il disegno di legge accende la discussione in Regione

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La discussione sul disegno di legge 38.

Di scena in Aula la discussione sul disegno di legge 38 per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili in Friuli Venezia Giulia con l’esame congiunto della proposta di risoluzione della IV Commissione sulla petizione 11 che esprime contrarietà ad impianti fotovoltaici a terra in prossimità di aree residenziali e di case nel Comune di Romans d’Isonzo. I relatori per la maggioranza sono Lucia Buna (Lega), Igor Treleani (FdI), Mauro Di Bert (Fedriga presidente) e Michele Lobianco (FI); per la minoranza Andrea Carli (Pd), Giulia Massolino (Patto per l’Autonomia-Cvica Fvg) e Serena Pellegrino (Avs).

Ed è proprio la consigliera Buna a spiegare per prima che il ddl è composto da 12 articoli e promuove “l’uso delle energie rinnovabili nel rispetto delle disposizioni nazionali. Si introduce, quindi, una disciplina per l’individuazione delle aree tenendo in considerazione i vincoli posti dall’Unione europea in materia di decarbonizzazione con la tutela dell’ambiente, del paesaggio, delle attività agricole, del patrimonio culturale e, più in generale, del territorio”.

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La relatrice ha poi illustrato i punti salienti delle normative italiane (in particolare il decreto legislativo 199/2021 e il decreto ministeriale 21 giugno 2024) e comunitarie, parlando di riduzione delle emissioni, ripartizioni per regione della potenza minima in Megawatt suddivisa nell’arco temporale 2021-2030, superfici e aree che vanno individuate distinguendole in idonee, non idonee e ordinarie, e aree dove è vietata l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra (zone agricole). Il tutto collegato a “iter accelerati per la costruzione e l’esercizio degli impianti a fonti di energia rinnovabile (Fer) e delle infrastrutture connesse”, alla Procedura abilitativa semplificata (Pas) e al Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec).

“La potenza minima che il Friuli Venezia Giulia deve raggiungere entro il 2030, secondo il decreto del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, è fissata – ha fatto presente Buna – in 1.960 MW, suddivisa per annualità:”. La consigliera ha infine evidenziato che l‘unica Regione a oggi dotatasi di una legge sulle energie rinnovabili è la Sardegna, legge che però è stata impugnata. Ecco che “anche alla luce delle motivazioni addotte dal Governo per impugnare la legge sarda, possiamo affermare che il ddl 38 sembra invece essere in linea con il quadro normativo europeo e nazionale”.

La discussione.

Due visioni molto diverse sul disegno di legge che si propone di regolare l’installazione di impianti a fonti rinnovabili sul territorio regionale. È quanto emerge dai primi interventi dei consiglieri nel corso della discussione generale, alla ripresa dei lavori in Aula sotto la presidenza di Mauro Bordin.

Furio Honsell (Open Sinistra Fvg) ha definito la norma proposta dalla Giunta “indecifrabile e incomprensibile”, non tanto per responsabilità dell’assessore ma “perché operiamo in un contesto normativo nazionale imbarazzante”. In ogni caso, l’esponente di Opposizione giudica il ddl 38 “non accettabile perché arriva tardi, quando molte operazioni sembrano inarrestabili, e produrrà effetti solo a distanza di anni. Inoltre espropria i Comuni dell’unica cosa sulla quale hanno sovranità: la gestione del loro territorio”. Honsell è inoltre convinto che la nuova legge “sarà difficile da applicare e sfocerà in contenzioni in tribunale”.

Simili i rilievi espressi da Rosaria Capozzi (Movimento Cinque Stelle), che preannuncia “40 emendamenti per correggere il testo” e teme “un’applicazione farraginosa della norma, che non entrerà in vigore prima di 12 mesi e prevede ulteriori passaggi, con lungaggini inaccettabili”. L’indicazione politica del M5S è di “preferire aree dismesse, cave, discariche e aree degradate per la collocazione degli impianti” affinché “la necessaria transizione energetica non vada a danno di paesaggio e territorio”.

A favore del ddl invece Diego Bernardis, consigliere di Fedriga presidente, convinto che la legge segni “un passaggio fondamentale per il Friuli Venezia Giulia, in quanto rispetta gli obiettivi europei con buon senso ed equilibrio”. “Troppi impianti fotovoltaici – ha osservato l’esponente di Maggioranza – sono sorti senza un quadro di insieme, in una situazione di anarchia: ora invece ci sono regole chiare. E una scelta significativa, un punto centrale per me che vengo dal Collio, è l’attenzione ai siti Unesco e alle aree ad alto valore paesaggistico e ambientale. Anche la petizione dei cittadini di Romans d’Isonzo trova risposta concreta grazie a questo ddl”.

