Nell’ultimo libro di Fred Vargas, Un nuovo modo di vivere (Einaudi), c’è ancora una volta un crimine. Ma non di quelli sui quali indaga lo stravagante commissario Adamsberg, con l’ispettrice Violette Retancourt e con il colto e metodico vicecommissario Danglard.
La squadra, raccontata in nove romanzi, una raccolta di racconti e anche in una graphic novel, non può fare nulla contro quella che Vargas descrive come una corsa verso l’abisso. Stavolta, l’autrice di polizieschi più amata dai francesi, cambia registro e si avventura con una certa audacia nel campo della saggistica, con un’opera che, comunque la si pensi, è difficile ignorare. Non è costruita attorno a un universo romanzesco e attira l’attenzione su un futuro allarmante. «Non posso dire che la lettura di questo libro sia paragonabile a quella di un romanzo poliziesco. Eppure, in fondo, si basa su stilemi di suspense: a quale caldo andiamo incontro? Mortale, insostenibile, difficile ma sostenibile?», scrive la stessa autrice.
La sua tesi centrale è perentoria ed estrema: entro la metà del secolo, le energie rinnovabili avranno sostituito i combustibili fossili, non per scelta morale o politica, ma per pura necessità economica e materiale.
Il petrolio, il gas e il carbone diventeranno così rari e costosi che il loro utilizzo sarà semplicemente impraticabile. Di conseguenza, l’intera infrastruttura su cui si basano le società moderne subirà una trasformazione drastica, specialmente per quanto riguarda i trasporti, l’agricoltura e le comunicazioni.
Secondo Vargas, l’epoca dei trasporti a basso costo e ad alta velocità giungerà al termine. I viaggi su lunghe distanze diventeranno rari e costosi, mentre la mobilità locale e regionale sarà la norma.
La Francia si riorganizzerà all’interno dei suoi dipartimenti, guardando al passato, quello in cui le carrozze trainate da cavalli erano il principale mezzo di trasporto terrestre. Ed è proprio alla trazione animale che Vargas prevede un ritorno forzato: mentre le automobili e i camion diventeranno economicamente insostenibili, cavalli e buoi torneranno a essere protagonisti nella logistica delle merci pesanti e nell’agricoltura.
Questa previsione potrebbe sembrare improbabile e distopica. L’autrice non è di questa opinione e presenta soluzioni concrete per adattarsi a un cambiamento che considera inevitabile.
Costruire un parco di veicoli elettrici adeguato sarebbe irrealistico, dati i costi e la scarsità di materie prime per le batterie. Anche il treno, per quanto efficiente, sarà limitato a percorsi selezionati e ad alta densità. La bicicletta (eventualmente elettrica) diventerà invece il mezzo principale per gli spostamenti personali su brevi distanze.
Il punto più controverso del libro è senza dubbio l’idea di un ritorno forzato a tecnologie e stili di vita del XVIII secolo. Vargas non si limita a immaginare un futuro in cui il trasporto animale e la navigazione a vela riprendono un ruolo centrale, ma suggerisce anche un rallentamento dello sviluppo tecnologico, dovuto alla scarsità di materiali strategici per l’elettronica avanzata.
Vargas affronta infatti anche il problema della scarsità di terre rare, che rallenterà lo sviluppo dei sistemi elettronici, finora in costante evoluzione e sempre più accessibili. L’autrice dubita che la sfera delle comunicazioni digitali possa rimanere indenne dalla scarsità delle materie prime a basso costo: la fuga in avanti attraverso la tecnologia avanzata ha anch’essa dei limiti.
Si tratterà quindi di un compromesso tra il recupero di tecnologie antiche (bovini, cavalli, vela), l’uso di tecnologie recenti (bicicletta, treno, energia eolica, dighe fluviali) e l’impiego di tecniche moderne nate nell’ultimo secolo, purché richiedano un basso consumo di energia e materiali rari.
In questo contesto, il peso delle relazioni locali, regionali, nazionali, continentali e intercontinentali cambierà radicalmente: il trasporto a lunga distanza diventerà raro e costoso, mentre la prossimità sarà più accessibile alla maggioranza della popolazione.
Una visione del futuro, che per quanto logica nella sua coerenza interna, può spiazzare un pubblico abituato a vedere il progresso tecnologico come irreversibile. Probabilmente, l’idea di un “ritorno al passato” così drastico è troppo difficile da accettare anche per i più convinti ambientalisti. Essendo questi ultimi più concentrati sull’azione immediata che su un lento processo di trasformazione destinato a organizzare un futuro incerto.
Nonostante le sue tesi radicali, il libro merita comunque attenzione per la profondità della sua analisi e per il coraggio di proporre una visione alternativa della sostenibilità. Il messaggio di Vargas è chiaro: il futuro non sarà un progresso lineare, ma un adattamento drastico alle nuove condizioni materiali del pianeta.
Il saggio offre al lettore una prospettiva radicale e provocatoria sul futuro dell’umanità. La sua analisi, per quanto scomoda, pone interrogativi fondamentali: come organizzeremo le nostre società quando l’energia a basso costo non sarà più disponibile? Quali tecnologie saranno davvero sostenibili nel lungo periodo? Possiamo accettare un mondo in cui la dimensione locale torni a prevalere su quella globale? Davvero il futuro prossimo sarà un futuro di prossimità?
Questioni aperte a cui è difficile rispondere, ma resta il fatto che Un nuovo modo di vivere è un esercizio di speranza non convenzionale: qualunque cosa facciano (o meglio non facciano) i nostri leader, ci saranno sempre modi per adattarsi e per sopravvivere grazie alla creatività e alla resilienza degli umani.
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