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Sulla guerra in Ucraina ha ancora una volta detto bene il Papa – speriamo guarisca: nel momento della prova gli siamo tutti vicini, credenti e non credenti – nel saluto ai partecipanti al Giubileo dei Diaconi: Si compie domani il terzo anniversario della guerra su larga scala contro l’Ucraina: una ricorrenza dolorosa e vergognosa per l’intera umanità!
Il Papa ha capito, come sempre, la fase attuale della guerra e ha inserito la parola “contro”. Perché sia chiaro a tutti ciò che è accaduto. Francesco fu altrettanto chiaro nel marzo scorso, quando esortò l’Ucraina ad aprire un negoziato per porre fine al prolungamento di questa inutile strage: è più forte chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca… quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare.
Il Papa, allora attaccato in quanto “nemico di Zelensky”, oggi gli esprime vicinanza, perché al negoziato segua non la tregua ma una pace vera, che coinvolga la Russia, l’Ucraina e tutti i popoli europei.
Ovviamente la svolta di Trump non nasce dai sentimenti e dalla visione del mondo del Papa, ma da ben altre ragioni: di opportunità e di affari. Gli Usa sostengono – lo ha affermato nei giorni scorsi il Segretario di Stato Marco Rubio – che “è disonesto affermare che l’Ucraina sia in grado di distruggere la Russia sul campo di battaglia e tornare a una situazione pre-2014”. Conseguentemente hanno decretato fallita la strategia di Biden di isolare e far crollare il regime di Putin e vogliono riallacciare i rapporti con la Russia, staccandola dalla Cina, considerata il vero Paese competitore. Nello stesso tempo vogliono spolpare l’Ucraina nei decenni a venire sfruttando le terre rare per i minerali, pur di recuperare le spese militari sostenute in questi tre anni.
Dobbiamo capire tutto questo. Ma chi si è schierato – come me e come la maggioranza degli italiani, o dal primo giorno o nel corso del tempo – con l’Ucraina e contro la guerra, chiedendo il cessate il fuoco e la soluzione politica e diplomatica, non può che tirare un sospiro di sollievo. Perché bisogna evitare che le due maggiori potenze nucleari, dopo essersi combattute per interposta persona (l’Ucraina), si distruggano a vicenda distruggendo il resto del mondo.
Oggi, come allora, dobbiamo schierarci per la sicurezza e la vita della popolazione ucraina, ma anche per la sicurezza e la vita di tutti, russi compresi. Per la sicurezza e la vita nel mondo, davanti al rischio che la “terza guerra mondiale a pezzi” di cui parla Francesco esploda in guerra nucleare.
Il negoziato è più vicino. Dobbiamo chiedere che l’Ucraina sia coinvolta. E’ stata glorificata e usata, in una guerra combattuta dagli Usa e dalla Nato ma con i corpi della sua gente. Oggi la pace non può passare sulla testa degli ucraini. Anche perché il risultato sarebbe fonte di nuovi problemi, di nuove guerre. Una tregua, non una pace.
Certamente sarebbe stato meglio che il negoziato si svolgesse tra Russia e Ucraina, con un arbitro imparziale. Poteva accadere a Istanbul nel 2022, ma l’inglese Johnson, con il sostegno di Biden, bloccò Zelenski. Centinaia di migliaia di morti fa, purtroppo.
Ma oggi siamo in una fase nuova. Trump ha fatto un cambio strategico. L’Europa deve capire il cambio. E capire i suoi stessi errori. Abbiamo smesso di lavorare per la pace: ecco dove abbiamo sbagliato. Dovevamo batterci per l’Ucraina e per il negoziato. Il dialogo avremmo dovuto aprirlo noi, non Trump. Invece l’abbiamo sabotato.
Ora abbiamo l’ultima occasione per riscoprire il nostro ruolo naturale di mediatori. Il ruolo che è scritto nella Carta dell’Unione europea e, per ciò che riguarda l’Italia, nella Costituzione. E invece: ancora armi, ancora guerra. Con una grande contraddizione: la Russia viene descritta da un lato come in procinto di perdere la guerra in Ucraina, dall’altro come pronta ad invadere tutta l’Europa. Ma l’ultima è una narrazione creata per spingere a riarmarci, per convincere il popolo all’idea della spesa necessaria per la corsa al riarmo. Ci voleva uno studioso di orientamento moderato come Carlo Cottarelli per spiegare che già oggi gli europei spendono per la difesa il 58% più dei russi!
