Sostenibile, economico e tanto trendy: il bello dell’usato

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Negli ultimi anni, il mercato dell’usato ha registrato una crescita esponenziale, diventando un fenomeno globale. In Italia, il mercato dell’usato, stando al Second Hand Economy Report 2023 di BVA Doxa, vale 26 miliardi di euro (1,3% del PIL), con i consumatori passati da 19 a 26 milioni in meno di un decennio. A livello internazionale, il settore è destinato a raddoppiare entro il 2027, con una crescita annua stimata tra il 20% e il 30% (Boston Consulting Group, 2024).

Questa tendenza, trainata dalla “Gen Z”, non è più solo legata al risparmio, ma rappresenta un vero e proprio stile di vita attento alla sostenibilità. Il second-hand si inserisce in un modello più ampio di economia della saturazione, che valorizza le risorse esistenti senza generare nuovi costi o sprechi. Negli articoli precedenti sono stati presentati due esempi di economia della saturazione “macro”, applicata ai trasporti pubblici e all’utilizzo degli impianti sciistici. Accanto a questi interventi di sistema, l’economia della saturazione può manifestarsi anche su scala “micro” attraverso l’agire dei consumatori.

Il verbo agire racchiude in sé il significato profondo del concetto educativo di educere, ovvero “tirar fuori” ciò che già esiste, piuttosto che immettere continuamente nuove risorse. È un cambio di paradigma che sposta l’attenzione dalla produzione infinita di beni alla capacità di riutilizzare, condividere e valorizzare ciò che è già disponibile, rendendo il consumatore non più un semplice acquirente, ma un soggetto attivo nella gestione responsabile delle risorse. L’abitudine crescente di acquistare usato, condividere beni di uso quotidiano o riparare oggetti anziché sostituirli segna una trasformazione significativa nei modelli di consumo, favorendo una gestione più efficiente delle risorse.

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L’intervista ai gestori di Spazio 900 di Belluno approfondisce le strategie adottate per valorizzare il second-hand, evidenziando il ruolo di questo settore nella promozione di un consumo più consapevole, circolare e sostenibile.

Negli ultimi anni avete riscontrato un incremento della domanda di prodotti di seconda mano?

Sì, abbiamo notato un forte aumento dell’interesse per il second-hand, spinto sia da motivi economici che da una crescente consapevolezza ambientale. Quando ho iniziato a Belluno, oltre 20 anni fa, questa mentalità era quasi inesistente. Ho aperto il primo mercatino nel 2003 e avviato la mia attività nel 2014, partendo con una clientela fidelizzata. Negli ultimi due anni, però, sempre più giovani si avvicinano spontaneamente, senza i genitori, soprattutto per abbigliamento e dischi, mentre l’arredamento resta meno richiesto.

Quali sono le categorie di prodotti che trattate?

Ci concentriamo su abbigliamento vintage e arredamento. Per il vintage, trattiamo capi second-hand che oggi includono anche gli anni ‘80, mentre un tempo si limitavano agli anni ‘60 e ‘70. Nell’arredamento, proponiamo modernariato e pochi pezzi di antiquariato, con mobili singoli come tavoli, sedie e mobiletti. Siamo specializzati in illuminazione, con lampadari particolari, tra cui quelli in vetro di Murano anni ‘50, e lampade da tavolo. Abbiamo anche una selezione di dischi rock e pop, oggettistica in vetro e ceramica scelta con cura, e una piccola collezione di libri, limitata a titoli di montagna e storia locale.

Chi sono i vostri clienti e cosa li spinge ad acquistare prodotti di seconda mano?

Il nostro pubblico è variegato. Da un lato, ci sono i fornitori, ovvero privati che ci contattano per vendere oggetti ereditati o per rinnovare l’arredo casalingo. Dall’altro, chi acquista ha spesso una sensibilità verso il riuso e preferisce evitare il nuovo. I clienti principali sono persone tra i 55 e i 70 anni, seguiti dai giovani tra i 18 e i 35 anni, attratti dal vintage e dalla sostenibilità. Manca ancora la fascia 45-50 anni, che però si sta avvicinando, soprattutto per l’acquisto di lampade e lampadari. Ci sono infine collezionisti e appassionati alla ricerca di pezzi particolari.

L’interesse per il second-hand è più legato al risparmio o alla sostenibilità?

Più alla sostenibilità che al risparmio. Oggi molti clienti preferiscono acquistare oggetti di qualità a un prezzo simile a quello dei prodotti nuovi ma di bassa fattura. Non si tratta solo di convenienza, ma di un vero e proprio stile di vita. Negli anni 2000, il second-hand era spesso scelto da stranieri che si stabilivano in Italia e arredavano casa. Oggi, invece, la clientela è più variegata e consapevole, orientata a dare nuova vita agli oggetti anziché alimentare il consumo usa e getta. La decisione d’acquisto, ad esempio, si riduce spesso a un bivio: un maglione sintetico nuovo o uno di lana usato e di qualità?

Avete notato un cambiamento nel profilo del cliente nel tempo?

Sì, il cliente è cambiato. Un tempo, molti erano diffidenti, mentre oggi c’è maggiore apertura e interesse. Non si cerca solo il risparmio, ma anche la qualità, la storia e l’artigianalità degli oggetti. Inoltre, l’attenzione mediatica sul second-hand ha contribuito a renderlo più popolare, trasformandolo in una scelta di tendenza.

Oltre al negozio fisico, vendete anche online?

