L’ANNO DELLA SCIMMIA (E DELLA ROSA)

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Che anno, quell’anno. Ma perché, mentre lo si vive, ogni anno sembra niente di che, e poi…? Prendiamo il 1980: vi do tutto il tempo che volete per rifletterci: voi lo definireste un anno storico? Che l’abbiate vissuto direttamente o no; che ne abbiate sentito parlare o riassumere sui libri di storia, direste che il 1980 ha cambiato le sorti di questo benedetto pianeta? O, almeno, la vostra vita? Per me è più facile, perché effettivamente la vita mi è cambiata per sempre, in quel 1980, nell’ultimo scorcio di quell’anno, ma per voi… Se già c’eravate -ed eravate abbastanza grandi per capire; per provare pena davanti alle tragedie nazionali e per fare le inevitabili, amare riflessioni davanti alle tragedie che colpiscono senza distinzione di età, censo e circostanze- il 1980 non potete che associarlo al terremoto che nella notte tra il 23 e il 24 novembre colpì l’Irpinia. Prima scossa, di magnitudo 6,9, alle 19:30 del 23. L’area del sisma è quella dell’Appennino Meridionale tra la Campania e la Basilicata, 17 mila chilometri quadrati delle province di Avellino, Potenza e Salerno. Novanta secondi che a viverli non finiscono mai e portano distruzione e morte: 2.914 vittime, 280.000 sfollati, 8.848 feriti. Si sbriciolano letteralmente interi paesi, le strade, la ferrovia, e qualunque infrastruttura. Uno scenario apocalittico determinato da una scossa così forte, così devastante che viene avvertita in tutta la penisola.

Mentre cominciavano a circolare le prime notizie del disastro -frammentarie, parziali, perché nel 1980 non c’era Internet, che arriva sempre e ovunque, in tempo reale, ma solo la RAI e le sue sedi regionali e i collegamenti fisici con cameraman e inviato; mentre la macchina dei soccorsi finalmente reagiva ma con un tale ritardo e una tale inadeguatezza che il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, parlò di vergogna nazionale- io ero a Milano, in una clinica di via Manfredo Fanti, in attesa che mia figlia venisse al mondo. Del terremoto seppi la mattina del 24. In clinica, un medico mi chiese ha sentito del terremoto? e io -che non sapeva nulla di quello che era accaduto in Irpinia poche ore prima perché non avevo avuto tempo di comprare un giornale o guadare la tv- pensai che stesse parlando di mia figlia: che avesse pianto, o urlato, o fatto chissà qualche baraonda nelle sue prime ore di vita da meritarsi quell’appellativo: terremoto. I nati nel 1980 -secondo l’oroscopo cinese- appartengono al segno della Scimmia. “… sono dotati di una saggezza istintiva che permette loro di capire che cosa sta succedendo e poi prendere una decisione giusta. Sono persone innovative e intraprendenti con sprint e talento. Spesso diventano inventori, architetti, disegnatori, ed eccellono in campi in cui possono esprimere creatività”. Chi è nato sotto l’astrologica Scimmia (per esempio, nel 1944, 1956, 1968, 1992, 2004, 2016 e, il prossimo, 2028) “è un vero ottimista che ha una visione sempre positiva del mondo. Ma, al tempo stesso, la sua naturale intelligenza lo pone davanti a dubbi che ne frenano l’impeto”. […] “Chi nasce sotto questo segno risolve qualsiasi problema, per quanto complicato possa essere, con un tocco unico di magia” […] “Amano il silenzio e i temi che lasciano loro la possibilità di riflettere per migliorarsi”. […] “Come tutte le persone di grande inventiva tendono ad annoiarsi e a distrarsi facilmente e hanno spesso” –anche troppo spesso, dico io– “la necessità di cambiare lo scenario in cui si trovano a operare”. L’ho fatta un po’ lunga perché volevo verificare quanto di quell’oroscopo si attagliasse a mia figlia e se fossi riuscito a trovare qualche tratto astrologico che spiegasse perché abbia deciso di partire tra poco per il giro del mondo in solitaria… ma questo è un altro discorso.