Valutazioni diverse da Marco Putto (Patto per l’Autonomia-Civica Fvg), che ha ricordato come non sia stata ancora pubblicata la sentenza del Tar del Lazio sui ricorsi presentati dagli operatori rispetto al decreto nazionale del 2024, e questo crei “un’alea di indefinitezza, con il rischio di lasciare troppo spazio tra le pieghe delle norme”. Anche Putto ha lamentato “il rischio di un’attuazione farraginosa della legge, che dispiegherà i suoi effetti solo dopo 12 mesi” e ha espresso una preoccupazione relativa alle infrastrutture per il trasporto di energia “di cui non si parla nel ddl”. Il consigliere di Opposizione ha preannunciato emendamenti “per fugare molte criticità”, subordinando al loro accoglimento il voto finale sul testo.

“Riconosco l’impegno tecnico delle direzioni regionali Ambiente e Agricoltura, però rimango critico verso la norma e consiglio alla Maggioranza di essere prudente ad esaltarne i contenuti”. Così Massimiliano Pozzo (Pd). “È una legge tardiva per il numero degli impianti che, nel frattempo, sono sorti senza governo. Dobbiamo valorizzare la transizione energetica gestendola e guidandola. Ho dubbi anche sulla tenuta di questa norma – ha proseguito Pozzo – e sulla sua applicazione. Aree non idonee non significa che sono vietate, questo va chiarito, e le conosceremo solo tra 12 mesi. Nel frattempo, temo che ci sarà un aumento degli insediamenti. Inoltre nelle aree idonee le installazioni saranno più onerose e questo sarà un deterrente”. Dubbi infine, per il dem, anche sul biometano.

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“Emanato il decreto 199/2021, mi chiedo perché non si sia potuto fare subito un provvedimento, visto poi che ora come allora si parla di aree idonee e non idonee, non è cambiato nulla”, ha proseguito il collega di Gruppo, Francesco Martines. “Non dobbiamo guardare solo al maggior numero di impianti installati – ha detto il consigliere di Centrosinistra – ma anche alle domande presentate, incrementate del 225%, oltre a quelle che arriveranno: come le gestiranno i Comuni? La Regione acceleri il percorso per svincolare i siti militari dal demanio o l’utilizzo delle caserme dismesse resterà solo un sogno”. Non ultimo, per Martines, la possibilità di speculazione da parte dei grandi proprietari terrieri.

Di tenore diverso il discorso di Edy Morandini (Fedriga presidente): “Non amo i parchi fotovoltaici a terra, specie se in terreni agricoli o aree di pregio. Teniamo presente che la legge della Sardegna sulla materia è stata impugnata e questo, alla fine, non rappresenta un buon servizio per la propria cittadinanza, perché bisogna legiferare con prudenza. Ma il problema vero è che abbiamo un’industria molto energivora, perciò dobbiamo capire come vogliamo agire”. Morandini non dimentica il lato economico della legge, ma fa presente che “stiamo cercando di proteggere il territorio il più possibile, agricoltura in primis. Ad esempio stiamo investendo sull’idrogeno. Per me, l’alternativa è ripensare al nucleare, ovviamente con tutte le sicurezze del caso. E abbiamo dato contributi alle aziende affinché per il fotovoltaico utilizzassero i tetti dei capannoni, piuttosto che agli enti pubblici per un fotovoltaico non invasivo. Dunque sì all’energia pulita e alternativa, ma fatta con criterio”.

La frase che per Laura Fasiolo (Pd) “meglio sintetizza la questione è del collega Pozzo: stare molto attenti, perché gestire la transizione energetica è fondamentale e va fatta bene, non si possono accelerare i tempi né dimenticare la tutela del territorio, del paesaggio, della biodiversità, dei siti archeologici di cui dobbiamo essere orgogliosi, la lotta al consumo di suolo. E, in tutto questo, i Comuni vanno supportati”. Anche per lei, bisogna stare in allerta “sulla possibilità di speculazioni da parte delle multinazionali” e sul fatto che “le zone non idonee possono diventare idonee se manca la cartografia”. Ha quindi menzionato la petizione dei cittadini di Romans d’Isonzo e la loro paura di ritrovarsi con impianti a ridosso delle case. “Vedremo se con i nostri emendamenti qualcosa cambierà”, ha concluso.

