FONDAZIONE NORD EST * OCCUPAZIONE FEMMINILE : «AL TOP ALTO ADIGE, SEGUITO DA TRENTINO (12,4), EMILIA ROMAGNA (13,5) E FRIULI VENEZIA GIULIA (14,0)»

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16.41 – sabato 1 marzo 2025

Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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Ai ritmi attuali di aumento dell’occupazione femminile servono molti anni per raggiungere il livello della regione di Stoccolma: 11 per il Veneto (dove i progressi sono stati più rapidi) e ben 28 per il Piemonte. Lombardia ed Emilia-Romagna indietro di 24 e 20 anni. Il divario di genere è altissimo anche nelle fasce più giovani della popolazione.
Nord Italia, dove il lavoro ha ancora il genere

La mappa dell’occupazione femminile nel Nord Italia racconta di ampie disparità territoriali, opportunità frammentate e potenzialità inespresse, con gravi ritardi rispetto ai Paesi europei più avanzati. Ritardi da colmare rapidamente di fronte all’avanzare della glaciazione demografica e alla bassa attrattività per i giovani, che considerano la discriminazione di genere come un fattore di allontanamento.

Il Nord-est italiano, con un tasso di occupazione1 femminile al 68,4%, si posiziona 12,5 punti percentuali sotto l’Estonia (80,9%), il Paese più virtuoso in Europa, e 11,8 punti sotto la Svezia (80,2%). La migliore performance nordestina è dell’Alto Adige (74,2%), comunque 6,7 punti distante dall’Estonia, collocandosi più vicina ai livelli della Repubblica Ceca (74,5%) e dell’Irlanda (74,3%). Le altre regioni mostrano ritardi più marcati: il Veneto (67,4%) è distante 13,5 punti dal vertice europeo, il Friuli-Venezia Giulia (66,7%) segna un gap di 14,2 punti e l’Emilia-Romagna (69,1%) mostra un distacco pari a 11,8 punti percentuali.

Il Nord-ovest ha un tasso del 65,9%, con un ritardo ancora più accentuato rispetto ai paesi leader: distanziato di 15 punti dall’Estonia e 14,3 dalla Svezia. All’interno di questa macroarea, solo la Valle d’Aosta (73,3%) riesce a contenere il divario a 7,6 punti dal vertice europeo, mentre la Lombardia (66,7%) è lontana 14,2 punti. Le situazioni più critiche nel Nord-ovest riguardano il Piemonte (64,5%) e la Liguria (64,1%), che registrano ritardi rispettivamente di 16,4 e 16,8 punti percentuali rispetto al Paese più virtuoso.

 

Il divario occupazionale di genere nelle regioni settentrionali italiane, seppur in riduzione, risulta ancora molto lontano dagli standard dei Paesi che hanno compiuto i maggiori progressi nella promozione dell’occupazione femminile.
Il divario occupazionale di genere nel Nord-ovest si attesta a 15,6 punti percentuali nel 2023, mentre nel Nord-est è pari a 14,7 punti.
Tra le regioni del Nord-ovest, la Valle d’Aosta si distingue per la miglior performance, con un divario occupazionale di 8 punti, molto vicino a quello dei Paesi Bassi (7,8 punti), mentre in Lombardia è di 15,6 punti, in Piemonte di 15,4 e in Liguria di 16,2. Nel Nord-est, l’area più virtuosa è l’Alto Adige, che con un divario di 10,7 punti si avvicina di più ai migliori standard europei, seguito da Trentino (12,4 punti), Emilia- Romagna (13,5) e Friuli-Venezia Giulia (14,0). Il Veneto mostra il divario più alto tra le regioni del Nord Italia: 16,6 punti, valore che è otto volte quello dell’Estonia, il Paese con il miglior risultato in Europa.

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Nel decennio 2013-2023 le regioni settentrionali italiane hanno proceduto con passo corto verso la parità di genere.Meno timidi sono stati Veneto e Trentino, che, partendo da un divario iniziale molto ampio, hanno registrato i progressi più importanti: il Veneto è passato da 21 a 16,6 punti percentuali, mentre il Trentino ha compiuto un balzo da 16,8 a 12,4 punti.

Tuttavia, il confronto con realtà come l’Estonia – che ha raggiunto l’esiguo divario di 2,4 punti percentuali – rivela quanto la strada sia ancora lunga e il ritmo dovrebbe essere più alto. Nel panorama della lenta riduzione del divario di genere, Piemonte e Liguria emergono come casi anomali: queste regioni hanno addirittura visto un peggioramento negli ultimi dieci anni. Il Piemonte è passato da 14,3 a 15,4 punti percentuali e la Liguria da 15,8 a 16,2, muovendosi entrambi in controtendenza rispetto al generale progresso delle altre regioni settentrionali. Il progresso dell’Emilia-Romagna è stato minimo da 14,4 a 13,5 punti.Il divario di genere colpisce anche in giovane età.

