Cop16 biodiversità, l’accordo c’è: 200 miliardi l’anno per la natura

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La seconda parte della Cop16 si è conclusa a Roma con l’approvazione di due documenti storici: una roadmap per la conservazione della biodiversità, a fianco delle popolazioni indigene. Lanciato il Cali fund sui benefici derivanti dall’uso di risorse genetiche

Si è conclusa anche la seconda parte della Cop16 sulla biodiversità, interrotta a Cali nel novembre 2024 e ripresa alla sede Fao di Roma dal 25 al 27 febbraio 2025, con l’approvazione di due documenti chiave, quello sulla Mobilitazione delle risorse e quello sul Meccanismo finanziario. Dopo il fallimento di Cali, in Colombia, dove si era tenuta la prima parte dei lavori, uno dei punti principali della ripresa della discussione era strutturare una nuova strategia di mobilitazione delle risorse, volta a garantire i 200 miliardi di dollari l’anno entro il 2030 da diverse fonti economiche per le iniziative sulla biodiversità e ridurre di almeno 500 miliardi di dollari l’anno entro il 2030 gli incentivi ambientalmente dannosi.

Dopo negoziati molto faticosi, mediati e fortemente indirizzati da Susana Muhamad, Ministra dell’ambiente della Colombia e presidente della Cop16, le Parti della Convenzione hanno concordato un percorso in termini di mobilitazione delle risorse al fine di colmare il divario finanziario globale in materia di biodiversità e raggiungere l’obiettivo dei 200 miliardi di dollari, di cui 20 miliardi di dollari richiesti da flussi internazionali entro il 2025, che saliranno a 30 miliardi di dollari entro il 2030.

È incluso nel nuovo documento l’impegno a stabilire accordi permanenti per il meccanismo finanziario in conformità con gli articoli 21 e 39 della Convenzione, lavorando contemporaneamente al miglioramento degli strumenti finanziari esistenti.  Il documento delinea i principi e le fasi principali che determineranno l’evoluzione di questi strumenti finanziari esistenti e di eventuali altri che potrebbero essere creati.  Include inoltre una tabella di marcia delle attività e delle tappe decisionali da oggi al 2030, attraverso le prossime riunioni della Cop biodiversità.

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I Paesi hanno anche discusso se rafforzare il Global Environmental Fund (GEF), cioè il fondo ONU creato nel 1992, per gestire una parte dei finanziamenti, oppure se realizzare un nuovo fondo dedicato. Il GEF infatti è stato definito discriminatorio per il difficile accesso da alcuni, come i Paesi sotto sanzioni statunitensi, per esempio, che sono esclusi (Iran, Siria, Cuba, Russia, Venezuela e altri) e non esiste una semplificazione per i progetti realizzati da comunità indigene. Quello che si intende dal testo approvato per ora è che a gestire i fondi non sarà più interamente il GEF, ma dobbiamo aspettare tre anni per sapere se verrà creata una nuova istituzione.

Le Parti hanno poi ulteriormente migliorato il quadro di monitoraggio per l’accordo sulla biodiversità di Kunming Montreal, concordato alla COP15. Il quadro di monitoraggio è essenziale per verificare l’attuazione dei punti stabiliti, grazie ai parametri comuni che le Parti utilizzeranno per misurare i progressi rispetto ai 23 target e ai 4 obiettivi stabiliti a Montreal. Alla COP16, le Parti hanno concordato le modalità di misurazione e utilizzo degli indicatori globali. Ciò garantirà che tutte le Parti traccino i progressi in un modo univoco che possa essere interpretato dai responsabili politici nazionali e fornirà dati che potranno essere aggregati a livello globale per fornire un quadro generale dell’attuazione del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (KMGBF). Si è anche stabilito il modo in cui l’impegno di attori diversi dai governi nazionali possa essere incluso nel meccanismo – compresi quelli di giovani, donne, popolazioni indigene e comunità locali, società civile, settore privato e governi subnazionali. Inoltre, le Parti hanno concordato le modalità di rendicontazione dei progressi compiuti a livello nazionale.

A margine della ripresa della sessione della COP16 è stato anche lanciato il Fondo di Cali per la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dall’uso delle informazioni sulle sequenze digitali delle risorse genetiche (DSI), che riceverà contributi da enti del settore privato che fanno uso commerciale delle DSI.  Il Fondo inaugura una nuova era per la finanza della biodiversità. Le aziende che fanno un uso commerciale dei dati delle risorse genetiche della natura in una serie di industrie lucrative sono ora tenute a contribuire al Fondo con una parte delle loro entrate o dei loro profitti.  I contributi al Fondo di Cali saranno destinati all’attuazione della Convenzione sulla diversità biologica, anche sostenendo l’attuazione del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (KMGBF). Almeno il 50% delle risorse del Fondo di Cali sarà destinato alle popolazioni indigene e alle comunità locali, riconoscendo il loro ruolo di custodi della biodiversità.

“Apprezziamo la volontà di tutti i Paesi e del Segretariato della Convenzione di continuare a rafforzare l’agenda globale sulla biodiversità. Solo lavorando insieme possiamo rendere la Pace con la Natura una realtà” ha dichiarato Susana Muhamad.

Dopo giorni di lavoro estenuante per cercare compromessi tra i 150 Paesi partecipanti, ora l’accordo c’è. Non è ancora chiaro da chi e come dovranno arrivare i fondi, non è il migliore possibile, ma almeno la strada è segnata e, per la prima volta, sembra che venga data la giusta importanza alle comunità indigene e tradizionali che da sempre difendono la biodiversità. Le specie a rischio sono ormai un milione, le temperature continuano a salire e arrivare ai target definiti a Montreal potrebbe diventare sempre più difficile. Prossimo appuntamento alla Cop17 in Armenia.

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Cop16 biodiversità, l’accordo c’è: 200 miliardi l’anno per la natura

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La seconda parte della Cop16 si è conclusa a Roma con l’approvazione di due documenti storici per la conservazione della natura

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Giulia Assogna

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