Collector’s Edition, ma quanto mi costi?

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Collector’s Edition, Limited Edition, Special Edition: nomi diversi per indicare la stessa tipologia di prodotto.

Ci sono molti motivi per cui i videogiochi riescono ad avere tanta presa sul pubblico. Alcuni di questi sono legati strettamente alle strutture ludiche dei vari titoli, mentre altri alla loro potenza immaginifica. Potenza che deriva da elementi come la componente artistica e quella musicale, senza dimenticarsi della narrativa, vero e proprio traino per migliaia (e non milioni) di videogiocatori. Per venire incontro alla “necessità” del pubblico di rimanere il più possibile all’interno di questo universi digitali, da diversi anni gli sviluppatori di tutto il mondo hanno iniziato a produrre delle “Edizioni Speciali”. Delle vere e proprie versioni dei giochi pensate per i collezionisti, ricche di oggetti fisici perfetti per arredare la propria casa o di interessanti extra come Artbook e Colonne Sonore. Il tutto, ovviamente, a un “giusto” prezzo.

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Si tratta di un’idea dall’enorme potenziale e che è stata bene accolta dall’utenza. Dopotutto chi non vorrebbe avere in casa una statua di Leon Kennedy tratta dal remake di Resident Evil 2 o un vero mappamondo come quello di Indiana Jones e l’Antico Cerchio? Eppure, con il passare degli anni, qualcosa è cambiato. I costi sono aumentati. Gli oggetti presenti nelle Collector’s Edition sono meno interessanti di un tempo. Il metodo di acquisto è diventato sempre più malsano, permettendo il moltiplicarsi degli scalper (ovvero a coloro che acquistano un prodotto per rivenderlo poi a un costo maggiorato), con buona pace dei reali fan dei vari franchise. Ma partiamo dal principio.

Un mondo al di fuori degli universi digitali

Risalire a quale sia la prima Limited Edition della storia dei videogiochi non è facile. Questo perché è necessario stabilire cosa sia davvero una “Limited Edition”. Basta una cover alternativa più rara da trovare, oppure deve essere presente per forza un contenuto fisico extra? Secondo diversi portali che tengono traccia dei diversi mercati, pare che il “vincitore” sia Myst (1993), titolo che è approdato sul mercato con un’edizione contenente alcuni screensaver e un mousepad esclusivo.

La Collector's Edition di Wing Commander III rimane una chicca di rara bellezza
La Collector’s Edition di Wing Commander III rimane una chicca di rara bellezza

Molto più vicina alle Limited Edition odierne è però quella di Wing Commander III: Heart of the Tiger (1994), che vantava al suo interno una maglietta, un making-of in VHS, un calendario, il disco con la colonna sonora e un libricino contenente diversi extra sul mondo di gioco. Il tutto raccolto in una scatola discoidale identica a quelle che contenevano le bobine 35mm dei film dell’epoca.

Sono passati più di trent’anni da allora e il mercato dei videogiochi è cambiato diverse volte. Ciò ha portato alla distribuzione di centinaia di Collector’s Edition, alcune molto riuscite, altre… decisamente meno. Con i vari capitoli di Assassin’s Creed, per esempio, Ubisoft è riuscita a dare vita a edizioni da collezione in grado di valorizzare i punti di forza della serie come il world building e l’elemento artistico/sonoro tramite mappe in tessuto, quadri di tela o straordinari artbook. Per non parlare delle varie statue o delle riproduzioni di diversi elementi presi dal capitolo di turno. Ciliegina sulla torta: un prezzo spesso non esagerato, che poteva essere abbattuto comprandolo direttamente dallo Store di Ubisoft con tanto di sconto del 20% reso possibile dai punti ottenuti giocando ai titoli della software house francese.

In passato, lo Store di Ubisoft vantava una versione 'espansa' di ogni Collector's Edition di Assassin's Creed, venduta a prezzi più che abbordabili
In passato, lo Store di Ubisoft vantava una versione “espansa” di ogni Collector’s Edition di Assassin’s Creed, venduta a prezzi più che abbordabili

Non sono da meno, qualitativamente, le Collector’s Edition di Cyberpunk 2077, di Fallout: New Vegas, di The Witcher 3: Wild Hunt o di Persona 5, tutte in grado di portare i propri universi di gioco fuori dalle console e dai PC dei giocatori. Perché, alla fine, è di questo che si tratta. Di una sorta di finestra sui mondi digitali, che permettono a questi franchise di vivere di luce riflessa ogni volta che si posano gli occhi sulla statua o che si sfoglia un Artbook. E ammettiamolo: non c’è nulla di male in tutto questo.