No, non vendiamo online. Abbiamo una presenza su Instagram e Facebook, dove condividiamo aggiornamenti e nuovi arrivi, ma senza e-commerce.

Pensate che il trend del second-hand sia destinato a crescere?

Sì, il second-hand è destinato a crescere. Siamo solo all’inizio di un percorso in cui la sostenibilità e il riuso diventeranno sempre più centrali. Il mercato non può reggere l’attuale modello di consumo, quindi la domanda continuerà ad aumentare.

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Quali strategie adottate per migliorare l’esperienza del cliente?

Puntiamo su qualità e cura dei dettagli. Selezioniamo con attenzione ogni prodotto, evitando oggetti di bassa qualità. L’abbigliamento, anche se vintage, è sempre in ottime condizioni, mentre i mobili sono pronti per essere utilizzati, grazie al lavoro di restauro del nostro team. Creiamo un ambiente luminoso e accogliente, offrendo un’esperienza di acquisto piacevole. La sfida più grande è saper dire di no sia all’acquisto che alla vendita di prodotti che non rispettano i nostri criteri, per garantire un’offerta sempre curata e di qualità.

Il mercato del second-hand è tutto uguale o ci sono diverse tipologie?

Esistono diverse fasce di second-hand. Un tempo prevalevano attività dedicate allo svuotamento delle case, con una selezione ampia ma meno rigorosa, e il second-hand di primo bisogno, che offre mobili essenziali come tavoli e sedie. Negli ultimi anni, però, con l’aumento della domanda, si è sviluppata una nuova specializzazione: realtà che propongono un’offerta più curata, selezionando pezzi di qualità, di design o con un valore artigianale.

Quale impatto hanno i mercatini e i negozi second-hand sulla sostenibilità?

Hanno un ruolo chiave nella transizione verso un’economia più sostenibile. Ridanno valore agli oggetti, riducendo sprechi e rifiuti, e promuovono un consumo più consapevole. Un tempo c’era resistenza nell’usare beni di seconda mano, ma oggi questa mentalità sta cambiando: sempre più persone riconoscono il valore, la qualità e persino l’energia che un oggetto può trasmettere nel suo nuovo ciclo di vita.

Cosa vi ha spinto ad aprire Spazio 900 e qual è la vostra soddisfazione in questo lavoro?

Spazio 900 è nato dalla passione per gli oggetti con una storia da raccontare e dal desiderio di dare loro nuova vita. Questo lavoro richiede esperienza e curiosità, ma soprattutto deve piacere. La soddisfazione più grande è la scoperta: ogni casa da svuotare è una sorpresa, e ogni oggetto trovato può diventare un nuovo tesoro per chi lo sceglie.

Sul territorio ci sono altre realtà simili alla vostra?

Sì, sul territorio ci sono altre realtà, sia storiche che più recenti. A Belluno, un tempo, l’affluenza era minima, mentre oggi il settore è in crescita. La presenza di più negozi non è un limite, ma un valore: spesso le persone fanno un giro tra tutti per cogliere le occasioni migliori. Ogni attività ha la propria specializzazione, creando più opportunità che concorrenza.

Il mercato dell’usato in Italia è in forte espansione, con un incremento del 33% negli ultimi cinque anni e un valore complessivo di 24 miliardi di euro, pari all’1,3% del PIL. Questo fenomeno riflette un cambiamento nei modelli di consumo, sempre più orientati verso sostenibilità e consapevolezza ambientale.

Diversi studiosi hanno analizzato questa trasformazione. Domenico Secondulfo, in Il mondo di seconda mano. Sociologia dell’usato e del riuso (2016), descrive il second-hand come un’alternativa sostenibile alla produzione continua di nuovi beni. Marco Galvagno e Sonia Caterina Giaccone, in Second-hand shopping. Analisi delle motivazioni d’acquisto e implicazioni per la distribuzione (2014), evidenziano come le scelte dei consumatori siano sempre più guidate da criteri razionali e valoriali, tra cui sostenibilità, unicità e convenienza. Stefano Landi, in Economia circolare e consumi sostenibili (2021), approfondisce il ruolo del riuso e della condivisione nelle strategie di economia circolare, sottolineando il loro impatto nella riduzione degli sprechi e nella transizione ecologica.

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Di seguito, una tabella con alcune aziende e piattaforme che promuovono il mercato del second-hand, i prodotti trattati e i link alle relative iniziative. Questi esempi dimostrano come l’economia della saturazione stia influenzando il mercato, favorendo il riutilizzo e la sostenibilità. Non si tratta solo di ridurre gli sprechi, ma di trasformare il potenziale non utilizzato di un oggetto in una risorsa, rigenerandolo e accrescendone il valore complessivo. Un processo reso possibile dalla consapevolezza del consumatore, che agisce sul mercato rendendolo più intelligente, dinamico ed efficiente, orientato a una logica di valore anziché di spreco. E proprio come l’intelligenza artificiale ottimizza i dati per creare nuove soluzioni, anche l’intelligenza di sistema trasforma il consumo in un ecosistema circolare, in cui nulla è scarto ma tutto diventa opportunità.

Una nuova puntata della rubrica curata da Luciano Malfer, Research and Family Development Manager della Fondazione Bruno Kessler di Trento. Da anni Malfer si occupa di politiche della famiglia, di comunità e di strategie contro lo spopolamento della montagna. La rubrica presenta una serie di approfondimenti proprio sulla “strategia per il futuro delle Terre Alte, mettendo al centro la Persona”.



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