Ecco perché Trump schiaffeggia l’Europa

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«Una vittoria schiacciante di Putin non è nell’interesse di Trump che deve però chiudere la guerra in poco tempo anche per rispondere alla pressione del suo elettorato. E di certo non poteva trattare con lo zar da una posizione di forza votando la mozione all’Onu di condanna della Russia per l’aggressione all’Ucraina», dice Federico Niglia, consigliere scientifico dello Iai, l’Istituto affari internazionali, e docente di Relazioni internazionali dell’Università degli stranieri di Perugia. In ballo, evidenzia Niglia, «non solo la fine della guerra ma anche lo sfruttamento delle terre rare, strategiche per la competizione con la Cina nei settori delle energie rinnovabili, delle armi e dell’automotive». E il prossimo cancelliere Friedrich Merz che, appena vinte le elezioni tedesche, afferma la necessità di rendersi autonomi dagli Usa nel campo della difesa che ruolo giocherà? «Merz ha una visione più tradizionale dell’atlantismo e dell’europeismo, ama poco i giochi diplomatici ma l’’investimento nell’autonomia strategica europea che lui prospetta è decisivo seppure di lungo periodo».

Domanda. Tre anni dopo l’inizio dell’offensiva russa in Ucraina, all’Assemblea generale dell’Onu è andata in scena la spaccatura tra Usa e Ue: gli Stati Uniti, con Israele, hanno votato contro la risoluzione che condannava la Russia per l’aggressione di Kiev.

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Risposta. Di certo Donald Trump non avrebbe potuto condurre le trattative con lo zar da una posizione di forza votando la mozione all’Onu di condanna della Russia. Dovendo scegliere se dare uno schiaffo al nemico o agli amici, Trump ha preferito la seconda opzione. Alzare la posta permette di usare un margine negoziale per arrivare poi a un compromesso.

D. Di certo il Cremlino ha apprezzato la posizione americana che il portavoce presidenziale russo Peskov ha definito come «equilibrata». Ma bastonare ancora una volta l’Europa per abbracciare Putin non significa anche mettersi da una parte ben precisa della storia?

R. Una vittoria schiacciante di Putin non è nell’interesse di Trump che deve però chiudere la guerra in poco tempo anche per rispondere alla pressione del suo elettorato. Lo sforzo finanziario e bellico degli Stati uniti a supporto dell’Ucraina non è ben visto da molti americani. E non è strategicamente neppure utile in termini di politica internazionale: gli Usa devono sottrarre la Russia alla Cina e al tempo stesso concentrare i loro sforzi militari nell’Indopacifico. in ballo poi c’è anche lo sfruttamento delle terre rare, strategiche per la competizione degli Usa con la Cina nei settori delle energie rinnovabili, delle armi e dell’automotive.

Nel condurre le sue trattative, Trump lavora per polarizzazioni, crea tensioni a monte che poi alleggerisce per arrivare a un accordo. Siamo davanti a una strategia diplomatica ben precisa.

D. Insomma, nel trumpismo di queste ore vi sarebbe meno folklore e più visione di quanto non si pensi?

R. Direi di sì, al di là dei caratteri e delle esuberanze dei singoli protagonisti della nuova amministrazione americana, Trump sa che con i paesi amici, cioè l’Europa, con Francia Germania e Italia in testa, ma anche Giappone e Israele può consentirsi dei margini per alzare la posta.

D. Anche con la Germania? il prossimo cancelliere, il leader della Cdu Friedrich Merz, appena vinte le elezioni tedesche, ha affermato la necessità di rendersi autonomi dagli Usa nel campo della difesa.

R. Merz incarna una linea più classica, più tradizionale dell’atlantismo e dell’europeismo, più chiaro e lineare, che vuole gli Stati Uniti alleati presenti ma senza giochi diplomatici nel blocco occidentale.

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D. Una delle prime partite di Merz sarà con i socialdemocratici di Olaf Scholz, proprio sulla difesa. Merz avrebbe proposto alla Spd di approvare rapidamente una spesa speciale per la difesa di 200 miliardi di euro per aggirare le rigide restrizioni tedesche sui prestiti governativi e liberare risorse per le forze armate del Paese. Ma la malconcia Europa sarebbe in grado di sostenere spese di questo tipo?

R. L’investimento nell’autonomia strategica europea che prospetta Merz è decisivo seppure necessariamente di lungo periodo. Rivedere la postura di tutta l’Unione europea nel campo della difesa non è una scelta rinviabile vista la fase di conflittualità che viviamo seppur dovrà esser modulata tenendo conto dello stato delle nostre economie. E di certo non è neppure popolare presso l’opinione pubblica.

D. Merz ha vinto, con una partecipazione al voto di oltre 80%, con quasi il 30% di consensi. Chi sono gli elettori della Cdu?

R. Un consenso così ampio non tocca solo il mondo classicamente definito come conservatore e che fa riferimento alla Cdu-Csu, è necessariamente più trasversale ai ceti sociali e alle appartenenze politiche. Merz ha pescato anche tra i giovani di solito più schierati con la Linke e tra chi è più collocato a destra.

D. L’endorsement di Elon Musk per Afd che ruolo ha giocato?

R. Ha mobilitato l’elettorato e paradossalmente ha tirato l’acqua al mulino di Merz nella Germania occidentale. Nei Länder orientali invece Afd ha vinto a valanga. Una Germania divisa in due blocchi è uno dei problemi che il nuovo governo dovrà affrontare.

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