Se siete curiosi di scoprire quali e quante Special Edition siano state pubblicate nel tempo, sappiate che esiste un portale che ha realizzato un database (al quale potete accedere cliccando qui) per evitare che questi oggetti finiscano nel dimenticatoio. Anche se siamo certi che, in alcuni casi, le varie software house lo preferirebbero.

Dalle stelle, alle stalle

È inevitabile che, in tanti anni di Collector’s Edition, alcune di esse non riescano a soddisfare appieno i consumatori. È altresì vero, però, che la colpa non deve sempre ricadere sul prezzo, sulla scarsa quantità di contenuti o sulla fattura di queste edizioni. Talvolta, infatti, è l’idea di partenza a essere sbagliata. Ne è un esempio la Zombie Bait Edition di Dead Island Riptide, che, al di là di una steelbook, dei vari DLC e di diverse carte da collezione, conteneva un busto femminile di un zombie in bikini con testa e braccia tranciate. Delicato? Per nulla. Talmente trash da fare il giro e da diventare un oggetti di culto? Senza dubbio.

Il dramma della Batmobile Edition vive ancora nel cuore di tutti gli appassionati del Crociato Incappucciato
Il dramma della Batmobile Edition vive ancora nel cuore di tutti gli appassionati del Crociato Incappucciato

Oppure come dimenticare la follia della Spotlight Edition, che per “soli” dieci milioni di dollari permetteva a una singola persona di finire all’interno del gioco dopo aver preso lezioni di recitazione professionale, di parkour, di guida off-road e di viaggiare per il mondo insieme al team su un camper personale. Piccola chicca finale: una copia originale della sceneggiatura, per non farsi mancare nulla.

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In alcuni casi, però, delle buone idee si sono concretizzate nel peggiore dei modi (e, in un caso specifico, non si sono proprio concretizzate). Ricordate la famigerata borsa della Power Armor Edition di Fallout 76? In poche parole: quella che sembrava una borsa di cotone si è rivelata essere realizzata in realtà in nylon, con grande rabbia da parte degli acquirenti. Rabbia che si è riversata in una class action che ha costretto Bethesda a sostituire tutte le copie, mantenendo quindi la parola data ai videogiocatori in fase di marketing.

La Power Armor Edition Edition di Fallout 76 e la sua famigerata borsa di nylon
La Power Armor Edition Edition di Fallout 76 e la sua famigerata borsa di nylon

Per non parlare poi della Batmobile Edition di Batman: Arkham Knight. In quel caso si parlava di un’edizione contenente una riproduzione dell’auto del Cavaliere Oscuro con tanto di trasformazione attivabile per passare dalla versione normale a quella d’assalto. Un’edizione che aveva fatto venire la bava alla bocca ai giocatori di tutto il mondo. Peccato, però, che a pochi giorni dall’uscita del gioco Warner decise di cancellarla perché “lontana dagli standard qualitativi richiesti” e di sostituirla con una mediocre statua di Batman sopra Gotham City. Una vera delusione.

Per non dimenticare

Abbiamo già avuto modo di parlare, qui su Multiplayer, dell’importanza della preservazione culturale e di quanto il mercato digitale sia tanto comodo, quanto potenzialmente effimero. Uno dei pregi delle Collector’s Edition è proprio quello di dare tangibilità ai prodotti, riuscendo così a preservarne l’identità nel tempo, andando anche al di là del “semplice” videogioco. Il fatto che esistano DVD con i vari making-of, CD con le colonne sonore e Artbook contenenti le illustrazioni dei giochi è, in generale, un fattore positivo. In un mercato ormai quasi del tutto digitalizzato, il futuro dei giochi fisici potrebbe passare proprio per queste Limited Edition. Non vi piace questa possibilità? Legittimo, ma molto probabilmente l’unica alternativa è il definitivo passaggio al digitale.

