Fabbricati collabenti compatibili con la prima casa – La lente sul fisco

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Secondo la definizione fornita nella R.M. 16 novembre 2023 n. 4/DF, ai fini IMU i fabbricati collabenti “sono beni immobili presenti nell’archivio del Catasto Edilizio Urbano (o Catasto dei fabbricati), seppur privi di rendita”. In particolare, tali immobili “sono classificati nella categoria catastale F/2, trattandosi di immobili diroccati, ruderi, ovvero beni immobili caratterizzati da notevole livello di degrado, che ne determina l’assenza di autonomia funzionale e l’incapacità reddituale temporalmente rilevante”. In pratica, si tratta di immobili diroccati o in tale stato di degrado da non essere ritenuti idonei a produrre reddito.

Ci si può chiedere se l’acquisto di tali immobili possa accedere all’agevolazione prima casa, di cui alla Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, se chi li acquista intende ristrutturarli per destinarli ad abitazione.
Si ricorda, infatti, che l’agevolazione prima casa è riservata all’acquisto di “case di abitazione ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9”.

Il riferimento espresso alla nozione di “casa di abitazione” potrebbe indurre a escludere il beneficio per gli immobili collabenti, in quanto non classificati in categoria A e, inoltre, non dotati di effettiva abitabilità. A tale considerazione, però, si potrebbe obiettare che il beneficio in parola è ammesso universalmente dalla prassi e dalla giurisprudenza per gli immobili in corso di costruzione (peraltro, la norma IVA espressamente lo ammette per i fabbricati in costruzione).
Un diverso argomento potrebbe, poi, valorizzare un’assimilazione del fabbricato collabente al terreno edificabile.

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Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. 16 febbraio 2025 n. 3913) ha fornito una risposta che pare condivisibile: l’agevolazione prima casa, non richiedendo l’idoneità abitativa dell’immobile già al momento dell’acquisto, può trovare applicazione anche all’acquisto di un immobile collabente, non ostandovi la classificazione catastale F/2 e rilevando, invece, “la suscettibilità dell’immobile acquistato ad essere destinato, con i dovuti interventi edilizi, all’uso abitativo”.

Il ragionamento che porta la Suprema Corte a questa conclusione parte dalla considerazione della natura degli immobili collabenti. Si tratta di costruzioni, iscritte (in categoria F/2) in catasto “ai soli fini della descrizione dei caratteri specifici e della destinazione, ma senza attribuzione di rendita, in quanto inidonee a utilizzazioni produttive di reddito, a causa dell’accentuato livello di degrado”. Il fatto che la classificazione F/2 presupponga la perdita della capacità di produrre reddito dell’immobile ha portato la giurisprudenza ad affermare che tali immobili non possono scontare l’IMU, in quanto la mancanza di rendita rende inesistente la base di calcolo del tributo (Cass. n. 23081/2017). Tuttavia – spiega la Corte – lo stato di collabenza non fa venir meno la qualificazione come fabbricato, fino a che non sia effettivamente e completamente demolito (Cass. n. 17815/2017).

Queste considerazioni consentono alla Cassazione di giungere a un primo punto fermo: il fabbricato collabente resta un fabbricato e non può essere qualificato come area edificabile (principio confermato anche dall’Amministrazione finanziaria, ad esempio nella risposta n. 138/2020, in materia di detrazioni).

Procedendo nel ragionamento, i giudici di legittimità si soffermano allora a verificare se il fabbricato collabente possa risultare “astrattamente idoneo al concreto soddisfacimento di esigenze abitative”, posto che questo configura presupposto per l’applicazione dell’agevolazione.
In senso negativo si esprime l’Agenzia, ponendo l’accento sulla parziale o totale inagibilità del fabbricato e rilevando come, a differenza delle classificazioni F/3 o F/4 (relative ai fabbricati in corso di costruzione) che sono per definizione provvisorie, la classificazione F/2 sia tendenzialmente durevole. Per questo, i fabbricati collabenti non si potrebbero equiparare a immobili in corso di costruzione, in quanto caratterizzati da una “inidoneità assoluta ed oggettiva all’utilizzo” abitativo.

Questa impostazione non è però condivisa dalla Cassazione che, invece, sostiene che né l’assenza di attuale destinazione ad abitazione, né la classificazione F/2 configurano impedimenti all’applicazione del beneficio “prima casa”. Anche il tenore letterale della Nota II-bis va in questa direzione, posto che la norma esclude solo i fabbricati A/1, A/8 o A/9. In breve, ciò che rileva ai fini fiscali è che l’immobile, sebbene in stato di abbandono e come tale non attualmente abitabile, sia suscettibile di essere destinato ad abitazione “e risulti in tale destinazione completato nel termine triennale di decadenza” di cui all’art. 76 comma 2 del DPR 131/86.
In pratica, se l’idoneità ad abitazione al momento dell’acquisto non è richiesta per gli immobili in costruzione, non può essere richiesta per i collabenti.

Inoltre, a nulla può rilevare la durevolezza della qualificazione catastale F/2 rispetto a quella in F/3 o F/4, posto che la giurisprudenza in ogni caso riconosce 3 anni per l’ultimazione della costruzione e che tale termine risulta applicabile anche agli immobili F/2.
Ciò che rileva, in entrambi i casi, è che lo scopo dell’acquirente sia quello di acquisire un immobile da destinare ad abitazione.





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