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Tornando al 1980 di tutti, è stato l’anno della Scimmia ma anche quello della Rosa, per me. Della Rosa di Umberto Eco (Il nome della…). Arrivò in libreria nell’ultima settimana di ottobre, un po’ in sordina (mille copie). La leggenda vuole che lo stesso Eco -che a più riprese si era scagliato contro il romanzo come genere letterario- non ne fosse molto convinto. Romanzo “strano” ma affascinante, che mescola generi, sotto e sovrageneri: il poliziesco, il giallo, l’investigativo, lo storico, il filosofico. Alla fine, l’editore, Bompiani, ne tirò trentamila copie, che andarono subito a ruba. Pochi mesi dopo, Il nome della Rosa vinse il Premio Strega, il primo di una serie interminabile di riconoscimenti nazionali e internazionali. L’opera -ve la riassumo in due parole anche se certamente vi ricordate la trama e qualche dettaglio- è ambientata nel 1327, e racconta le vicende del frate Gugliemo di Baskerville e del suo novizio, Adso de Melk, che capitano in uno monastero benedettino in cui accadono strani e delittuosi eventi. Tutta la storia -dal primo omicidio alla scoperta del colpevole- è suddivisa in sette giornate, scandite dai ritmi della vita monastica. Mentre io leggevo e rileggevo il libro di Eco, cercando di capire se certe frasi, certe perifrasi, certe descrizioni mi sarebbero mai venute in mente, il mondo attorno a me ne combinava di tutti i colori. Era dal suo debutto che il 1980 faceva di tutto per farsi ricordare: il 6 gennaio, a Palermo, la Mafia aveva ucciso Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale Presidente della Repubblica, Sergio. Ufficialmente, la Mafia. Ma nessuno è mai riuscito a dare la certezza che la mano e l’ispiratore dell’attentato fossero davvero quelle. Mattarella era il Presidente della Regione Sicilia, e stava tentando di costituire una giunta con la partecipazione del Partito Comunista. Il 12 febbraio, altro misterioso omicidio politico: Vittorio Bachelet, professore universitario e vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, viene ucciso da Anna Laura Braghetti e Bruno Seghetti, militanti delle Brigate Rosse, all’interno dell’Università La Sapienza di Roma. La motivazione del gesto da parte dei due assassini: “Bachelet è stato ucciso in quanto tecnico della controrivoluzione, che continua a diffondere la convinzione che occorre reprimere la lotta armata”. Il 19 marzo, altro omicidio: questa volta a cadere sotto i colpi dei terroristi, è un giudice: Guido Galli, che ha la “colpa” di avere condotto la propria azione di magistrato contro il terrorismo. A sparare è Sergio Segio che milita in Prima Linea, un’organizzazione armata terroristica di estrema sinistra, formata da fuoriusciti da Lotta Continua. Sembra incredibile da credere oggi, ma in quegli anni le cose andavano così. E il 1980 fece di tutto per conquistare il primato di anno di sangue. Qualche giorno dopo, il 23 di quello stesso mese, mentre la polizia dà la caccia agli assassini, scoppia una bomba… mediatica, per fortuna: lo scandalo delle scommesse nel mondo del calcio. Molti giocatori di serie A di serie B sono accusati di truffa per aver truccato le partite accettando denaro. Scattano le manette direttamente suoi campi di calcio per nomi del calibro di Giordano, Manfredonia, Albertosi, Rossi, Savoldi… Le principali squadra coinvolte sono Lazio, Milan, Napoli, Perugia, Bologna, Avellino… Il Milan viene punito pesantemente, con la retrocessione in serie B … Come potrei dimenticarlo? Succedono anche cose carine, nel 1980, che cito solo per risollevare un po’ la fama di quell’anno. Per esempio, l’ammissione di Marguerite Yourcenar all’Accademia di Francia, prima donna ad ottenere quel riconoscimento, il 6 marzo. O l’arrivo in commercio dei Post-it (6 aprile) che cambiano in tutto il mondo il modo di prendere appunti (e di lasciare messaggio attaccati al frigorifero). O la nascita di Lega Ambiente, il 20 maggio, nel pieno della battaglia antinucleare, che si proponeva (e si propone) di dare un fondamento scientifico a ogni protesta, contro l’inquinamento o l’utilizzo degli OGM in agricoltura, per esempio. O ancora il 20 luglio, a Horizontina (Brasile) la nascita di Gisele Caroline Bündchen che sarebbe diventata una supermodella brasiliana dopo la metà degli anni Novanta. Il 1° giugno -piccolo passo indietro nel calendario di quell’anno- altra data memorabile perché aprì il sogno di nuove frontiere alla mia carriera di giornalista: nasce la CNN, Cable News Network, primo canale all news della storia. E nasce ad Atlanta, in Georgia, Stati Uniti, dove opera un imprenditore e produttore televisivo, Ted Turner, fino a quel giorno noto solo ai più attenti osservatori delle cose americane perché possiede un ranch di ottomila chilometri quadrati (grande quanto tutta l’Umbria, per capirci).

