Restituire Istituto Centrale Formazione e scuole a Giustizia Minorile

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Restituire l’Istituto Centrale di Formazione e le Scuole di istruzione al Dipartimento per la Giustizia Minorile

Il mio ormai è diventato un ritornello, quasi un tormentone: restituiamo alla Giustizia Minorile l’Istituto Centrale di Formazione e le Scuole di istruzione e addestramento.

Anche se continuo ad essere una vox clamantis in deserto, non mi stancherò mai di sostenere la necessità di specializzare il personale di Polizia Penitenziaria in servizio negli istituti minorili.

La riorganizzazione dell’amministrazione penitenziaria del Ministro Orlando e la soppressione dell’Istituto Centrale di Formazione della Giustizia Minorile

È cosa nota che per sopravvivere si è disposti a fare qualsiasi cosa … ad accettare qualsiasi sacrificio.
Un lupo intrappolato da una tagliola è disposto anche a perdere una zampa pur di liberarsi e scappare via.
È stato così che dieci anni fa, in un momento di inarrestabile furore riformista, il Dipartimento per la Giustizia Minorile, pur di continuare ad esistere e non essere assorbito dal DAP, ha accettato di cedere il suo Istituto Centrale e le sue scuole di formazione del personale.
Inevitabilmente, da quel momento in poi (salvo brevissimi corsi per pochissimi agenti) nessun poliziotto penitenziario assegnato alla giustizia minorile ha potuto frequentare corsi di specializzazione e, tantomeno, di aggiornamento.

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Le peculiarità del sistema penitenziario minorile: la differenza di età e la sociologia dei gruppi

Non è necessario possedere una laurea in pedagogia, in psicologia o in sociologia per riconoscere che uno dei principali problemi nelle carceri minorili è rappresentato dalle dinamiche di gruppo.
La letteratura psicologica sugli effetti del “branco” è ben documentata.
Negli istituti per adulti, esistono misure come l’isolamento o il trasferimento in altre sezioni per gestire comportamenti problematici; strumenti che nella maggior parte dei casi non sono applicabili nei contesti minorili.
E pur tuttavia, analogamente a quanto avviene nelle scuole, dove gli studenti più indisciplinati vengono isolati, sospesi o persino espulsi, ci si chiede perché misure del genere non possono essere adottate nelle carceri minorili.
Un ulteriore problema riguarda la troppo vasta fascia d’età presente negli istituti penali per minorenni, che spesso ospitano giovani dai 14 ai 25 anni.
È evidente che ragazzi di età così diverse e lontane tra loro non possono essere trattati allo stesso modo.
Se non si vogliono riportare la maggior parte dei maggiorenni nelle carceri per adulti, è forse giunto il momento di considerare l’istituzione di un “terzo circuito” dedicato ai giovani adulti tra i 18 ei 25 anni o, perlomeno, dai 21 ai 25.

Evitare strumentalizzazioni mediatiche

Per altro verso, è censurabile che alcuni sindacati sfruttino gli eventi critici per diffondere comunicati stampa al solo scopo di ottenere visibilità, strumentalizzando le problematiche della giustizia minorile per fini politici o sindacali.
Tale comportamento può essere considerato una forma di sciacallaggio, che distoglie l’attenzione dalle vere necessità del sistema e ostacola i progetti di riforma, delegittimando l’attuale dirigenza.

La necessità delle specializzazioni

È fuor di dubbio che per una gestione più efficace degli istituti penali minorili è indispensabile una specializzazione mirata del personale di Polizia Penitenziaria.
È fondamentale che ogni agente sia adeguatamente formato per l’attività specifica che svolge, fermo restando che la specializzazione non implica una gerarchia di valore tra i diversi ruoli, ma piuttosto una diversificazione delle competenze necessarie.
Ad esempio, un agente del NIC, dell’USPEV, del Servizio Navale o del GOM non è superiore o inferiore professionalmente a un collega che presta servizio nelle sezioni degli istituti.
Semplicemente, ciascuno possiede competenze e capacità professionali diverse all’interno del Corpo di Polizia Penitenziaria.
Peraltro, nel settore minorile una preparazione specialistica è imprescindibile per comprendere le dinamiche giovanili e tutti gli agenti dovrebbero avere conoscenze, anche solo di base, in pedagogia, psicologia e sociologia per interagire efficacemente con i ragazzi detenuti.
A mio avviso, proprio la mancanza di tale formazione è una delle ragioni principali dei problemi di gestione delle carceri minorili.

Inutile spostare poliziotti penitenziari dalle carceri per adulti a quelle per minori

La scelta di assegnare poliziotti penitenziari senza una formazione specifica agli istituti minorili si è dimostrata un fallimento.
Anziché incrementare semplicemente gli organici trasferendo agenti dalle carceri per adulti a quelle per i minori, sarebbe stato fondamentale investire in programmi di formazione mirati.
Organizzare corsi per fornire competenze specifiche, preparando adeguatamente il personale a interagire con adolescenti e giovani adulti.
L’invio di agenti a fine carriera, abituati a operare con detenuti adulti, negli istituti minorili senza una formazione adeguata non solo è inefficace, ma può anche compromettere il delicato equilibrio necessario per il recupero dei giovani detenuti.
È essenziale riconoscere che la gestione dei minori richiede competenze e approcci diversi rispetto a quelli utilizzati con gli adulti, e che una formazione specifica è l’unica strada per migliorare l’efficacia del sistema penitenziario minorile.

Quali sono le possibili nozioni da fornire ai poliziotti penitenziari

È paradossale come, quando si parla di “formazione” nel contesto penitenziario, alcuni sembrino fraintendere il termine, associandolo più a schemi calcistici come il 4-3-3 o il 3-5-2, piuttosto che alla necessità di specializzazione professionale.
È fondamentale comprendere che, così come anche per prendersi cura di bambini fino a tre anni è richiesta una laurea in pedagogia e per insegnare nella scuola dell’infanzia è necessaria una laurea magistrale in Scienze della Formazione Primaria, allo stesso modo, gli agenti di Polizia Penitenziaria che operano nelle carceri minorili dovrebbero possedere una formazione più che adeguata.
Le istituzioni scolastiche, ad esempio, riconoscono l’importanza di materie come psicologia dello sviluppo, pedagogia generale, sociologia dell’educazione e tecniche di gestione dei conflitti per interagire efficacemente con minori e adolescenti.
Ignorare l’esigenza di una formazione specifica per il personale penitenziario della Giustizia Minorile equivale a trascurare l’importanza di tali competenze, compromettendo la qualità dell’intervento educativo e rieducativo nei confronti dei giovani detenuti.

Giovanni Battista de Blasis

 

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Guarda il video sulla Giustizia Minorile descritta dal primo dirigente della Polizia Penitenziaria Silvio GALLO

 

 

 





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