La crisi abitativa di Barcellona esasperata dai fondi di investimento. Ma la popolazione si mobilita per resistere

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Turismo di massa, expats, fondi di investimento internazionali. Questi sono gli ingredienti del cocktail esplosivo che sta colpendo la capitale catalana negli ultimi anni, generando non pochi problemi sulla già complicata questione abitativa spagnola. Barcellona, infatti, è l’ottava città migliore al mondo e la quarta in Europa secondo il rapporto Decoding Global Talent 2024 di The Boston Consulting Group (BCG), che la posiziona come una delle mete più ambite per lavorare all’estero, davanti a Tokyo, Los Angeles e Parigi.

Anche per questo la popolazione di stranieri provenienti da paesi più ricchi della Spagna è quadruplicata in venti anni. Poi si aggiunge il turismo, che ha un impatto significativo sulla città: con solo solo 1,5 milioni di abitanti, nel 2024 ha accolto oltre 15 milioni di turisti. E questa richieste di alloggio dall’alto potere si spesa la trasforma in qualcosa di attrattivo per gli investimenti internazionali. Il rapporto Cbre 2025 conferma Barcellona come destinazione chiave per gli investimenti immobiliari internazionali. Blocchi interi comprati e poi riconvertiti in appartamenti turistici o di breve durata, la riduzione di contratti a lungo termine per residenti, e un aumento vertiginoso dei prezzi degli affitti. Se nel 2014 l’affitto medio era di 688 euro, nel 2024 ha raggiunto i 1.166 euro, quasi raddoppiando in soli dieci anni.

Ma dentro questo scenario complesso, c’è anche chi si oppone ai processi di espulsione degli abitanti della città. E tra loro, in queste settimane, si è potuto vedere un simbolo: Casa Orsola. Un edificio modernista nel quartiere dell’Eixample, la zona centrale della città di Barcellona. L’intera palazzina è stata comprata da un fondo di investimento e pian piano ha smesso di rinnovare i contratti con l’intenzione di riconvertire tutte le case in appartamenti per turisti o con contratti temporali brevi al doppio del prezzo. Ma gli inquilini si sono organizzati, e per tre anni hanno continuato a pagare l’affitto chiedendo nuovi accordi con il proprietario. Che si è sempre negato.

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Ma all’arrivo della prima ingiunzione di sfratto c’è stato una svolta inaspettata. Il passato 31 gennaio dovevano sfrattare Josep Torrent, insegnante di liceo di 49 anni, tra i 23 inquilini della Casa Orsola. Ma non era solo. La sua lotta è stata sostenuta dalla maggior parte degli inquilini dell’edificio e, con l’aiuto del Sindacato degli Affittuari, hanno organizzato una delle più grandi mobilitazioni degli ultimi anni in difesa del diritto alla casa. Con concerti, testimonianze di persone dello spettacolo e una diretta streaming autorganizzata dello sfratto. Dalla notte precedente migliaia di persone sono rimaste davanti alla porta della casa, impedendo così lo sfratto. Questa grande mobilitazione ha dato messo pressione sul Comune che si è visto obbligato a comprare l’intero immobile.

Un problema sistemico: la crisi immobiliare a Barcellona Casa Orsola è solo un caso emblematico di un fenomeno più ampio. Solo nel quartiere dell’Esquerra de l’Eixample, l’associazione dei residenti ha identificato almeno 44 edifici acquistati da fondi d’investimento, con lo stesso obiettivo: ristrutturare gli appartamenti, frazionarli e affittarli a prezzi esorbitanti, destinandoli a turisti o lavoratori temporanei con alta capacità di spesa. Eugènia López, una degli ultimi inquilini rimasti in un altro edificio in carrer Villarroel, racconta: “Quando il fondo d’investimento ha acquistato lo stabile, ha smesso di rinnovare i contratti. Tutti gli inquilini se ne sono andati, tranne me e il mio compagno. Il mio contratto scade nel 2028, ma dopo? Dove potrò vivere? È impossibile ottenere un mutuo alla mia età”.

