Gli Emirati Arabi Uniti mostrano da qualche anno un interesse per l’Africa, così come recentemente anche l’Italia, attraverso l’ambizioso e innovativo Piano Mattei. Possiamo scommettere sul fatto che durante la visita di Stato in questi due giorni, le discussioni riguardano anche ipotesi di collaborazione e alleanze anche nel continente africano. L’analisi di Leonardo Bellodi
24/02/2025
Il 27 dicembre del 2024, l’Amerigo Vespucci, considerata dalla marina militare americana la nave più bella del mondo, ha attraccato nel porto Zayed di Abu Dhabi. È il simbolo del nuovo corso tra l’Italia e gli Emirati Arabi Uniti cementato dalla visita di Stato oggi in corso del presidente della federazione Mohamed bin Zayed che segue quella effettuata appena un mese fa da Giorgia Meloni ad Abu Dhabi.
Un rapporto, quello tra l’Italia e gli UAE, che non è sempre stato caratterizzato da simpatia, per usare un eufemismo. Sul piano economico recriminazioni reciproche tra i due governi si sono susseguite nella fallimentare operazione Piaggio Aerospace acquistata dal fondo sovrano Mubadala. Stessa sorte ha avuto l’intesa tra Alitalia e Ethiad, la compagnia di bandiera degli Emirati. Dal punto di vista politico, i rapporti non erano certo migliori. Nel 2019 il Parlamento italiano vota una risoluzione che impegna il governo a fermare le esportazioni di armi verso gli Emirati a causa del conflitto in Yemen che vedeva Abu Dhabi e Riad sostenere il governo di Sana’a’ contro la sanguinosa offensiva lanciata dagli Houthi che ha provocato una guerra civile con decine di migliaia di morti e feriti, quasi 4 milioni di rifugiati e che ha visto due terzi della popolazione soffrire la fame. Gli emiratini erano furiosi sia per la il contenuto della risoluzione, subito adottata dal governo Conte, sia per le modalità dal momento che, pare, nessuno abbia preso la briga di avvertirli. Tra l’altro l’embargo impedì il ricambio e la manutenzione degli aerei Aermacchi della pattuglia acrobatica emiratina costretta così a restare a terra per la festa nazionale. La reazione di Abu Dhabi non si è fatta attendere: le forze armate italiane hanno dovuto lasciare la base aerea di Minhad e a un C-1430 della nostra aeronautica, diretto al Campo Arena di Herat in Afghanistan per la cerimonia di chiusura della base, è stato negato il sorvolo dello spazio aereo degli UAE costringendolo ad un atterraggio tecnico nell’aeroporto saudita di Damian.
Tutto questo sembra ora alle nostre spalle e e il governo italiano è intenzionata a rafforzare la cooperazione con il Paese del Golfo. Non è un caso che Giorgia Meloni si sia recata all’inizio del proprio mandato prima in Libia, poi in Algeria e subito dopo ad Abu Dhabi. E il contributo dell’Italia alla decisione della FATF, l’organizzazione internazionale che si occupa di contrastare il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo, di togliere gli Emirati dalla “grey list” (una sorta di periodo di osservazione) è stato determinante.
Sono molte le motivazioni che sottendono questo “new deal”.
All’inizio del mandato Meloni, la diplomazia energetica era al centro degli incontri. A causa della (parziale) interruzione degli approvvigionamenti di gas e petrolio dalla Russia, si era alla ricerca di fonti geografiche alternative. Alcuni accordi sono stati siglati e anche nel corso di questi due giorni di visita altri saranno firmati confermando gli UAE un importante partner energetico per l’Italia. Dal punto di vista commerciale poi, l’Italia è il primo Paese dell’Unione europea per scambi.
Ma non è tutto. Siamo abituati a percepire gli Stati del Golfo unicamente come produttori di petrolio e di gas. Ma questa visione non coglie il ruolo sempre più importante, in particolare degli Emirati (e anche del Qatar) nel nuovo ordine mondiale (ammesso che ci sia un ordine). Le vicende in Russia, Israele, Striscia di Gaza, Cisgiordania e Libia hanno avuto come protagonisti, nel ruolo di mediatori, i paesi del Golfo che sono diventati così interlocutori imprescindibili per la comunità internazionale.
La decisione degli Emirati nel gennaio 2024 di aderire al Brics, il raggruppamento delle economie mondiali emergenti, conferma la volontà degli Emirati di avere un ruolo determinante, e non necessariamente allineato, nel panorama della politica internazionale ponendosi come ponte tra l’ovest e l’est del mondo.
Vi è dell’altro. Anzi molto altro. Gli UAE infatti da qualche anno a questa parte hanno lanciato un vasto programma di cooperazione commerciale e militare con molti stati del Nord Africa dell’Africa subsahariana diventano il secondo investitore nella regione dopo la Cina. Non caso, è un attore principale nel Mar Rosso non solo facendo parte della forza internazionale contro la pirateria e gli attacchi degli Houthi ma anche investendo in porti e infrastrutture in Africa.
L’attivismo degli emirati nel continente africano li vede anche coinvolti nel settore minerario, delle energie rinnovabili e, ancorché in misura minore, in quelle fossili. Nel settore della difesa poi, ben otto sono stati gli accordi firmati con altrettanto governi (dalla Somalia, all’Etiopia, dal Mali al Mozambico per non citarne che alcuni) che hanno come obiettivo la lotta al terrorismo. Abu Dhabi poi fin dal 2011 ha una presenza “operativa” in Libia.
Anche l’Italia, attraverso l’ambizioso e innovativo Piano Mattei, ha deciso di indirizzare molti degli sforzi internazionali nel Continente Africano. Possiamo scommettere sul fatto che durante la visita di Stato in questi due giorni, le discussioni riguardano anche ipotesi di collaborazione e alleanze anche in Africa.
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