I cosiddetti “leader” europei insistono perché sanno che il popolo il riarmo non lo vuole. Secondo il Censis, quindi non secondo un sondaggio qualsiasi, oggi il 66% degli italiani attribuisce la responsabilità delle guerre in corso in Ucraina e in Medio Oriente agli Stati Uniti o, più in generale, all’Occidente. Ed è contro il riarmo. Il popolo è saggio: come faremo a spendere 20-25 miliardi in più ogni anno per le armi? Sosterremmo l’economia americana – perché molte armi dovremmo comprarle da loro – e distruggeremmo il nostro welfare, già sotto attacco da anni: curarsi è sempre più difficile, il lavoro e le pensioni sono poveri, non si investe nella scuola pubblica… Le conseguenze sarebbero devastanti.
Dobbiamo recuperare un ruolo, sapendo che Trump non può realizzare da solo un nuovo ordine mondiale. Nessuno riuscirebbe a farlo. Non ci sarà un nuovo secolo americano, ma nemmeno cinese, tanto meno russo. Né basterà un patto a due o a tre. Il mondo è molto più complesso. Il nuovo ordine mondiale può nascere solo da un equilibrio multilaterale tra poli diversi che competono ma soprattutto collaborano. “Fratelli tutti”, per dirla con Francesco. L’alternativa è la guerra, che prima o poi scoppierebbe.
L’Europa ha gettato al vento la storia delle sue relazioni diplomatiche con la Russia. Deve riscoprirla, deve dialogare con la Cina, con i tanti Paesi che stanno emergendo. Certamente anche con gli Usa: ma smettiamola di essere subalterni, impegniamoci anche noi con la Russia sulla sicurezza europea, diventiamo protagonisti. Cerchiamo di capire che in questo mondo multipolare la Nato non serve più, è inadatta, è un meccanismo spezzato. L’Europa e la Nato non sono sinonimi.
Il nostro ruolo è nel nuovo mondo multipolare, non nella Nato. E’ un ruolo indipendente e autonomo: ma “da colombe”, non “da falchi”. Coerentemente con la nostra storia. Siamo dentro una fase di passaggio, cogliamo l’opportunità della pace e di un nostro ruolo di pace. Militarmente saremo sempre subalterni agli Stati Uniti. Con un ruolo di pace, invece, incideremo di più e avremo un futuro radicato nei nostri ideali originari, gli unici possibili: perché siamo nati dopo una grande tragedia in Europa, determinata da noi europei.
Nel mondo non può valere solo il diritto del più forte, la violenza. Vale anche per ciò che accade tra gli israeliani e i palestinesi. E’ un altro tema su cui riflettere, perché noi europei abbiamo sempre seguito l’agenda di Biden e Netanyahu, mascherandoci dietro la trita frase dei “due Stati”, mentre Israele continua ad annettere la Cisgiordania, ora con l’accordo anche di Trump. Non abbiamo nemmeno manifestato il nostro ribrezzo per la follia del progetto trumpiano di deportare i palestinesi da Gaza per realizzare nella loro terra un mega-business immobiliare.
Anche in Palestina la tregua deve diventare pace. Significa che la Striscia di Gaza non deve rimanere chiusa in un assedio, che la sua ricostruzione deve avvenire con un impegno autorevole ed efficace di fondi da tutta la comunità internazionale, che bisogna mettere fine all’espansione degli insediamenti in Cisgiordania e alla politica di occupazione.
Chiediamo a Putin di ritirarsi dai territori occupati in Ucraina ma chiediamo anche a Israele di ritirarsi dalla Palestina, dal Libano, dalla Siria. Garantiamo la sicurezza di Israele, ma anche della Russia. Di tutti i popoli.
Critichiamo le bugie d Trump, ma facciamo anche autocritica sulle bugie di Bush e di Blair, quando gli americani invasero l’Iraq – nel 2003 – giustificandolo con la più grande fake news della storia recente, il possesso da parte di Saddam Hussein di armi di distruzione di massa che non furono mai trovate. Se non facciamo così non siamo più credibili. Il mondo che avanza – africano, sudamericano, asiatico – non si fida più di noi. Dobbiamo cambiare. Non essere più i “sottomessi europei”.
C’è chi sostiene che la guerra appartiene alla natura umana. Certo, ma anche la fratellanza e la pace. Dipende da quale componente prevale. In Russia e in Ucraina la renitenza e la fuga dalla guerra coinvolgono le donne che scappano all’estero con bambini e nonni, ma anche sempre di più i maschi che disertano. E’ dunque possibile rifiutare la guerra alla radice. Un ex militare israeliano ha spiegato che uscire dal fascino della guerra non è facile, “si preferisce il diavolo che si conosce invece di affrontare l’ignoto”. Cambiare è doloroso, ma è possibile.
lucidellacitta2011@gmail.com
Post scriptum:
Le fotografie di oggi sono state scattate nel 2020 nell’isola di Sal a Cabo Verde, in Africa: la prima è un’immagine della salina di Pedra de Lume, la seconda del paese di Santa Maria.
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