“Questo ddl rappresenta, per l’importanza del tema e per la criticità della situazione che si è andata definendo in questi anni, un passaggio fondamentale per l’Assemblea legislativa del Fvg. C’è assoluta necessità di ottemperare agli obiettivi degli Accordi di Parigi e, al contempo, ci troviamo di fronte a una situazione in cui la transizione energetica non è stata governata perché sono mancate scelte strategiche cruciali. Troppo poco a riguardo è stato fatto anche dalla Regione”. È quanto affermato dalla consigliera Manuela Celotti (Pd) durante la discussione. “Una buona legge di una Regione a Statuto speciale come la nostra – ha detto ancora l’esponente dem – dovrebbe osare di più, adottando una strategia coraggiosa per spingere gli investimenti sulle aree idonee perchè il loro prioritario utilizzo già probabilmente basterebbe a raggiungere gli obbiettivi di produzione energetica assegnati al Fvg entro il 2030. La discussione dell’occupazione delle aree agricole e delle aree non idonee dovrebbe avvenire solo previa saturazione di quelle idonee. La domanda, quindi, è se questa norma riuscirà ad essere innovativa ed efficace su tale aspetto”.

Secondo Celotti è “inoltre, necessario un maggiore confronto con il territorio e, in particolare, con i Comuni, perché oltre ai vincoli nazionali e regionali vanno assunti anche quelli individuati dagli enti locali che sono significativi per un progetto di protezione e sviluppo del territorio”. L’esponente del Pd ha quindi anticipato che “gli emendamenti presentati puntano a migliorare il disegno di legge cercando di renderlo più incisivo, coniugando gli obiettivi di produttività e sostenibilità”.

A chiudere la discussione generale prima delle repliche di relatori e Giunta è il capogruppo del Patto per l’Autonomia-Civica Fvg, Massimo Moretuzzo, secondo il quale “vi è stato un ritardo da parte del Fvg nella possibilità di ampliare gli spazi di specialità regionale che avrebbero permesso di allargare le azioni di manovra sul tema energetico”, mentre “una colpa dell’Ue è quella di aver lasciato troppo spazio al libero mercato e alle aziende nei processi di transizione ecologica. Dall’ultimo report diffuso a Gennaio da Arpac – ha detto ancora Moretuzzo – emerge che nella pianura friulana la temperatura mensile è stata più alta di 2,5 gradi rispetto all’ultimo decennio, mentre gli apporti di neve fresca nel gennaio 2025 non hanno superato i 3 cm. Lo spessore dello stato nevoso al suolo rimane più basso rispetto agli ultimi 50 anni su tutto l’arco alpino regionale. Con questo scenario dobbiamo capire come essere proattivi verso la transizione energetica”.

“Èd è proprio questo aspetto – ha concluso il capogruppo autonomista – che non viene affrontato, a nostro parere, adeguatamente nel ddl 38. Per questo abbiamo presentato degli emendamenti che mirano ad incentivare investimenti corretti sulle aree idonee rispetto ad una serie di possibilità e di risorse che oggi la Regione ha a disposizione”.

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Nella fase di replica i relatori delle Opposizioni hanno ribadito quanto affermato in apertura con alcune precisazioni a seguito degli argomenti trattati in discussione del ddl 38.

Secondo Serena Pellegrino (Avs), si tratta di “una legge tardiva fatta con grande fretta. In questo disegno di legge non sono chiare le regole per la definizione della natura dei progetti che possono essere presentati, creando troppa indeterminatezza e mancanza di controllo”.

Ribadendo l’approccio pragmatico da parte della sua parte politica a tutti gli aspetti della norma in discussione, Giulia Massolino del Patto per l’Autonomia-Civica Fvg ha affermato la necessità di “restituire alla Regione un ruolo da protagonista nell’indirizzo degli investimenti: bisogna valutare con attenzione da chi vengono proposti i progetti per evitare speculazioni. Il tema è molto complesso e ci sono dei grossi rischi”.

Gli impianti a biometano sono stati invece al centro della replica del dem Andrea Carli che, leggendo alcune osservazioni rilevate in questi giorni da parte di una delle maggiori organizzazioni di imprenditori agricoli in Italia sui diversi impianti in via di studio nel Pordenonese, ha sottolineato la necessità di includere nella norma “linee puntuali anche su questo tipo di installazioni di energia rinnovabile”.

L’assessore Scoccimarro.

In chiusura, l’assessore regionale alla Difesa dell’ambiente e dell’energia, Fabio Scoccimarro, ha rassicurato l’Aula sull’intento comune a tutte le parti politiche in merito alle tutele ambientali incluse nel ddl 38, rimarcando la necessità di fare fronte comune “quando si parla di non divorare ambiente e bellezza. La legge si pone come obbiettivo quello di regolamentare e arginare il proliferare di impianti a svantaggio dei territori e delle aree agricole. Non siamo mai stati inerti davanti ad alcun colosso internazionale”, ha incalzato Scoccimarro in risposta ad alcune accuse sorte nel corso della discussione da parte delle Opposizioni. Sul gran numero di emendamenti ricevuti, l’assessore ha sottolineato che “le bocciature alle proposte arrivano soltanto per irregolarità formali che potrebbero inficiare il lavoro svolto”.

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