La campagna nazionale “Ecogiustizia Subito-In nome del popolo inquinato”, promossa da Acli, Agesci, Arci, Azione cattolica italiana, Legambiente e Libera, fa tappa in Campania, per chiedere verità, giustizia e bonifiche immediate per la Terra dei Fuochi. Un appello che arriva a poco meno di un mese dalla sentenza con cui la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia e che le associazioni rilanciano oggi con un flash mob organizzato in piazza Plebiscito a Napoli, consegnando al prefetto di Napoli la lettera – destinata contemporaneamente anche al ministro dell’Ambiente, al Commissario unico nazionale per la bonifica in Terra dei fuochi, al presidente della Regione Campania, al prefetto di Caserta – in cui riassumono le loro richieste a partire dalla definizione di una strategia volta a garantire un intervento sistematico, coordinato e globale sulla Terra dei Fuochi. Una straordinaria tappa fuori programma, giudicata necessaria dalle associazioni, dopo la pubblicazione della sentenza Cedu.
«La recente sentenza della Corte europea dei Diritti dell’uomo rappresenta una svolta fondamentale – scrivono le associazioni – essa costituisce una sentenza pilota che impone un cambio di rotta per il territorio della Terra dei Fuochi, troppo a lungo abbandonato e vittima di ingiustizie ambientali e sociali. Chiediamo pertanto che venga avviato un percorso partecipato, nelle forme e nei tempi indicati dalla sentenza, per garantire l’effettiva e immediata attuazione delle misure indicate dalla Corte europea dei diritti Umani e promuovere una nuova stagione di impegno istituzionale e civico nei territori più colpiti dai fenomeni d’inquinamento. È necessario che si lavori con celerità per far partire le bonifiche in questi territori feriti per troppi anni dagli ecomafiosi e dai trafficanti di rifiuti. È ora che anche per la Terra dei Fuochi soffi il vento dell’ecogiustizia. Per lo Stato italiano è tempo di assumersi le proprie responsabilità e di passare ai fatti per dare un nuovo futuro a questi territori».
In Piazza Plebiscito davanti alla Prefettura le sei associazioni promotrici, insieme alle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, il comitato Stop Biocidio e Zero Waste, hanno organizzato un flash mob con la lettura della recente sentenza di condanna della Corte Europea, interpretata dall’attore napoletano Antimo Casertano, che ha condannato l’Italia per non aver fatto tutto ciò che poteva per proteggere il «diritto alla vita» di chi vive nella Terra dei fuochi, tra le province di Napoli e Caserta: 2,9 milioni di persone, distribuite in 90 Comuni, vittime di un sistematico e diffuso smaltimento illegale di rifiuti, dalle discariche abusive ai roghi.
Sono trascorsi ventidue anni da quando nelle pagine del Rapporto Ecomafia 2003 di Legambiente veniva coniato il termine Terra dei fuochi. Un virus che continua a infettare indisturbato in Campania dal 2002 sono arrivate a quota 167 le inchieste in cui è coinvolta la Campania, sia come regione finale che come Regione coinvolta in altre inchieste in Italia (80), chiuse dalle forze dell’ordine contro i trafficanti di rifiuti, come disciplinato dall’art.452-quaterdecies del Codice penale con 844 persone denunciate per attività organizzata di traffico illecito di rifiuti con 594 arresti e il coinvolgimento di 246 aziende.
«Accanto alle attività criminali – scrivono le associazioni – registriamo il blocco delle conferenze di servizi per la delimitazione del Sin Area Vasta di Giugliano (nel Piano di Bonifica della Regione Campania definita Area Vasta Masseria del Pozzo – Schiavi, dal nome della principale discarica presente nel Sin). L’ultima seduta della conferenza risale al 25 ottobre 2022 e da allora non è stata aggiornata e neanche sollecitata dalla Regione Campania che pure aveva il compito di presentare la proposta corredata da tutti i dati emersi nella stessa ultima conferenza».
Nella lettera che le associazioni hanno consegnato al Prefetto di Napoli Michele di Bari chiedono: la definizione di una strategia volta a garantire un intervento sistematico, coordinato e globale; l’istituzione di un’autorità indipendente e di un monitoraggio civico, per garantire trasparenza e controllo sulle operazioni; la creazione di una piattaforma di informazione pubblica, affinché la cittadinanza possa essere sempre aggiornata sulle azioni intraprese; un’accelerazione seria, efficiente ed efficace delle bonifiche, per restituire salubrità ai territori colpiti; la chiusura del ciclo dei rifiuti con impianti dell’economia circolare, per impedire nuove forme di illegalità e degrado ambientale.
«Queste misure – concludono le associazioni promotrici della campagna Ecogiustizia Subito, in nome del popolo inquinato – sono un atto dovuto ai cittadini e alle cittadine della Campania che vogliono veder riscattare il proprio territorio e riaffermare i principi di legalità, trasparenza e giustizia ambientale. Per fermare il fuoco e i veleni dell’ecomafia, è necessario adottare risposte concrete e immediate, evitando ulteriori ritardi che il nostro Paese non può più permettersi».
La campagna nazionale “Ecogiustizia subito, in nome del popolo inquinato” da fine novembre sta facendo tappa in alcuni luoghi simbolo dell’ingiustizia ambientale e sociale. Nata con lo scopo di affermare il principio di giustizia ambientale e sociale nei Siti d’interesse nazionale da bonificare, la campagna chiede impegni concreti e tempi certi per le bonifiche, l’applicazione del principio «chi inquina paga», il diritto alla salute e alla transizione ecologica come strategia per garantire lo sviluppo economico e sociale dei territori inquinati. Prossime tappe il 12 marzo a Brescia e poi il 3 aprile a Napoli Est.
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