In tempi di incertezza globale ci si rifugia nell’antiquariato e nei suoi valori sicuri. Senza però perdere di vista gli artisti ancora sottovalutati del Novecento e la domanda crescente di beni di lusso e di arte come «brand», che proviene soprattutto dalla clientela estera. È quanto accade sul mercato italiano dell’arte secondo il racconto di Marina Mojana, presidente di Eikonos Arte, società di consulenza che fornisce servizi di art advisory alla clientela di Intesa Sanpaolo Private.
Il mercato dell’arte ha subìto una contrazione a livello globale nell’ultimo anno. L’Italia ha seguito questa macrotendenza?
Il mercato italiano, tradizionalmente minimale rispetto al resto del mondo (interessa il 2% degli scambi) ha risentito meno della flessione registrata a livello globale dove intervengono i grandi investitori. Il rallentamento c’è stato, ma più contenuto, e nell’insieme gli operatori, come antiquari e galleristi, si dichiarano soddisfatti delle vendite fatte nelle principali manifestazioni fieristiche a cui hanno partecipato. Le opere di grande qualità, sia antiche sia moderne, si vendono sempre bene, a patire sono i lavori di fascia media.
Quali sono state le principali tendenze in Italia nel 2024?
Stiamo assistendo a una lenta riscoperta degli artisti di inizio ’900, come Filippo de Pisis, le cui opere sono state esposte anche alla Biennale di Venezia appena conclusa e messe in relazione con lavori di giovani contemporanei. Grazie all’attività di valorizzazione critica di alcuni operatori, come la Galleria dello Scudo di Verona, è in corso una riscoperta dell’Informale e degli artisti ancora sottovalutati degli anni ’50, penso ad esempio ad Afro, Gianni Dova, Roberto Crippa, da tenere d’occhio per i valori, che potrebbero crescere nei prossimi anni. È inoltre ripartito il mercato dell’Ottocento italiano. Accanto a nomi come Boldini, Zandomeneghi e De Nittis, che grazie a un collezionismo internazionale non hanno mai registrato forti flessioni, anche il XIX secolo più regionale sta guadagnando terreno. Il Simbolismo e il Divisionismo, ad esempio, sono sotto i riflettori, anche grazie alle esposizioni allestite al Castello di Novara con la collaborazione della Galleria Enrico di Milano e figure come Pellizza da Volpedo stanno beneficiando di nuova visibilità.
E l’antiquariato?
Sta tornando a piacere ai collezionisti. Quando c’è instabilità ci si rifugia in opere che rappresentano qualità e valori sicuri. E l’antico, che non subisce le oscillazioni dei comparti speculativi, risponde a questa esigenza. Oltre ai dipinti e disegni penso anche agli arredi, che stanno recuperando terreno, ma dipende dalle epoche e dalle tipologie. I mobili rococò, di piccole dimensioni e con una bella impiallacciatura, stanno suscitando un nuovo interesse e un esemplare lombardo del ’700 con queste caratteristiche in asta può anche raggiungere 20-30mila euro, mentre fino a pochi anni fa non ne spuntava più di 5mila.
Cosa prevede per il mercato italiano nel 2025?
Penso che il perdurare dell’instabilità macroeconomica continuerà a sostenere l’incremento dell’oro e con esso gli Old Master e l’arte classica. Questo comparto, infatti, ha la funzione di bene rifugio e potrebbe accrescere il suo fascino agli occhi dei collezionisti. Una tendenza già vista nel 2024. Senz’altro anche nell’ambito della pittura antica bisogna fare le dovute distinzioni. Attualmente sta un po’ soffrendo il mercato della natura morta olandese del Seicento, mentre sono apprezzati i paesaggi ottocenteschi del Nord Europa, così come le vedute settecentesche ispirate al Grand Tour.
Il cambio generazionale fra i collezionisti condiziona le strategie delle case d’aste?
Gli under quaranta sono interessati soprattutto all’arte moderna e contemporanea e amano sperimentare. In tal senso riscuote successo la fotografia, che spesso costituisce l’inizio di una collezione ed è avvicinabile con cifre contenute, ma fra gli interessi dei giovani ci sono anche altri generi come i manifesti e i fumetti.
Il canale di vendita online è sempre attuale?
Non ho un dato preciso, tuttavia l’online rimane imprescindibile anche per raggiungere facilmente il pubblico straniero, che costituisce il 60% circa dei clienti delle case d’asta italiane. I gusti di questi collezionisti
condizionano molto anche l’offerta. Basti pensare che in Estremo Oriente, dove si è spostata una cospicua parte di ricchezza globale, l’arte è percepita come uno status symbol alla stregua dei beni di lusso, dall’orologio da polso alla borsetta griffata, dalla bottiglia di vino d’annata all’auto d’epoca. E per intercettare tale domanda anche in Italia si aprono dipartimenti dedicati a questi oggetti da collezione.
Un punto debole del mercato italiano?
La discrezionalità con cui viene applicata la notifica da parte dei funzionari della Soprintendenza. Il margine ampio di soggettività determina spesso imprevedibilità. Una pratica che induce alcuni collezionisti a ripiegare sulle trattative private anziché sulla vendita all’asta, allo scopo di evitare di finire sotto i riflettori.
Quali sono gli artisti e i linguaggi del contemporaneo più apprezzati dai giovani collezionisti?
Possiamo distinguere due gruppi di collezionisti. Quelli che prediligono gli artisti influenzati dai temi «mainstream» della cultura predominante, come la sostenibilità, l’ambiente, il gender, artisti che assumono il ruolo di coscienza della società e che sono anche vincitori di premi istituzionali ottenuti nelle principali fiere di settore italiane. Posso citare per esempio Luana Perilli, classe 1981, presentata da The Gallery Apart ad Arte Verona con «Alcina», un’articolata indagine sociobiologica sulle relazioni tra comunità femminili e territori, oppure i vincitori del premio Ecosystems, che ogni anno supporta la ricerca e la produzione di due artisti in relazione alle problematiche ecologiche contemporanee, realizzato con Cittadellarte-Fondazione Pistoletto e UniCredit Art Collection. Questo filone, che si accompagna anche a una smaterializzazione dell’arte, sta affermando un’ulteriore tendenza da parte del collezionista: quella di produrre arte anziché possederla, facendo realizzare una performance o un libro d’artista. C’è poi un secondo mondo collezionistico interessato a quegli artisti che concepiscono l’arte in modo più tradizionale e libero, nella scelta del tipo di ricerca, ma anche della tecnica da utilizzare, sia essa pittura, incisione, scultura, fotografia. In questa direzione si muovono gli artisti seguiti da 30 anni fa a oggi dalla galleria Marco Rossi Artecontemporanea (con sedi a Milano, Verona, Torino e Roma), per la fotografia quelli che lavorano con la Galleria del Cembalo di Roma e nell’ambito della videoarte Giuliana Cuneaz e Davide Coltro.
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