Raccontare a teatro un mondo del lavoro che è un disastro per tutte le generazioni

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Bidibibodibiboo è l’indimenticabile formula magica usata in Cenerentola dalla fata che trasforma la zucca in carrozza. Stavolta la zucca è purtroppo il mondo del lavoro che non diventa una carrozza. La zucca rimane zucca nella storia che viene raccontata. In più il titolo è anche un omaggio a un’opera di Maurizio Cattelan del 196, che è una installazione miniatura in cui c’è uno scoiattolino in una cucina un po’ squallida che si è appena suicidato. Cattelan l’ha intitolato ironicamente Bidibidobidiboo , ribaltando un po’ l’ideale disneyano di animali antropomorfi in un mondo magico”.

Sarà la prima toscana di “Bidibibodibiboo”, una sferzante satira sul mondo del lavoro, che ha trionfato agli Ubu 2024 come miglior nuovo testo italiano, a inaugurare sabato 1 marzo alle 19 al Teatro Cantiere Florida di Firenze la XII edizione di Materia Prima Festival, l’evento, a cura di Murmuris, dedicato al panorama teatrale e performativo contemporaneo, che ogni anno propone nel capoluogo toscano le produzioni più innovative in circolazione. È il caso di questo vibrante spettacolo coprodotto da SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’innovazione di La Spezia, con CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, Ente Autonomo Teatro Stabile di Bolzano, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, con il sostegno di La Corte Ospitale, che rappresenta il ritratto di una generazione persa in quel vortice di precarietà, frenesia e brutale competitività che spesso è oggi l’universo lavorativo.

“Bidibibodibiboo” vanta la regia e la drammaturgia di Francesco Alberici, che lo interpreta con Maria Ariis, Salvatore Aronica, Andrea Narsi e Daniele Turconi. Le scene sono di Alessandro Ratti, l’aiuto regia di Ermelinda Nasuto, le luci di Daniele Passeri, la tecnica di Fabio Clemente ed Eva Bruno.

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Alberici, perché ha deciso di portare il mondo del lavoro su un palcoscenico?

“Prima di tutto il teatro è esso stesso un mondo del lavoro pieno di problemi. Poi si tratta di una storia capitata a una persona a me vicina e quindi c’è uno spunto autobiografico che ha rafforzato il desiderio e il sentimento di voler raccontare una storia di lavoro. C’è anche da dire che io prima, di occuparmi di teatro, mi sono laureato in economia politica e quindi sono un attento osservatore del lavoro e dei fenomeni sociali. Il lavoro mi sembra una questione più che urgente da affrontare e siccome la politica non se ne occupi abbastanza, quantomeno mi auguro che l’arte e il teatro riescano a sollevare delle domande, a sollevare un po’ di dibattito pubblico”.

L’ idea è piaciuta molto, visto che ha vinto il premio Ubu come miglior testo?

“Sì nel dicembre 2024. È un riconoscimento che mi riempie di gioia e di certo spero che aiuti chi scrive drammaturgie originali che fanno sempre fatica nel nostro contesto teatrale italiano a emergere. Attualmente infatti c’è più una passione verso i classici, ma questo riconoscimento mi auguro aiuti chi scrive per il teatro, i giovani soprattutto, a trovare il coraggio di scrivere cose originali e belle. Mi auguro insomma che funzioni come esempio, come incentivo alla produzione di testi. Sarebbe l’ora che il teatro trovasse il coraggio e la forza di parlare del presente perché alcuni testi seppur bellissimi del passato a volte non bastano più per parlare del mondo nel quale ci troviamo, che per altro cambia a una velocità impressionante. Io lo faccio da 10 anni grazie alla produzione degli Scarti, che sono una compagnia di La Spezia che segue il mio percorso dall’inizio e che rappresentano una di quelle realtà che continuano a rischiare sui giovani e su progetti artistici che non stanno bene dentro le regole. È anche il caso del cast di questo spettacolo, che è fatto di splendidi e bravissimi attori che non fanno parte del mainstream, ma sono bravi”.

Stavolta la rappresentazione va oltre visto che alla fine dello spettacolo è previsto un incontro in teatro con il collettivo GKN?

“Esatto. Ne sono lieto perché ritengo che l’esperienza del collettivo di fabbrica GKN sia un esempio di costruzione di un’alternativa fantasiosa, intelligente e coraggiosa allo scenario attuale. Sono contento che vengano a parlare assieme a noi dopo lo spettacolo perché se l’obiettivo è creare dibattito e attenzione questa è una buona occasione per farlo”.

Lo spettacolo racconta di una generazione che arriva a un lavoro senza più regole?

“Sì, ma io racconto una storia individuale e chiaramente se poi questa storia individuale assume dei caratteri universali, questo non può che farmi piacere. Poi credo che la questione del lavoro sia anche intergenerazionale: oggi il disastro che c’è nel mondo del lavoro riguarda tanto un trentenne quanto un sessantenne. Sicuramente i trentenni si trovano davanti al disastro, ma secondo me non è una questione esclusivamente legata a una certa generazione”.

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Questa è una prima toscana, ma lo spettacolo continua a circuitare?

“La prossima data è una matinée, il 3 aprile allo spazio Rossellini di Roma, ma stiamo allestendo il nuovo calendario e sicuramente lo spettacolo continuerà a girare e forse avrà anche l’occasione di fare qualche data all’estero”.

Nel frattempo continua anche a recitare in Educazione Cinica?

“Ne sono protagonista assieme a Michela Giro. È una web serie comica che ha avuto un certo successo, per questo stiamo continuando a farla e tra poco contiamo di uscire con nuovi episodi. Sono dei piccoli sketch che ribaltano la prospettiva sul quotidiano: ci sono dei personaggi che dicono tutte le cose che uno pensa, ma abitualmente non dice. Questo è un po’ il format. E continuerà così”.

A lei quindi piace molto l’idea di ribaltare il significato delle cose?

“Diciamo che amo sperimentare tanto nel teatro quanto in altri mezzi espressivi e mi piace che la comicità caratterizzi tanto i miei spettacoli quanto le serie web”.

Ma, c’è ancora spazio per il teatro impegnato? 

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“Sì, diciamo che secondo me l’impegno è un po’ indipendente dal mezzo attraverso il quale si scegli di esprimere, mi spiego meglio, ci sono comici e persone del mainstream che sono impegnate e che portano avanti ragionamenti e pratiche artistiche notevoli. Quindi bisogna poi intendersi su cosa sia il teatro impegnato. Io spero che ci sia ancora spazio per un teatro che osa, che scrive cose nuove, che non deve necessariamente avere dentro attori famosi, autori riconoscibili e noti al grande pubblico, Insomma mi auguro che ci sia uno spazio per quella che viene un po’ definita come ricerca”.



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