E, infine, pescando dall’agenda dei miei ricordi e dalla mia vita vissuta, resto in ambito “leggerezza e positività” e vi segnalo un ultimo, piccolo dettaglio di quel 1980: la nascita di Pac Man, video gioco ante-litteram, responsabile della scomparsa di flipper e calciobalilla nei bar. Al loro post, uno scatolotto in cui, inserendo una moneta, si poteva giocare con quattro fantasmini colorati che inseguivano il giocatore per “mangiarlo”.

Nel 1980 succedono cose carine, dicevo, ma sono proprio poche, e vengono nettamente superate dalla pioggia di tragedie che si abbatte su tutti, mese dopo mese: il 27 giugno, il disastro del DC9 Itavia Bologna-Palermo che viene abbattuto -non si sa neppure oggi con certezza da che cosa e non si sa da chi- sopra i cieli di Ustica, provocando la morte delle ottantuno persone a bordo; e il 2 agosto, la strage alla stazione di Bologna, una bomba nascosta in una valigia abbandonata in una sala d’aspetto che uccide altri ottantacinque innocenti. Una strage -si disse, allora- che serviva ad alimentare la cosiddetta strategia della tensione ma che ancora oggi non è chiarita nei dettagli e nelle responsabilità complete, dirette e indirette.

E, infine, l’8 dicembre, prima che l’anno si chiuda, c’è da registrare un’ultima tragedia, altrettanto inspiegabile: l’assassinio di John Lennon. Freddato da cinque colpi di pistola sulla soglia di casa, a New York, nell’Upper West Side di Manhattan. L’assassino, Mark David Chapman, viene disarmato e bloccato dal portiere del lussuoso palazzo newyorchese in cui la coppia risiede, e consegnato alla polizia. Ma non sa spiegare il suo gesto. Lennon morirà quella stessa sera e il mondo perderà un animo elevato…

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Ecco, questo è stato il mio 1980. Mentre lo vivi, nessun giorno sembra potersi meritare il diritto di entrare nella Storia e di aver fatto lui stesso storia. Anche ora, che riesumo su queste pagine i miei ricordi, molte delle cose che ho vissuto direttamente sembrano provenire più da una sceneggiatura; dalle battute di un film; da un racconto fattomi da altri, che dai segni che mi hanno lasciato sulla pelle. Mi guardo indietro; sfoglio l’album delle fotografie emotive del 1980, e se non fosse che è stato l’anno in cui mi è nata una figlia artista e viaggiatrice, non riuscirei a ridestare alcuna emozione di allora. Potrei parlarvi ancora di canzoni (Il tempo se ne va, Adriano Celentano; Sono solo canzonette, di Edoardo Bennato), o di film (Shining, The blues brothers, Torno scatenato, American Gigolò, Un sacco bello), o dei programmi televisivi e dei libri che ho letto in quel 1980 oltre Il nome della rosa, ma chiudo qui il mio viaggio nel 1980 e nei suoi sapori. Tanto so che domani arriverà alla mia attenzione un dettaglio che risveglierà un ricordo e la curiosità di viaggiare all’indietro nel mio tempo per scoprire come si è incastonato dentro di me. Albert Einstein spiegava così le sue nostalgie: “non penso mai al futuro… arriva così presto”. Ci ritroviamo, se volete, domenica prossima. Intanto, voi, non dimenticatevi di ricordare.



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