Il meglio dell’ultimo giorno di Milano Fashion Week Donna autunno inverno 2025/26| Artribune

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Nonostante la Milano Fashion Week termini lunedì 3 marzo con gli show digitali, e Giorgio Armani chiuda in bellezza domenica 2, è il sabato a essere l’ultimo vero giorno di sfilate nella capitale della moda italiana. Gli appuntamenti sono tanti, procedono a ritmo serrato dalla mattina presto, e non cessano fino a sera tardi. Proprio in queste ultime ore si è delineato un quadro preciso dello stato dell’abbigliamento femminile e maschile italiano, in vista della stagione autunno inverno 2025/2026.

Ferrari, Milano Fashion Week, 2025/26

Ferrari e Ferragamo: identità come valore

Primo tra tutti nelle nuove collezioni, è il tema dell’identità. Lo stilista Rocco Iannone parte dall’Officina, intesa come bottega artigianale, centro di studio, laboratorio progettuale e punto di partenza della produzione industriale, per sviluppare la sua visione modaiola di Ferrari. I pellami sono ingrassati, spugnati, tinti a mano, lucidati e spazzolati, scrostati come affreschi artistici, mentre i panni di cashmere sono zibellinati in superficie e la maglieria viene declinata in versioni sia aderente sia lucida, e persino rielaborata con incroci di trecce e coste ispirati agli stucchi ornamentali. Ricchezza materica, raffinatezza tattile e vibrazioni visive sono le parole (anzi, espressioni) d’ordine: più Ferrari di così, come si potrebbe?
Ferragamo invece parla di identità degli altri, di pari passo alla propria che si evolve verso prospettive future. Il direttore creativo Maximilian Davis si lascia trasportare da due decadi importanti per le persone tutte: gli Anni Venti, “un momento di libertà, di persone emancipate che creavano spazi per sé stesse”; gli Anni Ottanta, e anche un po’ Settanta, del movimento Tanztheater: “Anche quello fu un momento di liberazione”. “La loro espressione dell’amore attraverso il movimento è una rivelazione inattesa; esplorata in un modo che nessun altro ha mai percorso nei decenni successivi”. Il risultato? Un melting pot ben assortito, e soprattutto coerente, che spazia da abiti di seta lineari a trench fluidi in satin stretti sul corpo, piume che si appiattiscono e papaveri che pendono da steli che sembrano nastri. La ricchezza floreale delle campagne Ferragamo degli 80s e il design delle scarpe d’archivio sono evocati nelle calzature, ribadendo che nell’operato di Davis c’è la forma più pura e creativa dell’identità del marchio.

Dolce&Gabbana, Milano Fashion Week. Photo Gorunway
Dolce&Gabbana, Milano Fashion Week. Photo Gorunway

Dolce&Gabbana: coolness is back!

Anche da Dolce&Gabbana si parla di identità, ma sulla passerella di Domenico Dolce e Stefano Gabbana è ancora più forte la coolness, ossia la “figaggine” del vestirsi con stile e personalità, che in fin dei conti fa parte della loro storia. Identità intesa della persona prima e del brand poi. Guardando la collezione Donna autunno inverno 2025, viene da urlare a squarciagola: coolness is back! Quella vera, che loro hanno saputo rendere portabile sempre, a cavallo tra gli Anni Novanta e Duemila. I pantaloni sono cargo, i capispalla in eco-pelliccia e i tessuti sono tendenzialmente vedo-non vedo, decorati in alcuni casi da applicazioni luccicanti e quindi preziose, rendendo ancora una volta il corpo tela su cui proiettare idee e ideali. Liberando le giovani donne, ma non solo, dalla paura di mostrarsi per ciò che sono o vorrebbe essere. Adesso hanno (di nuovo) qualcuno che pensa a loro, nonostante abiti e accessori facciano credere di essere tornati a inizio secolo. La Gen Z, però, è rimasta a quel periodo in termini di codici stilistici, e di conseguenza pure la coolness.

Bally, Milano Fashion Week
Bally, Milano Fashion Week

Bally: sperimentare al primo posto

Se da un lato si riflette su identità e passato, dall’altra si sperimenta con forme, silhouette e accostamenti. Nelle note alla collezione autunno inverno 2025 di Bally, si legge che il punto di partenza è “l’esplorazione della routine: la ripetizione e l’ordine che plasmano la nostra vita quotidiana.Tuttavia, a un certo punto, sentiamo il bisogno di sfidare questa struttura, di sovvertirla, di sognare e di evadere in un mondo meno preciso e più istintivo”. Le colonne portanti di quello che si dice essere l’ultimo atto di Simone Bellotti nelle vesti di direttore creativo del brand, sono due termini tedeschi per “performance”: Leistung, performance nel contesto del lavoro, misurata dai risultati; Aufführung, performance come atto di espressione personale su un palcoscenico. Dunque, Bellotti fa presto a sovvertire i completi sartoriali, elemento formale per eccellenza del guardaroba, con lo shearling e la pelle, selvaggi e per questo in contrasto, e finti fianchi spigolosi su abiti e gonne bon ton. Che peccato sarebbe non vedere più il suo talento a disposizione di Bally, eppure… La moda è diventata anche questo negli ultimi anni: infiniti giri di poltrone a cui la creatività cerca di resistere, come ha dimostrato a Milano.

Giulio Solfrizzi

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