Slow Wine Fair, dieci assaggi altamente consigliati

Non sono tempi semplici, per il mondo, per il vino, per una certa idea di agricoltura, di umanità e di futuro anche. Questa edizione di Slow Wine 2025 che va in archivio, registra in ogni caso, tanta di questa inquietudine, sfide, incertezze di un presente che pare assistere impotente all’addensarsi di nubi parecchio scure all’orizzonte.

Le fiere Slow al tempo del negazionismo climatico, fanno bene al cuore, prima di tutto, perché ci connettono con un mondo che si vede poco, fatto di vini, di esseri umani e di vini umani, di persone che fanno cose belle ogni giorno e le imbottigliano.

Ci sono i tempi incerti, e poi ci sono gli assaggi, ci sono le persone, i vignaioli, (più o meno rock), e tutto, sotto le luci diafane nell’attualissimo brutalismo di Bologna Fiere, sembra, ancora, a tratti, bellissimo.

I nostri dieci migliori assaggi, non in ordine gerarchico, sono assaggi random basati sull’emozione, senza un criterio geografico o altro, nella convinzione che nel vino come nell’amore, la casualità o se volete la serendipità debbano continuare a regnare sovrane in un mondo che vuole cancellare tutto ciò che non è digitale, misurabile e prevedibile.

Il vino resta, anche in tempi di intelligenze artificiali e di confusioni, quelle sì umanistiche, il regno del possibile, del non previsto, in poche parole, della poesia.

Ecco gli assaggi:

1) Paola Oberto, Barbera Superiore, Santa Caterina, 2023

Ho un debole per i vitigni underdog, considerati, spesso a torto minori, relegati nella categoria, mortificante e forse un poco curiale, del vino quotidiano, quindi partiamo con una Barbera, una bellissima Barbera, frutto, finezza, audacia grande allungo, un Piemonte umilmente poetico che non sentivo nel bicchiere da tanto tempo.

2) Lodali, Barolo Bricco Ambrogio, 2021

Un Barolo democratico anche nel prezzo, meravigliosa eleganza, nerbo, vibrazione, naso seducente, bocca fragrante, allungo, stile Fausto Coppi.

3) Nisyros, 5,10,15, 2024 

Non ho fatto il liceo classico ma se la Grecia fosse stata questa, tornassi indietro lo farei. Suoli vulcanici, a Rodi, infatti questo bianco è davvero un colosso. Athiri 100%, non il vitigno più famoso del mondo, ma potrebbe

diventarlo. Sapidità, freschezza, persistenza. Appagante senza essere banale, intellettuale, senza essere mai respingente, un grande bianco europeo di cui sentirete parlare.

4) Patrizia Cencioni, Brunello di Montalcino 2020

Tra le cose che nella vita si possono fare coi vestiti addosso, bere Brunello di Montalcino è una delle più belle. Un grande vino rosso, bilanciatissimo, legno e frutto integrati, persistenza livelli Bob Dylan, naso sfaccettato, meravigliosamente sensuale, come del resto il palato. Volete fare innamorare qualcuno? Il vino è questo.

5) Tenuta i Fauri, “Le Belle” Bianco Frizzante Metodo Ancestrale

Più invecchio più mi innamoro delle cose semplici ben fatte, delle cose belle che non si prendono troppo sul serio, sono un PetNat-dipendente. Un rifermentato dalla freschezza pazzesca, finale sapido, tendente all’infinito, piacevolezza gustativa per cui mancano le parole. Il pecorino del futuro, forse, del presente sicuramente, una bolla da antologia.

6) Di Filippo, Etnico, Sagrantino di Montefalco DOCG, 2019

Un Sagrantino che guarda al futuro senza rinnegare le origini, un rosso, meravigliosamente pronto ma ancora futuribile e futurista, anche. Lievemente meno evidente la parte tannica e oscura dei sagrantini (neo)classici, un vino più elegante che potente, più di allungo che di intensità, una delle Docg italiane meno cool, ora ha un vino che potrebbe identificare una via più nuova, per tempi nuovi, grande vino, provatelo.

7) Edoardo Dottori, Kochlos, Verdicchio dei Castelli di Jesi Superiore, 2023

Un bianco che vince e convince, nome da liceo classico, beva per nulla elitaria, salivazione stellare, scia salina interminabile, la bottiglia per spiegare a un alieno cosa sia un bianco gastronomico, sono poche bottiglie, affrettatevi.

8) Antico Castello, Taurasi Riserva 2014

Come per il Sagrantino, spesso, ci si dimentica di quanti e quali grandi vini rossi si facciano nel nostro meraviglioso paese, il Taurasi grande rosso a base Aglianico da terre vulcaniche è uno di questi. Questo 2014, a parte ricordarci di un mondo più giusto e pacifico, ci ricorda anche che i grandi rossi da affinamento possono (e devono) puntare sullo slancio e non sempre sulla potenza d’ingresso. Fresco e molto a fuoco sia al naso sia al palato, regala persistenti  emozioni nel finale, come un grande film. Una chicca.

9) Src Etna Rosso Crasà 2022

Frutto in evidenza al naso, per unEtna rosso, sensuale e appagante, in tempi che di austerità in giro, e non solo nel vino, se ne vede forse troppa, affinamento in cemento, no solforosa e imbottigliamenti con la luna amica, tante cose belle, per un rosso, destinato ad avere ancora una vita lunga e piena di emozioni, un grande Etna Rosso, per un’azienda di cui si parla sempre troppo poco.

10) Tenute Margaritelli, Torgiano Rosso Riserva, Freccia degli Scacchi, 2018 

Si dimentica troppo spesso del Torgiano quando si parla di grandi Sangiovese, ed è un peccato, nei casi più felici, come questo è un rosso che dal naso sfaccettato, tra floreale e frutto maturo, ma mai stanco e un palato di rara dinamicità considerato il grado alcolico. Un vino davvero sorprendente per la sua capacità di muoversi sul palato, finale magnifico, con ancora tanta vita davanti.