L’Ue si è allontanata dalla visione dei padri fondatori. Oggi è fondata sul primato del secolarismo e del relativismo culturale. Per fortuna dell’Europa l’antico ideale riemerge nel progetto delle destre conservatrici ed identitarie
L’idea di Europa unita della destra italiana affonda le sue radici in una visione antica e profonda. Da essa scaturisce una visione chiara del processo d’integrazione europeo, sia da un punto di vista culturale e sociale che da quello economico e istituzionale. La destra ha sempre avuto come punto di riferimento l’ideale di una “Europa potenza”, ossia una civiltà in grado di perseguire in maniera autonoma una propria agenda, fondata sulla collaborazione tra nazioni libere e sovrane. Il punto di partenza delle critiche rivolte all’Ue risiede nel fatto che il processo d’integrazione si sta allontanando sempre di più dalle radici storiche e culturali dell’Europa.
I padri fondatori e l’ideale di Impero
La nascita della CECA, e la sua successiva trasformazione nell’Ue, si è realizzata attorno a due idee guida. Alcuni vedevano nel processo d’integrazione una sorta di rinascita di una entità simile all’Impero. In loro vi era il desiderio di dare vita ad un soggetto politico in grado di tenere unite, senza annullarle, le diverse realtà nazionali. Una organizzazione capace di pesare sulla scena internazionale e di lasciare la massima libertà al suo interno. Altri ricercavano soprattutto la costituzione di una zona di libero scambio in grado di favorire lo sviluppo economico e commerciale e di arrivare al superamento degli stati-nazione. L’Impero Carolingio e il Sacro Romano Impero (entrambi legati all’antica Roma) erano le referenze ideali principali dei padri fondatori dell’Europa unita. Va notato, infatti, che oltre alla convinta adesione alla fede cristiana, Adenauer, Schuman e De Gasperi, condividevano la provenienza da territori che erano appartenuti al Sacro Romano Impero. Purtroppo, come ha dimostrato il rifiuto del riferimento dalle radici cristiane nei Trattati, l’Ue ha tradito lo spirito dei padri fondatori. L’Ue differisce dalle principali costruzioni imperiali del passato in quanto privilegia una logica economica, preferendo allontanarsi da tutti i sentimenti identitari. Le sinistre e i federalisti considerano l’Ue come una tappa intermedia verso la costruzione di una società globalizzata. Per molti dei suoi dirigenti i cittadini europei sono solo dei consumatori e degli individui slegati da appartenenze locali e famigliari.
L’Europa di De Gaulle vs l’Europa di Jean Monnet
Nel corso degli anni le incomprensioni tra i fautori di un’Europa potenza (Impero) e quelli che sostengono la visione federalista e globalista sono aumentate. L’anno 1992 ha segnato un punto di rottura nella storia del processo d’integrazione. Per la prima volta le opinioni pubbliche nazionali espressero dei dubbi al suo riguardo (dal 1951 al 1992 era passato quasi “inosservato”). In Danimarca un referendum rigettò il Trattato di Maastricht mentre in Francia verrà approvato di un soffio con il 51% dei voti. Il 2004, l’anno in cui venne bocciato il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, segnerà un’ulteriore frattura. Da quel momento emerse una contrapposizione, sempre più serrata, tra una parte di cittadini denominati impropriamente “euroscettici” (in quanto questa definizione confonde l’aspetto legato alla civiltà europea con l’organizzazione denominata Unione europea) e la maggior parte dei responsabili politici e dell’élite di Bruxelles definiti, altrettanto impropriamente, “europeisti” (in quanto questa definizione lascerebbe intendere che i loro oppositori sarebbero contro l’Europa).
Il Trattato di Lisbona e la fine dell’Europa come Impero
Il 2004 segnò soprattutto la fine del sogno di dar vita ad un “Impero europeo”, cosi come era stato immaginato dai padri fondatori. Al suo posto si decise di promuovere la creazione di un mercato sopranazionale incentrato sul primato dell’individualismo, sul secolarismo e il relativismo culturale. Nel 2009 i responsabili politici, timorosi di una nuova sconfitta, si guardarono bene dal sottoporre il Trattato di Lisbona a referendum. L’Ue attuale, a differenza dei paesi che la compongono, si proietta innanzitutto come una costruzione giuridica, economica e ideologica. Non si immagina come una organizzazione le cui radici sono ben piantate nella realtà e nell’eredità ricevute. L’Ue ha grosse difficoltà a definire sé stessa in quanto la storia, la geografia, la cultura, non rientrano direttamente nella definizione di una europeità che Bruxelles dovrebbe proteggere e valorizzare. Le attuali leadership “europeiste” intendono l’Ue come post-storica, post-cristiana e post-moderna. Pertanto, questa Unione europea che unisce cosmopolitismo mercatista e obiettivi morali universalistici, suscita un rigetto crescente presso quegli stessi popoli che dovrebbe tutelare e guidare.
I Conservatori europei come antidoto al disfacimento dell’Ue
Al contrario di quello che il mainstream vuole far credere sono i Conservatori europei (e in generale le forze politiche di destra) ad essere i più strenui difensori dell’unità europea. Non inseguono la logica di una “Europa sempre più stretta” che porterebbe alla creazione di un super-stato attraverso la cancellazione delle differenze e delle sovranità nazionali. Alla visione federalista contrappongono quella confederale, che mette in risalto il ruolo degli stati nazionali e che rispetta fino in fondo i principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Vogliono evitare il continuo accentramento di poteri verso Bruxelles, laddove ciò non fosse necessario e, soprattutto, non fosse il frutto di una volontà popolare, anziché una imposizione tecnocratica. Per loro il riferimento alle radici Cristiane e alla Dottrina sociale della Chiesa dovrebbe chiaramente riflettersi nelle proposte politiche. Non cercano, nel nome di una presunta accoglienza, di cancellare la propria storia e la propria identità. Anzi, fanno esattamente l’opposto, perché sono consapevoli che solo attraverso l’adesione al modello sociale europeo e il rispetto degli usi e costumi delle comunità di accoglienza, ci può essere vera integrazione. Ricercano una reale convivenza non una falsa sopportazione dell’altro nel nome del politicamente corretto. Sono consapevoli che la famiglia e il pilastro insostituibile della nostra società e che senza figli non ci sarà futuro. Solo uno spostamento sempre più a destra, fondato sulla collaborazione tra le forze politiche popolari, conservatrici e sovraniste, potrà riportare in auge la visione dei padri fondatori e l’ideale di un impero al servizio dei suoi popoli, che difende i deboli contro i prepotenti, che garantisce giustizia e sicurezza.
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