La Collector's Edition di Alan Wake 2 è qualcosa che, senza dubbio, avrebbe meritato una risonanza maggiore rispetto al pubblico di Limited Run Games
La Collector’s Edition di Alan Wake 2 è qualcosa che, senza dubbio, avrebbe meritato una risonanza maggiore rispetto al pubblico di Limited Run Games

Se ci pensate, alla fine, è già quello che sta accadendo con Limited Run Games. Se non conoscete questa realtà, sappiate che si tratta di un distributore del Nord Carolina che si occupa di produrre e vendere una ristretta quantità di Edizioni Speciali di una precisa selezione di videogiochi. Se inizialmente i titoli trattati erano per di più di nicchia come Breach & Clear per PlayStation Vita, nel tempo sono arrivate collaborazioni più importanti come quella con Alan Wake 2, Yakuza 5 e Star Wars Jedi: Survivor. Al di là dell’ansia nel dover recuperare queste edizioni rapidamente, prima che vadano esaurite, il problema per noi italiani di questa realtà sono i costosissimi costi di spedizione, che vedono un sovrapprezzo di 50-100 euro per ogni ordine. Sovrapprezzo che si va ad aggiungere a un costo che, oggigiorno, ondeggia spesso tra il “tanto” e il “troppo”.

Prezzi in costante aumento

Arriviamo quindi a quella che, per molti, è la principale problematica delle Limited Edition: il costo. Per ovvi motivi non è possibile pensare che queste edizioni vengano vendute allo stesso prezzo di quelle standard, ma è innegabile che la situazione stia (neanche troppo) lentamente degenerando. Se in passato si parlava di un sovrapprezzo di poche decine di euro, con i picchi massimi attorno ai 150 euro per le Collector’s Edition con statue e diversi extra come quelle di Assassin’s Creed, al giorno d’oggi si parla di cifre totalmente diverse. Basti pensare ai 400 dollari della Collector’s di Black Myth: Wukong, dei 450 dollari della Premium Edition di Armored Core VI: Fires of Rubicon o della Dawn of the Creed Edition di Assassin’s Creed Origins, che (seppur limitata a 1000 copie) raggiungeva la mostruosa cifra di 800 dollari, in linea con la Prestige Edition di Dark Souls 3. E potremmo continuare per ore.

400 dollari per la Collector's Edition di Black Myth: Wukong sono semplicemente troppi per quanto offre
400 dollari per la Collector’s Edition di Black Myth: Wukong sono semplicemente troppi per quanto offre

Stiamo parlando di edizioni che hanno fatto della rarità il loro punto di forza e che offrono contenuti che ai tempi di Xbox 360 e PlayStation 3 avremmo potuto trovare sul mercato anche alla metà del prezzo. Inutile dire che queste cifre vengono poi moltiplicate dagli scalper su eBay, dato che la distribuzione sempre più limitata di queste versioni le rende facile preda di coloro che vogliono lucrare sulle passioni altrui. È innegabile che non sia il periodo migliore per le Collector’s Edition. Non solo ormai costano più delle console nelle quali girano poi i giochi, ma capita spesso addirittura che non sia presente un disco all’interno della confezione, andando così a minare anche quella “preservazione” citata in precedenza nell’articolo. Cosa fare, quindi?

Collector’s Edition: ne vale ancora la pena?

La domanda che dà il titolo a questo paragrafo conclusivo non ha una risposta unica e univoca per tutti i videogiocatori. Come spesso accade, la questione economica è sì fondamentale per un giudizio generale, ma allo stesso tempo estremamente soggettiva. Qualcuno potrebbe ritenere valido spendere centinaia di euro per un proprio feticcio. Per poter portare, come affermato in apertura, un po’ dei propri universi digitali preferiti nel mondo reale. Altre persone, invece, preferiscono spendere i soldi altrove, provando anche un sincero fastidio nei confronti di un mercato (quello delle Limited Edition) che un tempo era sicuramente più accessibile. E sapete qual è il “bello”? Che entrambe queste visioni hanno dignità di esistere.

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È però evidente un fatto. Se Collector’s Edition tanto costose vanno esaurite tanto rapidamente è chiaro che c’è effettivamente un mercato di appassionati disposti a spendere quelle cifre. È altresì vero, però, che procedendo in questa direzione difficilmente potremo tornare indietro, permettendo alle aziende di alzare sempre di più l’asticella per capire sino a che costo potersi spingere. Sia chiaro: non si può (e non si deve) accusare qualcuno per essere disposto a investire i propri soldi per seguire una passione, però è cosa buona e giusta rendersi conto della strada intrapresa.

Non è una questione di “colpa”, ma di “consapevolezza”.





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