Il primo caso documentato di un intero edificio venduto a un fondo d’investimento nel quartiere risale al 2017, in cerrer Entença. Oggi, solo un residente è rimasto nell’edificio, mentre il resto è stato riconvertito per il mercato degli affitti turistici o di lusso. Xavier Riu, presidente dell’associazione di quartiere, spiega: “È sintomatico vedere la facciata degli edifici senza nulla fuori, e con delle targhe di società di sicurezza che mostrano gli allarmi. Solo un balcone ha ancora segni di vita.” Secondo Riu, la metodologia dei fondi d’investimento è sempre la stessa. “Comprano l’intero blocco, lo ristrutturano e lo destinano a locazioni brevi o lo rivendono a prezzi fuori mercato. Ma siamo ancora in tempo per fermare questa deriva. All’Esquerra de l’Eixample vivono ancora 100mila persone. Se non poniamo limiti, tra qualche anno il quartiere sarà irriconoscibile”.

Un altro caso significativo è quello di Casa Papallona, situata al carrer Llançà, recentemente acquistata da un fondo olandese. Qui, il piano è stato chiaro fin dall’inizio: trasformare gli appartamenti in mini alloggi da affittare per camere, una formula che aumenta i guadagni per gli investitori ma riduce drasticamente lo spazio vitale per gli inquilini. Infatti, la legge spagnola approvata dal Partito Socialista meno di un anno fa, limita il prezzo degli affitti a lungo termine, ma non ha nessun controllo sugli affiti brevi (di durata inferiore all’anno), o per l’affitto di stanze individuali. In questi casi, si puó chiedere un affitto che valga il doppio.

Marga Aguilar, residente da oltre 33 anni, ha ricevuto una notifica che le impone di lasciare la sua casa: “Non ho mai saltato un pagamento. Ho investito nella casa, l’ho mantenuta. Mi sento umiliata, come se calpestassero la mia dignità e quella di tutti gli abitanti di Barcellona”. Marga, che vive con il padre 92enne, ha deciso di resistere: “Io da qui non me ne vado. Questa è casa mia”. I residenti denunciano che questa situazione porta a sfratti invisibili: inquilini che, ricevuta la comunicazione della scadenza del contratto, si sentono sotto pressione e abbandonano le proprie case, incapaci di trovare un’alternativa abbordabile.

La crisi colpisce soprattutto gli inquilini – Uno studio di 40dB per il quotidiano El País conferma che la crisi immobiliare colpisce più duramente gli inquilini che i proprietari. Il 73,7% degli inquilini in Catalogna afferma di soffrire la crisi abitativa, mentre solo il 47% dei proprietari percepisce il problema. Inoltre, quasi la metà degli inquilini non vive dove vorrebbe a causa degli affitti proibitivi e della scarsità di alloggi accessibili. Tra le misure più popolari in Catalogna ci sono il rafforzamento dei controlli contro gli appartamenti turistici abusivi (84,2%), la sanzione fiscale degli affitti abusivi (75,7%) e il divieto di appartamenti turistici in edifici residenziali (72,5%).

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Per il sindacato gli inquilini, la battaglia per la difesa della residenzialità non riguarda solo gli abitanti colpiti, ma il futuro stesso di Barcellona. Se questa tendenza non viene frenata, la città rischia di trasformarsi in una Venezia del XXI secolo, una città bellissima e piena di turisti, ma svuotata dei suoi abitanti storici. “Ci stiamo giocando il quartiere, la città. Dobbiamo preservare la funzione residenziale di Barcellona, perché non diventi un museo a cielo aperto senza abitanti.” ha dichiarato Riu. Le associazioni chiedono misure urgenti come un maggiore controllo sugli affitti, la regolamentazione delle vendite agli investitori stranieri e una vera protezione per chi vive e lavora a Barcellona. Nel frattempo, gli abitanti di Casa Orsola, Casa Papallona e di molti altri edifici continuano a resistere, consapevoli che questa lotta va oltre le mura delle loro case: è una battaglia per il diritto a vivere nella propria città.



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