Pensioni anticipate: Ape e quota 41 ok, ma per i disoccupati attenti alle trappole

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Nel sistema previdenziale e lavorativo italiano, esistono prestazioni e misure che, in un certo senso, si muovono secondo il principio dei vasi comunicanti. Ci sono soluzioni apparentemente su binari diversi, ma in determinate circostanze si fondono l’una con l’altra. E le novità di una misura finiscono per influire anche sull’altra. Non ci stancheremo mai di ripetere che, oggi, i disoccupati, già tutelati dalla Naspi, possono accedere più facilmente alla pensione anticipata al termine dell’indennità, purché rispettino le condizioni richieste.

Parliamo di pensioni anticipate come la quota 41 per i lavoratori precoci e l’Ape sociale.

Pensioni anticipate: Ape e quota 41 ok, ma per i disoccupati attenti alle trappole

Andare in pensione prima, dopo aver lasciato il lavoro tempo addietro e percepito la Naspi per intero, è un sistema adottato da una miriade di lavoratori negli ultimi anni, ed è perfettamente lecito.

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Questo perché sia l’Ape sociale sia la quota 41 per i precoci permettono di anticipare la pensione – tra gli altri – anche a disoccupati che abbiano terminato la Naspi. Solo che alcune novità introdotte sulla Naspi limitano la possibilità di andare in pensione con queste due misure.

Si tratta di novità stringenti relative all’indennità per disoccupati INPS. Vediamo quindi di chiarire bene di cosa si tratta, spiegando cos’è la Naspi e cosa sono l’Ape sociale e la quota 41 precoci.

La Naspi in estrema sintesi, ecco l’indennità per disoccupati INPS

La Naspi è nata con il Jobs Act di Matteo Renzi e rappresenta oggi il principale strumento di sostegno per chi perde il lavoro. Questo ammortizzatore sociale è destinato esclusivamente a coloro che perdono l’occupazione involontariamente, vale a dire in caso di:

  • licenziamento individuale;
  • licenziamento collettivo;
  • scadenza di un contratto a tempo determinato;
  • procedure di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro;
  • licenziamento disciplinare;
  • dimissioni per giusta causa;

Occhio alle dimissioni: solo quelle per giusta causa danno diritto alla Naspi.

Le dimissioni volontarie, invece, no. La Naspi viene erogata per un periodo pari alla metà delle settimane di lavoro degli ultimi 4 anni, a condizione che non siano già state utilizzate per altre indennità di disoccupazione. L’importante è che l’ultimo rapporto di lavoro si sia chiuso con una delle modalità involontarie appena citate.

In sostanza, i periodi utili a determinare la durata della Naspi – che può raggiungere un massimo di 24 mesi – coincidono con tutte le settimane lavorate nel quadriennio precedente, indipendentemente dal modo in cui si sono conclusi gli impieghi precedenti.

Tuttavia, è fondamentale che l’ultimo lavoro si sia interrotto involontariamente. Ma, dopo le dimissioni da un precedente incarico, l’ultima assunzione deve durare almeno 13 settimane per poter maturare il diritto alla Naspi.

Questa è la novità introdotta di recente. A essa si affianca un’ulteriore novità riguardante i licenziamenti disciplinari. Se avvengono per assenze ingiustificate ripetute di un lavoratore, ai fini della Naspi vengono equiparati alle dimissioni volontarie. In altri termini, chi si trova in questa situazione perde il diritto alla Naspi.

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L’Ape sociale, come funziona l’Anticipo Pensionistico

L’Ape sociale è riservata a quattro categorie specifiche: caregiver, invalidi, addetti ai lavori gravosi e disoccupati. Sono richiesti 36 anni di contributi per gli addetti a lavori gravosi e 30 anni per le altre tre categorie. Inoltre, l’età minima dev’essere di 63 anni e 5 mesi. Nel caso dei disoccupati, per poter accedere all’Ape sociale, è necessario aver terminato di percepire per intero la Naspi.

In conseguenza di ciò, anche l’ultima attività lavorativa dev’essere stata interrotta involontariamente. Il riconoscimento di questa forma di pensione anticipata si basa anche sull’aver percepito integralmente l’indennità di disoccupazione. Chi, ad esempio, dà le dimissioni volontarie, escludendosi dalla Naspi, perde anche il diritto all’Ape sociale.

Cos’è la quota 41 per i precoci, la pensione anticipata anche per disoccupati

La stessa categoria di beneficiari vale per la quota 41 riservata ai lavoratori precoci. Possono infatti andare in pensione coloro che raggiungono, indipendentemente dall’età, 41 anni di contributi, a patto di aver maturato almeno 12 mesi di contributi (anche non continuativi) prima del compimento dei 19 anni di età.

Invalidi, caregiver, addetti ai lavori gravosi e disoccupati – oltre agli addetti ai lavori usuranti – possono accedere a quota 41, rispettando le condizioni previste.

Per i disoccupati, si applica lo stesso vincolo di cui sopra: aver terminato la Naspi. Una volta concluso il periodo di disoccupazione, se si possiedono i 41 anni di contributi e l’anno da precoce, si ha accesso alla quota 41 con una finestra di tre mesi. Qualora, a causa di dimissioni volontarie, non si abbia avuto diritto alla Naspi, non si potrà chiedere la quota 41.

Pensioni anticipate con Ape e quota 41 ok, ma le novità sulla Naspi sono limitative anche per le pensioni

Sul rapporto tra Naspi e pensioni con la quota 41 ci sono state diverse sentenze che hanno aperto alla possibilità di riconoscere la prestazione anche in assenza di Naspi, obbligando l’INPS ad accogliere la domanda.

Sebbene tali pronunce non abbiano modificato le regole né l’orientamento dell’INPS, costituiscono precedenti da sfruttare se, a chi presenta domanda, viene dato esito negativo e decide di intraprendere le vie legali.

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Alcuni tribunali, infatti, ritengono che conti solo la perdita involontaria del lavoro, indipendentemente dal fatto che si sia effettivamente usufruito o meno della Naspi. Il principio è che la Naspi e la pensione con quota 41 o Ape sociale non possono essere percepite insieme, per cui la rinuncia alla disoccupazione non dovrebbe pregiudicare il diritto alla pensione.

Tuttavia, al di là di questi orientamenti giurisprudenziali, occorre evidenziare che, a causa delle due novità citate (relative all’assunzione breve successiva alle dimissioni e ai licenziamenti disciplinari per assenteismo), si rischia di non avere diritto alla Naspi e, di conseguenza, nemmeno a Ape sociale o quota 41.

In pratica, se un lavoratore si dimette e poi trova un impiego più breve di 13 settimane, alla sua scadenza non potrà chiedere la Naspi. E quindi niente Ape sociale o quota 41 precoci. Lo stesso vale per il lavoratore licenziato per troppe assenze ingiustificate, ormai assimilato a chi si dimette volontariamente.

Ecco cosa succede adesso per chi vuole andare in quiescenza dopo la Naspi

Attenzione, perché per accedere all’Ape sociale o alla quota 41 c’è un ulteriore ostacolo: esso vale anche per chi ha percepito la Naspi in modo regolare. Qualora la Naspi derivi da un contratto a termine, per beneficiare dell’Ape sociale servono almeno 18 mesi di contributi negli ultimi 36 mesi prima della domanda.

In mancanza di questo requisito, anche alla scadenza della Naspi non sarà possibile accedere alla pensione. Tali condizioni limitano notevolmente la possibilità di sfruttare queste due misure di pensionamento anticipato per disoccupati.

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