Gioco d’azzardo in Calabria, è allarme: «Non riguarda solo le fasce meno abbienti, il 50% ha una laurea». E sull’uso di droga: «S’inizia già a 13 anni»

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Parla Roberto Calabria, direttore del Servizio per le tossicodipendenze dell’Asp di Cosenza. Il ruolo delle famiglie, delle scuole e dei social: «Ormai i ragazzi comunicano sempre meno nel mondo reale, interagiscono tramite smartphone»


Il gioco d’azzardo, la dipendenza da sostanze e l’uso eccessivo dei social media sono fenomeni in costante crescita, che colpiscono trasversalmente ogni fascia della popolazione, con un impatto particolarmente allarmante tra i giovani.

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Ne ha parlato ai nostri microfoni il dottor Roberto Calabria, direttore del Ser.T. dell’Asp di Cosenza: «La Calabria è tra le regioni italiane con il più alto tasso di gioco d’azzardo, piazzandosi al quarto posto a livello nazionale – afferma l’esperto in Medicina delle dipendenze. – In particolare, la provincia di Cosenza detiene il primato regionale, con quasi due milioni di euro spesi ogni anno in giocate. Una cifra impressionante, che dimostra quanto il fenomeno sia diffuso».

Negli ultimi due anni, il Ser.T. ha seguito 216 pazienti in trattamento per ludopatia, ottenendo buoni risultati. «Ma c’è un dato sorprendente e allo stesso tempo preoccupante: il 50% di queste persone ha una laurea, seguiti dai diplomati e, solo dopo, dai disoccupati. Questo dimostra che il gioco d’azzardo non è un problema confinato alle fasce meno abbienti della popolazione, ma coinvolge un’ampia parte della società».

La salute non è un gioco

Per contrastare questa piaga, è stata avviata una forte campagna di sensibilizzazione con progetti regionali condivisi. «Uno degli strumenti principali è stato il camper con lo slogan La salute non è un gioco, che ha girato tra le piazze più frequentate della movida cosentina. Qui, attraverso questionari e incontri diretti, è stato possibile avvicinare molte persone e portare alla luce il dramma che si nasconde dietro questa dipendenza».

Droga e alcol

Ma il problema del gioco d’azzardo è solo uno dei tanti. Anche il consumo di droghe e alcol è in forte aumento, e ciò che preoccupa di più è che l’età di inizio si è drasticamente abbassata: si parla di ragazzi di appena 13 anni. «L’alcol, in particolare, è spesso la prima sostanza con cui si comincia, aprendo poi la strada ai cannabinoidi e, in alcuni casi, alla cocaina -spiegano il dottor Calabria. Molto diffuso è anche l’abbinamento tra alcol e cocaina».

Di fronte a questa emergenza, si è cercato di intervenire con campagne di prevenzione capillari, portando l’informazione direttamente «nelle scuole, nei luoghi di aggregazione giovanile, nei centri sportivi e perfino nelle parrocchie».

Ma perché oggi il rischio di tossicodipendenza è così alto? «Uno dei motivi principali è il ruolo sempre più fragile delle famiglie e della scuola. Questi due pilastri educativi stanno attraversando una fase di difficoltà: spesso i genitori non comunicano con i figli, non riescono a intercettare i segnali di disagio e i ragazzi, sentendosi soli, finiscono per cercare rifugio in comportamenti dannosi. 

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Il problema riguarda poi soprattutto i giovani più introversi, «che faticano a esprimersi e, in presenza di ansia o depressione, tendono a isolarsi ancora di più invece di chiedere aiuto».

Il ruolo delle famiglie e delle scuole

Per questo motivo, è fondamentale che i genitori prestino maggiore attenzione ai propri figli. «Devono parlare con loro, ascoltare il loro malessere e, se necessario, farsi aiutare da strutture come il Ser.T., specializzate nel trattamento delle dipendenze. Purtroppo, chi arriva ai centri di assistenza lo fa spesso dopo molti anni dal primo contatto con la sostanza, quando il problema è ormai radicato: il fai da te è la cosa più sbagliata».

Anche le scuole possono e devono fare molto. «Un esempio concreto è il progetto Unplugged, che stiamo promuovendo noi del Ser.T. e che prevede la formazione di docenti referenti, i quali poi si occupano di sensibilizzare gli studenti sui rischi delle dipendenze».

I social

Infine, un ruolo fondamentale lo giocano i social media, che sono diventati una vera e propria dipendenza, e non solo per i più giovani. «I ragazzi, ormai, comunicano sempre meno tra loro nel mondo reale: interagiscono solo attraverso lo smartphone, scorrendo continuamente i social o incontrandosi in contesti in cui l’alcol è protagonista. Il problema è che, online, vedono solo la vita ideale degli altri e finiscono per sentirsi sempre più inadeguati».



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