Il divario di genere colpisce tutte le fasce di età, come si evince dall’analisi delle diverse coorti. Liguria e Friuli-Venezia Giulia registrano il divario più elevato nella fascia 25-34 anni, pari a 18,2 punti percentuali, un valore circa doppio rispetto a Germania ed Estonia e triplo rispetto ai Paesi nordici. Passando alla fascia 35-44 anni, le regioni del Nord Italia registrano valori di divario di genere tendenzialmente elevati, con Alto Adige e Valle d’Aosta che hanno il gap più contenuto, ma comunque nettamente superiore rispetto ai Paesi europei più virtuosi.

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Infine, nella fascia 55-64 anni, il gap occupazionale più alto si registra in Liguria (18,9 punti) e Veneto (18,7), evidenziando che il divario di genere in queste regioni tende a salire con l’età. Da notare come questi valori risultano oltre tre volte superiori al divario di genere registrato in Svezia (5,4), mentre in Estonia addirittura diventa negativo, ossia l’occupazione femminile supera quella maschile. Il quadro denuncia gravi problemi strutturali e una marcata discriminazione di genere, presente in tutte le regioni del Nord Italia, che inizia in giovane età e accompagna le donne lungo tutto il percorso lavorativo.
Figura 3 – Divario di genere per fasce d’età (punti percentuali, 2023)

 

 

 

Progressi sì, ma troppo lenti: da 9 a 28 anni per raggiungere la regione di Stoccolma

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Quanti anni occorrerebbero, ai ritmi attuali, per portare il tasso di occupazione femminile nelle regioni italiane settentrionali ai livelli delle regioni europee più avanzate? Prendiamo come obiettivo la regione di Stoccolma e calcoliamo il tempo necessario usando l’incremento annuo nel 2013-2023 registrato da ciascuna regione del Nord Italia2.

La scelta della Svezia e, in particolare, della regione di Stoccolma come riferimento per il target di occupazione femminile si basa sulle performance eccellenti in termini di uguaglianza di genere e partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Con un tasso di occupazione femminile tra i più alti in Europa e un divario di genere tra i più bassi, la Svezia rappresenta un modello di riferimento per le politiche attive del lavoro e la conciliazione lavoro e vita privata. Stoccolma, in particolare, offre un ambiente particolarmente favorevole all’occupazione femminile grazie alla forte presenza di settori innovativi, alla diffusione di pratiche aziendali orientate alla parità di genere e a un sistema di welfare avanzato. Elementi che costituiscono best practice a cui ispirarsi.

In Piemonte il mantenimento della crescita annua inferiore all’1% spingerebbe il raggiungimento del target oltre il 2050, un orizzonte temporale lunghissimo per una delle principali economie regionali del Paese. Guardando complessivamente la media del Nord-ovest, con un ritmo di crescita pari a 0,91% l’anno rischia di cronicizzare il divario di genere.

Il passo più svelto è stato osservato in Valle d’Aosta e Veneto, che al ritmo attuale potrebbero avvicinarsi al target rispettivamente nel 2033 e nel 2035. Più preoccupante è la situazione della Liguria e dell’Emilia-Romagna che avanzano con una lentezza tale da non raggiungere l’obiettivo prima del 2044.

Questi dati mostrano come il lento cammino verso l’uguaglianza non sia solo una questione nazionale, ma una responsabilità che coinvolge direttamente i territori. Senza un cambio di passo nelle politiche di conciliazione, nei servizi di cura e negli incentivi all’occupazione femminile, molte regioni italiane rischiano di consegnare alle prossime generazioni un mercato del lavoro ancora segnato da profonde disuguaglianze.

Guardare con uno sguardo critico il cammino degli ultimi dieci anni può insegnarci molto. I progressi, seppur presenti, restano troppo lenti e sottolineano l’urgenza di politiche pubbliche più ambiziose e di pratiche aziendali incisive, capaci di imprimere una svolta significativa al tasso di crescita dell’occupazione femminile nelle regioni del Nord Italia3.

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Questa nota è stata preparata da:

Alice Giacomelli, ricercatrice junior

Elisabetta Lamon, ricercatrice senior

Luca Paolazzi, direttore scientifico

Slavica Zec, ricercatrice senior

 

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1 Il tasso di occupazione è il rapporto percentuale tra gli occupati e la popolazione in età di lavoro; in questo caso ri riferisce alle donne occupate in relazione alle donne in età di lavoro.

2 L’ipotesi è che il tasso di occupazione aumenti dopo il 2023 allo stesso ritmo percentuale osservato nel decennio 2013- 2023. Si calcola così l’anno in cui il tasso di occupazione femminile di una data regione settentrionale raggiunge quello che la Regione di Stoccolma aveva nel 2023, supposto rimanere costante. Il numero di anni necessari ad arrivare al traguardo si ottiene comprendendo anche il 2025, quindi come differenza rispetto al 2024.

3 L’analisi presentata si basa sui tassi di crescita 2013-2023, offrendo un quadro statico che non considera le profonde trasformazioni attese. I dati attuali potrebbero sottostimare fattori cruciali come l’aumento dell’occupazione femminile nelle coorti giovani, l’uscita dal mercato del lavoro delle generazioni più anziane e le potenziali accelerazioni derivanti da innovazione e cambiamenti strutturali.



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