi nel week end a Salice Terme per respirare aria buona, stare con mio marito Mario e gli amici, passeggiare con il mio cane Mayo, leggere un buon libro. E a questo proposito, sto lavorando alla continuazione della mia biografia, La stoffa della mia vita – un intreccio di trama e ordito. Desidero così chiudere, con questo sequel, il sincero testamento spirituale di una vita prestata alla moda: grande, unica, inalterata passione.
Avresti dei consigli per i giovani stilisti?
Sono molto scettico sulla quantità infinita di scuole professionali che pullulano in modo indiscriminato. I social inoltre, mandano il messaggio ingannevole che marca equivale a stile. Nulla di più falso: lo stilista deve proporre la sua identità, racchiusa in un dna non replicabile. Questa professione non va intesa come un lavoro: è un percorso dell’anima, una strada da cercare dentro di sé, dove convogliare l’ispirazione artistica.
Fai mai un bilancio della tua attività, visto che la maison ha superato i 40 anni di vita?
È la mia laurea presa sul campo, e proprio perché è difficile sopravvivere in questo ambiente, mi appiglio a me stesso. Il grande Dante, diceva non ti curar di loro, ma guarda, e passa. Ho capito la profondità di questo verso, man mano che cresceva la forza della Maison Midali. Eppure, resto positivo, giusto un filo deluso, fiero di una storia consolidata, che apre orgogliosa la bocca, e trova il diritto di parlare, attraverso outfit fruscianti, verso cui le mie clienti tendono le orecchie per ascoltare dai toni più forti, fino ai sussurri più intimi. Gli amori possono finire: quello tra me e le donne Midali, resta immutato in un abbraccio solidale. E da una stagione invernale ad una estiva, e viceversa, si perpetua nel circolare ritmo della vita, flessuoso ed ondeggiante, proprio come le linee delle mie creazioni.
Martino Midali dice sul suo Instagram: “”Non sono i miei abiti a vestire le Donne ma le Donne a vestire i miei abiti”.
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